Recovery: ancora stallo in Ue, trattativa in salita
BRUXELLES - "Ungheria e Polonia hanno detto chiaramente che non possono accettare la condizionalità sullo stato di diritto". Per sbloccare la situazione bisognerà quindi continuare a esplorare "tutte le soluzioni possibili: siamo ancora all'inizio" del negoziato con Budapest e Varsavia. Lo ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel al termine della videoconferenza tra i leader Ue. "La soluzione va trovata al più presto possibile" ha sottolineato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, mentre il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha annunciato che "le consultazioni proseguiranno attraverso diversi formati" con l'obiettivo di arrivare a una soluzione al più tardi per il vertice Ue fissato per il 10 e 11 dicembre. Lo stallo sul Recovery resta quindi immutato. La videoconferenza dei leader non è servita a sbloccare la situazione e i governi nazionalisti di Mateusz Morawiecki e Viktor Orban continuano a tenere in ostaggio il futuro dell'Europa. Trovare un via d'uscita non sarà affatto semplice. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha ribadito che sul rispetto dello stato di diritto l'Unione non è disposta a fare compromessi. Un punto fermo del negoziato che riparte subito. Una partita che vedrà - in parallelo - l'avvio del lavoro per mettere a punto il piano B per aggirare o smontare l'ostacolo se non si dovesse trovare la quadra in tempi ragionevoli, trascinando l'Unione in un esercizio di bilancio provvisorio e accumulando ritardi sugli esborsi del Recovery. Ma se sottotraccia le trattative sono frenetiche, in superficie si ostenta tranquillità. Alla riunione dei leader la discussione su bilancio, Recovery e stato di diritto è durata poco più di un quarto d'ora: il tempo sufficiente per un'introduzione di Michel ed una descrizione dello stato dell'arte, scarna e pacata, formulata dalla cancelliera Angela Merkel nella sua veste di presidente di turno. Poi i riflettori si sono accesi su Orban e Morawiecki, che hanno presentato le ragioni del loro veto. Nessun altro intervento, se non quello del premier sloveno Janez Jansa, che ha chiesto a tutti di sforzarsi per trovare un accordo. Una discussione asettica e senza assolutamente alzare i toni, viene riferito, come peraltro voluto da Michel, che prima dell'inizio ha fatto contattare le delegazioni per assicurarsi che tutto restasse sotto controllo e nella calma più totale per non esacerbare il clima. La vera partita però inizia ora e sarà interessante capire fin dove Orban e Morawiecki vorranno spingersi. Gli strumenti in mano all'Ue per andare oltre il veto non mancano e le varie opzioni sono già al vaglio, con l'obiettivo di farvi eventualmente ricorso con gradualità. Nessuno vuole la guerra con Ungheria e Polonia e per questo la presidenza di turno tedesca ha deciso di rimandare gli ultimi passaggi formali affinché la condizionalità sullo stato di diritto diventi legge ed entri in vigore subito, con effetto immediato sull'erogazione di tutti i fondi europei, compresi quelli in corso. Prima Merkel vuole provare ad offrire rassicurazioni scritte per fugare le preoccupazioni di Budapest e Varsavia rispetto ad un utilizzo arbitrario della clausola, che Orban e Morawiecki temono possa essere usata come una clava per piegarli, ad esempio sui migranti. Ma anche se non si riuscisse a riportare i due leader a più miti consigli, la condizionalità sullo stato di diritto presto diventerà legge. A quel punto, se i ribelli dovessero insistere, potrebbero essere azionate quelle che qualcuno ha chiamato "le opzioni nucleari" dell'accordo intergovernativo o della cooperazione rafforzata per realizzare il Recovery fund tagliandoli fuori. Ma questo è uno scenario ancora tutto da vedere.