«Non ci sono più diritti acquisiti né coniugi da spolpare»
Vittoria Colangelo: ogni caso è diverso, ma a volte gli assegni diventavano stipendi a tempo indeterminato
PESCARA. L’indipendenza o autosufficienza del coniuge è un criterio che da solo basta per determinare l’assegno divorzile al coniuge che lo richiede. Si tratta di un pronunciamento rivoluzionario della Corte di Cassazione, che chiede di rivedere il concetto stesso del matrimonio e le implicazioni che l’unione, dal punto di vista legale, comporta. Il tenore di vita di chi della coppia ha diritto all’assegno non viene più preso in considerazione, superando così una regola in vigore da trent’anni. Decisione equilibrata ed adeguata ai tempi o scelta che danneggia le donne? Lo abbiamo chiesto a Vittoria Colangelo, avvocato matrimonialista di Pescara.
Avvocato Colangelo, come valuta il pronunciamento della Cassazione sui parametri che servono a determinare il quantum del contributo del coniuge in una causa di divorzio?
«La recente sentenza della Cassazione è rivoluzionaria perché nel calcolo dell'assegno di mantenimento non si fa più riferimento al "tenore di vita" goduto in costanza di matrimonio bensì alla valutazione dell'indipendenza e dell'autosufficienza del coniuge che lo richiede. Il matrimonio, quindi, non è più la “sistemazione definitiva” ma un “atto di libertà e autoresponsabilità”. Finalmente la Cassazione ha fatto chiarezza nella determinazione del quantum relativo al mantenimento che troppo spesso costituiva un vero e proprio stipendio a tempo indeterminato. D'altra parte il principio della dissolubilità del matrimonio civile, e non sacramentale, avrebbe dovuto già comportare il superamento della concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva; il matrimonio si estingue, quindi, sia sul piano personale che economico».
Secondo quella che è la sua esperienza di avvocato, la sentenza è a favore o contro la posizione della donna?
«In linea di principio non ho mai pensato che la donna fosse un soggetto debole da tutelare e l'uomo la parte forte da spolpare, quindi trovo giustissimo far riferimento nel calcolo del mantenimento alla valutazione dell'autosufficienza ed indipendenza reali e non sul tenore di vita che non può costituire un diritto acquisito; certo ogni caso è diverso e deve essere valutato con puntualità ed attenzione: diverso è il caso della donna che lavora a tempo pieno, per scelta, da quello in cui la donna, magari non per scelta, abbia dedicato tutto il suo tempo e le sue risorse alla famiglia, rappresentando un'opportunità per il marito».
Quale effetto ha la decisione sui processi in corso, e quali sulle cause già concluse, arrivate a sentenza?
«Sui processi in corso la sentenza può avere effetti importanti, mentre su quelli conclusi potrebbe ipotizzarsi una revisione dell'assegno di mantenimento alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale».
Quali sono i costi di una causa di divorzio?
«Non è possibile stabilire una cifra a priori. Ogni caso è diverso, così come ogni professionista ha le proprie tariffe. Però quello che io consiglio è di rivolgersi a chi si occupa prevalentemente di diritto di famiglia, che ha competenza in diritto minorile, che è un campo minato e delicatissimo, nel quale gli errori vengono pagati da soggetti deboli e fragili, soprattutto se minori».
Avvocato Colangelo, come valuta il pronunciamento della Cassazione sui parametri che servono a determinare il quantum del contributo del coniuge in una causa di divorzio?
«La recente sentenza della Cassazione è rivoluzionaria perché nel calcolo dell'assegno di mantenimento non si fa più riferimento al "tenore di vita" goduto in costanza di matrimonio bensì alla valutazione dell'indipendenza e dell'autosufficienza del coniuge che lo richiede. Il matrimonio, quindi, non è più la “sistemazione definitiva” ma un “atto di libertà e autoresponsabilità”. Finalmente la Cassazione ha fatto chiarezza nella determinazione del quantum relativo al mantenimento che troppo spesso costituiva un vero e proprio stipendio a tempo indeterminato. D'altra parte il principio della dissolubilità del matrimonio civile, e non sacramentale, avrebbe dovuto già comportare il superamento della concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva; il matrimonio si estingue, quindi, sia sul piano personale che economico».
Secondo quella che è la sua esperienza di avvocato, la sentenza è a favore o contro la posizione della donna?
«In linea di principio non ho mai pensato che la donna fosse un soggetto debole da tutelare e l'uomo la parte forte da spolpare, quindi trovo giustissimo far riferimento nel calcolo del mantenimento alla valutazione dell'autosufficienza ed indipendenza reali e non sul tenore di vita che non può costituire un diritto acquisito; certo ogni caso è diverso e deve essere valutato con puntualità ed attenzione: diverso è il caso della donna che lavora a tempo pieno, per scelta, da quello in cui la donna, magari non per scelta, abbia dedicato tutto il suo tempo e le sue risorse alla famiglia, rappresentando un'opportunità per il marito».
Quale effetto ha la decisione sui processi in corso, e quali sulle cause già concluse, arrivate a sentenza?
«Sui processi in corso la sentenza può avere effetti importanti, mentre su quelli conclusi potrebbe ipotizzarsi una revisione dell'assegno di mantenimento alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale».
Quali sono i costi di una causa di divorzio?
«Non è possibile stabilire una cifra a priori. Ogni caso è diverso, così come ogni professionista ha le proprie tariffe. Però quello che io consiglio è di rivolgersi a chi si occupa prevalentemente di diritto di famiglia, che ha competenza in diritto minorile, che è un campo minato e delicatissimo, nel quale gli errori vengono pagati da soggetti deboli e fragili, soprattutto se minori».