Cadè, il mago che guidò la fantastica rimonta
I ricordi dell’allenatore bergamasco: «Al Dall’Ara l’esodo dei 30mila pescaresi»
Amava la musica classica così tanto da ascoltarla a volume alto nella sua villa di Francavilla. Giancarlo Cadè ebbe mille modi di farsi apprezzare dal popolo pescarese. Non solo per le imprese sportive ma anche, e soprattutto, per un carattere semplice che gli permetteva di legare da buon padre di famiglia con tutti i calciatori. Era il 3 luglio 1977 quando il tecnico di Zanica, un paese del Bergamasco, regalò per la prima volta all’Abruzzo la serie A del calcio.
«Non eravamo partiti benissimo in quel campionato», ricorda Cadè, oggi 77enne. «Dopo la sconfitta di Avellino per 3-0 alla quinta giornata, facemmo quadrato negli spogliatoi per pensare esclusivamente alla salvezza. Invece, proprio da quella partita iniziò una grande rimonta». «Una rimonta che», prosegue l’ex biancazzurro, «ci portò a chiudere il nostro torneo a quota 49 punti subito dietro al Vicenza e in compagnia di altre due squadre e cioè l’Atalanta e il Cagliari».
Quali sono gli episodi che ricorda con maggior piacere? «Le lacrime di Prunecchi», risponde prontamente Cadè, «il quale segnò una rete al Lecce dopo due anni di astinenza e da quel gol seppe trovare nuovi stimoli per offrire in seguito un grande contributo alla causa della nostra squadra. Come dimenticare, poi, la rimonta di Novara? Eravamo sotto, prima 2-0 e dopo 3-1, ma riuscimmo a pareggiare ugualmente grazie a una doppietta messa a segno da Orazi. Vincemmo poi anche a Taranto e a Lecce, che avevano il campo inviolato da moltissimo tempo, ed espugnammo il terreno della capolista Vicenza grazie a una marcatura di Repetto».
Quella stagione, tra l’altro, venne segnata anche da un lutto, la scomparsa del portiere di riserva Mario Giacomi, alla vigilia della partita interna con l’Avellino. Rimase vittima delle esalazioni di carbonio respirate nel sonno. Oggi, di quella rosa, non ci sono più nemmeno il difensore Matteo Santucci e l’attaccante Marco Masoni, oltre al presidente Armando Caldora e al dirigente Attilio Taraborrelli.
Meritano un racconto speciale gli spareggi finali. «Nella partita con il Cagliari», dice ancora Cadè, «non avemmo un arbitraggio favorevole e lo 0-0 finale ci stava abbastanza stretto. Con l’Atalanta, invece, ci bastava il pari e fu una partita abbastanza tranquilla che ci permise di andare entrambe in serie A. All’epoca dicevo sempre di non vendere la roba prima di averla acquistata. Era un modo efficace per mantenere alta la concentrazione dei miei ragazzi».
Al Dall’Ara di Bologna, nella gara decisiva diretta da Gonella (in seguito arbitro della finale mondiale del 1978), il Pescara venne seguito da oltre 30000 spettatori per un esodo tra i più imponenti visti in tutta Italia. «Ancora oggi ricordo con affetto quei momenti. Ho vinto 6 campionati: Mantova, Verona, Ancona, Bologna e Reggiana, ma la promozione del Pescara ha certamente un sapore diverso rispetto a tutte le altre».
«Non eravamo partiti benissimo in quel campionato», ricorda Cadè, oggi 77enne. «Dopo la sconfitta di Avellino per 3-0 alla quinta giornata, facemmo quadrato negli spogliatoi per pensare esclusivamente alla salvezza. Invece, proprio da quella partita iniziò una grande rimonta». «Una rimonta che», prosegue l’ex biancazzurro, «ci portò a chiudere il nostro torneo a quota 49 punti subito dietro al Vicenza e in compagnia di altre due squadre e cioè l’Atalanta e il Cagliari».
Quali sono gli episodi che ricorda con maggior piacere? «Le lacrime di Prunecchi», risponde prontamente Cadè, «il quale segnò una rete al Lecce dopo due anni di astinenza e da quel gol seppe trovare nuovi stimoli per offrire in seguito un grande contributo alla causa della nostra squadra. Come dimenticare, poi, la rimonta di Novara? Eravamo sotto, prima 2-0 e dopo 3-1, ma riuscimmo a pareggiare ugualmente grazie a una doppietta messa a segno da Orazi. Vincemmo poi anche a Taranto e a Lecce, che avevano il campo inviolato da moltissimo tempo, ed espugnammo il terreno della capolista Vicenza grazie a una marcatura di Repetto».
Quella stagione, tra l’altro, venne segnata anche da un lutto, la scomparsa del portiere di riserva Mario Giacomi, alla vigilia della partita interna con l’Avellino. Rimase vittima delle esalazioni di carbonio respirate nel sonno. Oggi, di quella rosa, non ci sono più nemmeno il difensore Matteo Santucci e l’attaccante Marco Masoni, oltre al presidente Armando Caldora e al dirigente Attilio Taraborrelli.
Meritano un racconto speciale gli spareggi finali. «Nella partita con il Cagliari», dice ancora Cadè, «non avemmo un arbitraggio favorevole e lo 0-0 finale ci stava abbastanza stretto. Con l’Atalanta, invece, ci bastava il pari e fu una partita abbastanza tranquilla che ci permise di andare entrambe in serie A. All’epoca dicevo sempre di non vendere la roba prima di averla acquistata. Era un modo efficace per mantenere alta la concentrazione dei miei ragazzi».
Al Dall’Ara di Bologna, nella gara decisiva diretta da Gonella (in seguito arbitro della finale mondiale del 1978), il Pescara venne seguito da oltre 30000 spettatori per un esodo tra i più imponenti visti in tutta Italia. «Ancora oggi ricordo con affetto quei momenti. Ho vinto 6 campionati: Mantova, Verona, Ancona, Bologna e Reggiana, ma la promozione del Pescara ha certamente un sapore diverso rispetto a tutte le altre».