Maria Santeramo in Bevilacqua

Omicidio di Montesilvano, la madre di Bevilacqua: «Mio figlio non spacciava, c’è un mandante» 

«Niente droga o debiti: ha dato dell’infame a chi ha poi armato l’assassino». La mamma del 21enne ucciso al pub è certa che ci sia qualcuno dietro Fantauzzi

PESCARA. «Mio figlio Antonio non aveva niente a che fare con la droga. Non è stato ucciso né per questioni di droga, né per debiti. Non ci sono interessi in ballo, non ci sono questioni di soldi. Non c’è niente. È stato ammazzato perché ha chiamato infame una persona che poi ha armato Fantauzzi». A parlare, e a tirare in ballo un mandante e un altro possibile complice del delitto, è Maria Santeramo in Bevilacqua, la madre del rom 21enne di Montesilvano ucciso nella notte tra il 15 e il 16 settembre.
Nessun dubbio, per la donna, che a sparare un colpo di fucile sia stato Antonio Fantauzzi, 46 anni, di Montesilvano, sparito dalla circolazione subito dopo l’omicidio e arrestato sabato mattina dai carabinieri dopo aver vagato otto giorni nelle campagne. Maria Bevilacqua ha una sua versione sulla morte del figlio e ci tiene a dirla, soprattutto per smentire qualsiasi implicazione nello spaccio di droga e nel gioco. «Noi siamo contrari alla droga, sia io che mio marito Vincenzo.

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E non siamo mai stati implicati in questioni che riguardano gli stupefacenti», sottolinea. «Poi mio figlio non conosceva Fantauzzi, loro due non avevano rapporti, si conoscevano solo di vista. Antonio ha discusso con un’altra persona, quella sera, una persona con cui non aveva rapporti. E lo ha fatto per una cosa non importante, una cavolata, magari perché aveva bevuto una birra. E cioè: ha detto a quest’uomo che è un infame, perché ha la nominata da infame, e lui ha ordinato a Fantauzzi di uccidere mio figlio, anche se Fantauzzi non è intervenuto nella discussione. Ma Antonio», specifica la donna, non aveva rapporti né con l’uno né con l’altro». Esponendo la sua versione la madre di Antonio esclude che ci altro, dietro al delitto. Esclude che ci siano state discussioni per «questioni importanti» e dice che il mandante e l’esecutore avrebbero potuto contare anche su una terza persona che «ha trattenuto mio figlio» fuori casa, mentre Antonio «voleva tornare a casa». La donna non ha paura a denunciare quello che sembra sapere. «Ci hanno raccontato quello che è successo e adesso chiediamo che sia fatta giustizia», cioè che siano presi «sia il mandante che chi ha trattenuto mio figlio nel bar. Ma non voglio vendette e non voglio altro sangue», chiarisce Maria Bevilacqua. «Sono stati in tre e tutti e tre devono pagare. Voglio che arrestino anche gli altri due complici», prosegue la donna. Impossibile accettare che il figlio sia morto solo per aver detto «infame». «Ho perso Antonio senza motivo, per una cavolata. Aveva 20 anni, era un ragazzino ed è morto per questa maledetta parola che ha detto, per aver chiamato infame una persona. Ma la persona a cui si è rivolto gli poteva dare una sberla, uno schiaffo, poteva dire: “Ma chi chiami infame? Moccioso, vattene a dormire”. Antonio poteva essere suo figlio. Sia lui che Fantauzzi potevano reagire in altro modo, sono adulti e vaccinati. Mio figlio, invece, era un bambino». La donna ipotizza anche il percorso compiuto da mandante e killer che si sarebbero allontanati «insieme» da via Verrotti, avrebbero «riflettuto, visto che è passata un’ora, si sono armati e poi sono tornati, parcheggiando una macchina vicino al tabacchino. Mi prendo tutta la responsabilità di quello che dico», conclude. Ed è sicura che non ci sia assolutamente altro dietro. «Che poteva esserci?».
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