Ortona, uccide la moglie e l'amica: l'assassino aveva un precedente per violenza sessuale
Letizia si era rivolta ai carabinieri e a un Centro antiviolenza: si sentiva minacciata dal marito. L'amica Laura assassinata davanti agli occhi dei figli di 5 e 6 anni
ORTONA. Ha un precedente per violenza sessuale Francesco Marfisi, il 50enne autore del doppio femminicidio di Ortona, che è costato la vita alla moglie Letizia Primiterra e la sua amica Laura Pezzella. Un dettaglio non di poco conto, che risale al 1985, e che va ad aggiungersi ad altri precedenti per reati contro il patrimonio e piccole rapine. Ma nessuno, tra chi lo conosceva, si sarebbe aspettato che potesse arrivare ad uccidere due donne. Lui, che è padre di tre figli con un impiego alla Cogas, l’azienda che eroga gas, ha scatenato una inaspettata furia omicida nel primo pomeriggio di ieri.
Ad Ortona c’era chi lo conosceva come “Francesco l’arteria”, un soprannome etichettatogli sin da ragazzo. Ha ucciso la moglie nell’androne di una palazzina di via Zara, a poca distanza dall’appartamento dove lui viveva, sempre nel quartiere San Giuseppe. Stava attraversando un periodo difficile con Primiterra, tant’è che lei si era momentaneamente sistemata nella casa dell’amica, in attesa di una soluzione definitiva. Ma il marito l’ha raggiunta in quell’appartamento e l’ha ammazzata con diverse coltellate. Una fine atroce per Letizia Primiterra, 47 anni, che aveva festeggiato il compleanno il giorno prima. Il marito, da quanto ha dichiarato agli investigatori, imputava alla sua amica, Laura Pezzella, 33 anni, la causa della sua crisi matrimoniale. Ecco perché è andato in contrada Tamarete, dove questa abitava insieme al marito, Massimo Quartieri - il cui papà Gino è morto investito davanti casa 15 anni fa - e ai due figlioletti di 5 e 6 anni. Davanti ai quali ieri è stata uccisa.
Primiterra, che stava per diventare anche nonna - la figlia è al quinto mese di gravidanza - sembra che tuttavia avesse paura del marito. Pochi giorni fa, infatti, lo aveva denunciato ai carabinieri parlando però di semplici minacce. E oggi lo rivela l'associazione Donn.è, che ad Ortona conta un centro antiviolenza alla quale la 47enne avrebbe chiesto aiuto: «C’erano dei segnali gravi. La signora si era rivolta a un servizio sul territorio per segnalare di essere vittima di maltrattamenti. Ora ci sentiamo di esprimere un grande sgomento e dobbiamo capire dove non è stata compresa». Queste sono le parole dell’avvocato Francesca Di Muzio, presidente di Donn.è, dopo il duplice omicidio. «Non l’abbiamo presa in carico direttamente noi, quindi conosco la vicenda per quanto mi è stato riferito», spiega Di Muzio, «ma esiste una rete fra le associazioni ed evidentemente in questo caso qualcosa non ha funzionato, specialmente a livello di valutazione del rischio. Dobbiamo ripensare il modo di lavorare, di fare formazione dei nostri operatori. Gli strumenti per prevenire ci sono, ma dobbiamo evidentemente pensare a un'attenzione maggiore. I casi di violenza non sono semplici. E comunque non esiste il raptus; quello di oggi (ieri, ndr) è l’epilogo tragico di uno schema che si ripete in molti casi di femminicidio». Su Facebook per il suo compleanno Primiterra aveva postato una foto di una felpa con su scritto «47 anni, fantastico». E «le leggende sono nate a aprile». Il primo commento a questa foto era stato della sua amica Laura Pezzella, uccisa anche lei dal marito della donna, che scriveva «Auguri di buon compleanno». Sulla tragedia è intervenuta anche la parlamentare di Forza Italia, Mara Carfagna: «Una strage senza fine. È quella delle donne che muoiono per mano degli uomini che dovrebbero amarle. Solo oggi sono tre i femminicidi uno a Camisano Vicentino e due ad Ortona. Non si può più assistere passivamente a quella che sta diventando una carneficina. Bisogna potenziare i centri antiviolenza, le case rifugio e tutti i presidi sul territorio. Le donne devono anche sapere che andando a denunciare maltrattamenti e violenze lo Stato sarà con loro, le proteggerà in ogni momento e con ogni mezzo. È una battaglia che continueremo a combattere finché i femminicidi non si fermeranno». (a.s.)
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