Pescara, quattro ricoveri in pochi giorni: torna l’allarme morbillo
Dopo l’ondata di contagi dello scorso inverno con 176 casi, l’unità di Malattie infettive riprende a trattare nuovi casi di adulti
PESCARA. Quattro ricoveri per morbillo in pochi giorni, di cui due solo nelle ultime 24 ore, oltre a numerosi accessi al pronto soccorso. A distanza di un anno, e nonostante l’estesa campagna di vaccinazione messa in atto in questi mesi, con il freddo e la maggiore permanenza nei luoghi chiusi e poco areati tornano i casi di morbillo e tutte le complicanze che questa malattia esantematica si porta dietro. Morbillo tra gli adulti e, in particolare, tra gli individui di età compresa tra i 30 e i 45 anni, la fascia di età che pur non vaccinandosi in età infantile ha potuto beneficiare dell’immunità di gregge garantita dalle vaccinazioni a tappeto fatte fino a qualche anno fa tra le generazioni successive alle loro. «Questi contagi sono il risultato dell’abbassamento delle vaccinazioni degli ultimi anni», spiega il professor Giustino Parruti, direttore dell'Unità operativa complessa di malattie infettive dell’ospedale civile dove sono avvenuti i primi quattro ricoveri per morbillo di questa stagione invernale. Nulla, per ora, a confronto con i contagi dell’anno scorso in tutta Europa e quando la sola Asl di Pescara ha registrato 176 casi di morbillo, ma comunque si tratta di numeri sufficienti a dimostrare, come rimarca lo specialista, che il virus è ancora in circolazione.
«È un problema europeo», spiega Parruti, «virus come il morbillo, se gli dai spazio, se lo riprendono tutto, e questo fa capire quanto sia importante la vaccinazione. Per questo dobbiamo cercare di essere aderenti il più possibile alle proposte vaccinali che ci vengono fatte, perché sono l’unica strada, nel mondo globale in cui viviamo, affinché diventi protetta tutta l’Europa e il morbillo possa andare verso la sparizione. C’eravamo quasi arrivati, ma evidentemente non è bastato».
C’eravamo quasi arrivati, tanto che le generazioni che oggi hanno tra i 30 e i 45 anni non sono state vaccinate da bambini proprio perché il morbillo si riteneva debellato. E invece sono proprio loro, adesso, i primi a esserne colpiti. «Molti», sottolinea Parruti, «non sanno neanche se hanno avuto o no il morbillo, e non ci pensano nemmeno al rischio di un eventuale contagio. Sono persone che stanno perfettamente bene e che poi all’improvviso iniziano ad avere sintomi sempre più acuti». Cefalea, influenza, fotofobia, fino a otiti e congiuntiviti, una delle complicanze più diffuse tra i pazienti adulti dello scorso inverno quando le conseguenze della malattia non hanno portato anche alle polmoniti.
«Se prendiamo lezioni dalla storia», conclude Parruti, «e torniamo a vaccinare i bambini in maniera sistematica, si ricreerà l’immunità di gregge. Ma ci vuole comunque tempo, ci vogliono almeno 3, 4 anni perché questo avvenga, non si può più abbassare la guardia. E con la nuova schedula vaccinale si dovrebbe risolvere bene». Tutto dipende da come si comporteranno i genitori, perché è dai bambini che passa il contagio ed è grazie ai bambini che si può fermare. «Non possiamo lanciare uno screening vaccinale tra i quarantenni», conclude il medico, «dobbiamo invece insistere tantissimo per la copertura vaccinale di chi si può e si deve vaccinare tra zero e 11 anni».
«È un problema europeo», spiega Parruti, «virus come il morbillo, se gli dai spazio, se lo riprendono tutto, e questo fa capire quanto sia importante la vaccinazione. Per questo dobbiamo cercare di essere aderenti il più possibile alle proposte vaccinali che ci vengono fatte, perché sono l’unica strada, nel mondo globale in cui viviamo, affinché diventi protetta tutta l’Europa e il morbillo possa andare verso la sparizione. C’eravamo quasi arrivati, ma evidentemente non è bastato».
C’eravamo quasi arrivati, tanto che le generazioni che oggi hanno tra i 30 e i 45 anni non sono state vaccinate da bambini proprio perché il morbillo si riteneva debellato. E invece sono proprio loro, adesso, i primi a esserne colpiti. «Molti», sottolinea Parruti, «non sanno neanche se hanno avuto o no il morbillo, e non ci pensano nemmeno al rischio di un eventuale contagio. Sono persone che stanno perfettamente bene e che poi all’improvviso iniziano ad avere sintomi sempre più acuti». Cefalea, influenza, fotofobia, fino a otiti e congiuntiviti, una delle complicanze più diffuse tra i pazienti adulti dello scorso inverno quando le conseguenze della malattia non hanno portato anche alle polmoniti.
«Se prendiamo lezioni dalla storia», conclude Parruti, «e torniamo a vaccinare i bambini in maniera sistematica, si ricreerà l’immunità di gregge. Ma ci vuole comunque tempo, ci vogliono almeno 3, 4 anni perché questo avvenga, non si può più abbassare la guardia. E con la nuova schedula vaccinale si dovrebbe risolvere bene». Tutto dipende da come si comporteranno i genitori, perché è dai bambini che passa il contagio ed è grazie ai bambini che si può fermare. «Non possiamo lanciare uno screening vaccinale tra i quarantenni», conclude il medico, «dobbiamo invece insistere tantissimo per la copertura vaccinale di chi si può e si deve vaccinare tra zero e 11 anni».