Sopralluogo sul viadotto per cercare il varco
Il 6 maggio Filippone è andato sull’A14 da Pescara a Ortona: in quel viaggio ha scoperto la rete bassa
PESCARA. Un viaggio sull’autostrada A14, dal casello di Pescara Ovest fino a Ortona, e poco dopo ritorno indietro. Domenica 6 maggio, da solo, Fausto Filippone è passato sullo stesso viadotto Alento dal quale, due settimane più tardi, subito dopo aver ucciso la moglie Marina Angrilli in un condominio di Chieti Scalo, ha gettato la figlia Ludovica e si è suicidato. A scoprirlo sono stati gli agenti della squadra mobile che indagano sul duplice omicidio-suicidio: a dire che Filippone, dirigente della Brioni di 49 anni, è passato proprio in quel punto sono i controlli eseguiti sul Telepass. Gli accertamenti sui chilometri percorsi da Filippone hanno escluso altri viaggi recenti in quella stessa zona. Per questo, secondo gli investigatori, il 6 maggio scorso, Filippone avrebbe potuto fare un sopralluogo: passando sul viadotto Alento con la sua Bmw X1 – la stessa nella quale dopo i delitti sono state trovate tracce di cocaina e una siringa usata per sedare la bambina –, il manager avrebbe potuto accorgersi di un varco nella recinzione. Per gli investigatori, quel giorno, Filippone non avrebbe avuto motivo per andare a Ortona.
Un viaggio di circa 23 chilometri abbastanza rapido: dal casello di Pescara ovest fino a Ortona, quella domenica mattina, Filippone avrebbe impiegato poco più di 11 minuti. Circa 10 minuti ci avrebbe messo per tornare indietro. Per coprire il percorso con questi tempi, Filippone è andato veloce. Ma, secondo gli inquirenti, Filippone avrebbe potuto scoprire con quel viaggio che superare la barriera del cavalcavia sarebbe stato facile.
E poi c’è un altro dettaglio: il giorno prima dello spostamento a Ortona, Filippone aveva sostenuto una visita psichiatrica per ottenere il porto d’armi a uso sportivo. Il 5 maggio, davanti a uno psichiatra del Centro di igiene mentale della Asl di Chieti, Filippone si era presentato come un appassionato di tiro a segno. Uno come tanti: lucido, posato e senza mostrare segni di disagio. Tanto che lo psichiatra, nel suo interrogatorio come testimone davanti agli agenti della Mobile, ha raccontato di non aver notato «anomalie» nella personalità e nel comportamento di Filippone. Di quella visita ha parlato anche Massimo Di Giannantonio, direttore del dipartimento di Salute mentale della Asl e mediatore sul viadotto durante le 7 ore di trattativa per cercare di evitare che Filippone si lanciasse nel vuoto. «È stato perfetto, in ogni risposta: senza ansietà o tono di cambio di umore, senza mostrare alcuna segnale di paranoie o disturbi». Prima di quella visita psichiatrica, Filippone aveva superato anche un’altra visita con il proprio medico curante: era stato il suo medico a escludere, negli ultimi 15 anni, qualsiasi tipo di patologia psicologica o psichiatrica senza mai alcun tipo di sintomo né alcun tipo di trattamento farmacologico. In quegli incontri con i medici, sebbene probabilmente avesse già da tempo cominciato a pensare di eliminare la famiglia, aveva offerto l’immagine di una persona normale. Ma per ottenere il porto d’armi, dopo le visite e una prova pratica al poligono di Pescara (prevista per il giorno della tragedia ma rinviata), Filippone avrebbe impiegato almeno un mese: per mettere in atto il suo piano non ha voluto aspettare. (p.l.)