Quirinale, Marini bocciato al primo scrutinio Anche Pezzopane brucia "l’amico Franco"
La senatrice: "Ho votato Rodotà, il Pd è cambiato". L’ironia di D’Alessandro: io non voto come dice Facebook
PESCARA. L’Immagine più vivida di Franco Marini alla vigilia del voto l’ha offerta un suo avversario politico, Federica Chiavaroli, neo senatrice del Pdl: «L’ho incrociato più volte in giro per il centro di Roma, da solo, assorto e pensieroso, ma non l’ho fermato per rispetto: ma Franco Marini per noi abruzzesi sarebbe un nome eccellente, che dimostrerebbe che la nostra regione può esprimere classe dirigente al massimo livello».
L’immagine più forte del Pd lacerato dopo la prima votazione è invece di una compagna di partito di Marini, l’aquilana Stefania Pezzopane, che dopo aver deposto la scheda nell’urna ha twittato: «Ho votato Rodotà secondo la mia coscienza. Non potevo tradire la mia gente, stima e rispetto per Marini, necessario cambiamento vero». Pezzopane non è una renziana. E’ una bersaniana. La sua scelta dimostra che le divisioni all’interno del Partito democratico prendono strade imprevedibili. Ma già qualche giorno fa la senatrice aveva replicato seccamente a chi le ricordava che Marini non era stato eletto in Abruzzo (l’accusa di Matteo Renzi) perché l’ex presidente del Senato le aveva ceduto il posto di capolista: «Ho vinto le primarie, nessuno mi ha ceduto il posto». Per il vecchio sindacalista di San Pio delle Camere quella di ieri è stata una doppia sconfitta politica. La prima sul numero dei voti, ma passi. La seconda, riguarda invece la radice della sua azione politica. Marini è sempre stato un uomo attento all’unità del partito. Ieri è diventato il simbolo della disunità del Pd. Eppure lo ricordiamo tutti precipitarsi in Abruzzo appena il Pd mostrava segni di sofferenza. Anche l’ultimo intervento in direzione nazionale, quando chiese bruscamente di non aprire il dibattito sull’incarico a Bersani aveva quell’obiettivo: mantenere l’unità. Questo ha sempre predicato ai suoi, anche se non sempre le sue scelte hanno convinto (per esempio la candidatura di Ottaviano Del Turco alla Regione imposta a una coalizione divisa e litigiosa). Più tardi nel pomeriggio di ieri Pezzopane ha sentito il bisogno di precisare la sua posizione: «Ho votato Rodotà consapevole di non aderire alla maggioranza del mio partito, ma supportata da centinaia di elettori del Pd, che hanno manifestato amarezza e disappunto per la proposta di Bersani. A Marini mi legano amicizia e stima», insiste Pezzopane, «proveniamo dalla stessa aspra terra e questo ha provocato un ulteriore turbamento, perchè la consapevolezza che avrebbe saputo bene rappresentare le ragioni del nostro territorio, scosso non solo dal terremoto, ma da una grave crisi occupazionale, ha avuto un peso non indifferente, prima di entrare in cabina». Ma «dopo il 24 e 25 febbraio l’Italia e il Pd sono cambiati. Non si può restare indifferenti». Parole sofferte che le hanno guadagnato un commento al vetriolo dell’aquilano Gianfranco Giuliante, assessore regionale Pdl: «L'Aquila, per accidenti, si è venuta a trovare nelle condizioni di poter avere un Presidente della Repubblica del territorio, con tutto quanto ciò comporterebbe in termini di “ritorno” per una città terremotata. La Pezzopane che fa i gargarismi con l'aquilanità, appena girato l'angolo “brucia” un aquilano, per giunta del suo Partito».
Non ci sono state repliche dal partito abruzzese della Pezzopane. Tranne che da Camillo D’Alessandro, capogruppo Pd in Regione e uno dei tre grandi elettori. D’Alessandro è mariniano della prima ora (comuni sono le radici democristiane) ma con tentazioni renziane (che Marini raffreddò alla vigilia delle primarie, sempre nel nome dell’unità del partito): «Marini doveva essere il candidato delle larghe intese. Io l’ho votato anche perché sono orgoglioso di essere abruzzese. Se qualcuno non lo è della propria regione e dei suoi figli ha qualche problema. Io» chiude D’Alessandro, «non voterò mai contro l’Abruzzo perché me lo dice Facebook».
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