Di Mascio, altre quarantotto ore al Pescara
Il tecnico: «Se non ci sarà chiarezza, mi dedicherò al vivaio per l’intera stagione»
PESCARA. Non bastano i ben noti problemi della proprietà per giustificare l’immobilismo del Pescara. Anzi, nei momenti delicati l’aspetto tecnico dovrebbe prevalere su quello societario. La situazione si è talmente impregnata di negatività da indurre Cetteo Di Mascio a mettere i puntini sulle “i”: «Se nel giro di 48 ore al massimo non si farà chiarezza sulla mia posizione, dovrò cominciare a pensare al settore giovanile, che diventerà l’unico mio impegno stagionale». Ben detto. Il grottesco balletto di questi giorni sul nome dell’allenatore sa di dilettantismo. Di Mascio, che è nei ranghi da un decennio, non può essere un “forse”. Deve essere un “sì” o un “no”.
Se non cambierà la mentalità, il Pescara bisserà in C1 la figuraccia fatta in serie B. Sono troppe le incongruenze. Una tra le tante: il presidente Pincione è partito in fretta e furia, lasciando una società non ancora certa dell’ammissione al campionato. Ci lasci almeno l’arbitrio di reputare inopportuno un gesto da cowboy del terzo millennio. Ancora: il diesse Iaconi, dopo aver annunciato l’addio alla società nelle ore successive la chiusura delle comproprietà, è ancora lì, ma non si capisce se va considerato al pieno delle sue funzioni, a mezzo servizio o non operativo. Di certo, da un po’ ha scarso feeling con l’altro diesse, Bignone, e non vuole lavorare al suo fianco, ma ha contribuito, sembra, a fargli rinnovare il contratto (che deve essere ancora depositato). Un anno fa, si era quasi allo stesso punto: «Se Leonardi resta, vado via io», diceva, a muso duro, il diesse riferendosi al direttore marketing. Restarono entrambi.
La storia degli ultimi anni, è una stucchevole sequela di corsi e ricorsi: il Pescara non regge il passo, a meno che si tratti di vendere. Ah, quando bisogna fare cassa, da queste parti si va alla velocità della luce. Se è vero che senza gli investimenti promessi da Pincione non si potrà procedere con una campagna acquisti degna di questo nome, è altrettanto vero che alcune scelte hanno basi non economiche. Di Mascio è da considerare un allenatore per un Pescara ricco o per un Pescara povero? Da via Mazzarino si captano segnali distorti. «E’ un patrimonio della società», si dice ogni tanto, «e non può essere bruciato in una squadra modesta». Ma poco dopo la versione cambia: «Guai a bruciarlo dandogli una squadra forte e condannata a vincere». Insomma, decidiamoci. Se, poi, il pluridecorato tecnico pescarese non viene considerato idoneo per i professionisti a prescindere dagli obiettivi stagionali, sarebbe il caso di rispettarlo evitando di darlo in pasto ai mass media ogni sei mesi.
Un altro personaggio sempre pronto per essere cucinato è Giovanni Galeone. Anche in questo caso, bisognerebbe avere rispetto. Perlomeno dei bei ricordi. In attesa che venga chiarito se il 66enne Galeone è per un Pescara ricco («gioca per vincere») o per un Pescara povero («va meglio con i giovani»), si può gettare uno sguardo sull’almanacco: l’ultima esperienza in C1 l’ha fatta con la Spal di Ferrara. Era il campionato 1985-86... Si registrano alcuni movimenti di mercato in via di ufficializzazione: Zoppetti è finito al Pisa, Gonnella al Grosseto. De Falco è quasi del Taranto, Felci sta per accasarsi con la Ternana.
Se non cambierà la mentalità, il Pescara bisserà in C1 la figuraccia fatta in serie B. Sono troppe le incongruenze. Una tra le tante: il presidente Pincione è partito in fretta e furia, lasciando una società non ancora certa dell’ammissione al campionato. Ci lasci almeno l’arbitrio di reputare inopportuno un gesto da cowboy del terzo millennio. Ancora: il diesse Iaconi, dopo aver annunciato l’addio alla società nelle ore successive la chiusura delle comproprietà, è ancora lì, ma non si capisce se va considerato al pieno delle sue funzioni, a mezzo servizio o non operativo. Di certo, da un po’ ha scarso feeling con l’altro diesse, Bignone, e non vuole lavorare al suo fianco, ma ha contribuito, sembra, a fargli rinnovare il contratto (che deve essere ancora depositato). Un anno fa, si era quasi allo stesso punto: «Se Leonardi resta, vado via io», diceva, a muso duro, il diesse riferendosi al direttore marketing. Restarono entrambi.
La storia degli ultimi anni, è una stucchevole sequela di corsi e ricorsi: il Pescara non regge il passo, a meno che si tratti di vendere. Ah, quando bisogna fare cassa, da queste parti si va alla velocità della luce. Se è vero che senza gli investimenti promessi da Pincione non si potrà procedere con una campagna acquisti degna di questo nome, è altrettanto vero che alcune scelte hanno basi non economiche. Di Mascio è da considerare un allenatore per un Pescara ricco o per un Pescara povero? Da via Mazzarino si captano segnali distorti. «E’ un patrimonio della società», si dice ogni tanto, «e non può essere bruciato in una squadra modesta». Ma poco dopo la versione cambia: «Guai a bruciarlo dandogli una squadra forte e condannata a vincere». Insomma, decidiamoci. Se, poi, il pluridecorato tecnico pescarese non viene considerato idoneo per i professionisti a prescindere dagli obiettivi stagionali, sarebbe il caso di rispettarlo evitando di darlo in pasto ai mass media ogni sei mesi.
Un altro personaggio sempre pronto per essere cucinato è Giovanni Galeone. Anche in questo caso, bisognerebbe avere rispetto. Perlomeno dei bei ricordi. In attesa che venga chiarito se il 66enne Galeone è per un Pescara ricco («gioca per vincere») o per un Pescara povero («va meglio con i giovani»), si può gettare uno sguardo sull’almanacco: l’ultima esperienza in C1 l’ha fatta con la Spal di Ferrara. Era il campionato 1985-86... Si registrano alcuni movimenti di mercato in via di ufficializzazione: Zoppetti è finito al Pisa, Gonnella al Grosseto. De Falco è quasi del Taranto, Felci sta per accasarsi con la Ternana.