L'INTERVISTA
Gravina: «Mi ricandido». E punge Malagò e Sibilia
"Juve-Napoli? Strana coincidenza le tante sentenze Figc ribaltate dal Coni". Il momento peggiore: a marzo-aprile quando è stato lasciato solo nella ricerca di un orizzonte per il calcio. E la stoccata: "Non condivido le espressioni di uomini delle istituzioni che parlano della Figc come un qualcosa che non li riguarda"
PESCARA. Una chiacchierata vicino all’albero di Natale per ufficializzare quello che tutti sanno, ovvero che Gabriele Gravina, 67 anni, abruzzese d’adozione, si ricandiderà alla presidenza della Figc. E con un paio di stoccate indirizzate agli organi della giustizia sportiva del Coni - tra l’altro con Malagò non c’è mai stato feeling - e a Cosimo Sibilia, potenziale antagonista nella corsa alla presidenza Figc. La sentenza del Collegio di Garanzia del Coni su Juve-Napoli non l’ha digerita, anche perché spesso il Coni, ultimamente, ha ribaltato le sentenze degli organi di giustizia della Figc. Sarà uno degli argomenti che affronterà qualora sarà rieletto. La strada, al momento, sembra in discesa, perché la maggioranza di cinque delle sei componenti federali si è già espressa per la conferma di Gabriele Gravina. Che, in pratica, ha soffocato sul nascere la candidatura di Cosimo Sibilia, vice presidente uscente e capo della Lega nazionale dilettanti con cui aveva stretto alleanza un paio di anni fa nel momento della prima elezione.
Un lavoro certosino ai fianchi. Il rapporto tra i due è andato deteriorandosi fino al braccio di ferro appena accennato. Le tre leghe professionistiche più calciatori e allenatori si sono espressi per Gravina e nel mondo dei dilettanti non c’è più quella compattezza granitica attorno a Sibilia. Il 22 febbraio, a Roma, se non ci saranno sorprese l’ex presidente del Castel di Sangro sarà incoronato alla guida del calcio per il prossimo quadriennio che - assicura - sarà caratterizzato da grandi riforme. L’aver permesso al mondo del pallone di ripartire quando le altre federazioni chiudevano i battenti anzitempo causa Covid è stato un atteggiamento premiato da società e calciatori e allenatori.
Sull’orlo del precipizio, Gravina si è messo il mondo del calcio sulle spalle rimettendolo in carreggiata in attesa di tempi migliori, perché il movimento è pieno di problemi e di debiti.
Gravina, anche se non è stata ancora ufficializzata la ricandidatura è nei fatti.
«Sì, c’è il desiderio di una continuità d’azione. Una condivisione di un percorso da parte di cinque delle sei componenti. Ne prendo atto, fermo restando il rispetto per il voto in programma il 22 febbraio da parte dei delegati».
Tra i punti salienti del programma ci sarà la riforma dei campionati.
«Che andrà fatta. Si tratta di un progetto articolato che non riguarda play off e play out. Abbraccia i format di serie B, serie C e dilettanti».
Altri tempi del programma?
«La continuità della modernizzazione dei processi interni. La digitalizzazione. Il potenziamento del processo telematico. Poi infrastrutture e vivaio. C’è tanto da fare».
Il contratto del ct Mancini?
«Faremo l’Europeo e poi ne parleremo. Ci siederemo attorno a un tavolo per discutere. Nel frattempo, si va avanti in piena armonia e condivisione di un percorso che sta riportando la Nazionale a grandi livelli».
Ogni tanto si torna a parlare di Superlega, lei che cosa dice?
«No, si tratta di un progetto che non ci appartiene. Io sono per la valorizzazione dei campionati nazionali. Altro discorso».
Quando torneranno i tifosi negli stadi?
«Gli stessi scienziati hanno difficoltà a individuare un orizzonte, non posso essere io a tracciare quello del calcio che è strettamente legato alla pandemia e ai suoi picchi. Dico solo che tutti conoscono i numeri e il valore del mondo calcio, chiediamo pari dignità. Né prima e né dopo le altre categorie sociali. Non vogliamo favoritismi in un contesto del genere, ma nemmeno essere penalizzati».
Il momento più difficile del suo mandato?
«L’isolamento in cui mi sono trovato nel momento in cui la pandemia dilagava. Era marzo-aprile. Non mi sono sentito supportato dal mondo dello sport e dalle sue istituzioni quando cercavo di resistere. Di non arrendermi agli eventi. Tutti chiudevano e il calcio voleva tracciare un orizzonte. Fortunatamente, i fatti ci hanno dato ragione».
I rapporti con Cosimo Sibilia come sono?
«C’è freddezza. Un certo distacco. A mio avviso, non sono condivisibili quelle espressioni di uomini delle istituzioni calcistiche che parlano della Figc come fosse un qualcosa che non li riguarda. La Figc non è un organo distaccato dalle proprie posizioni, se sei all’interno».
Al di là di Juve-Napoli di martedì scorso, ci sono sempre più sentenze degli organi federali che vengono ribaltate davanti al Coni. E’ solo una coincidenza?
«Non è sfuggita nemmeno a me questa cosa e, a mio avviso, penso che si tratti di una strana coincidenza. Su questo tipo di rapporto penso che vada avviata una profonda riflessione. Io credo che vada avviato anche un confronto legislativo per capire fino a che punto l’esame della legittimità di certe decisioni non vada a scontrarsi con l’esame del merito».
Come se ne esce?
«Un’ipotesi potrebbe essere il giudizio di un organo dello Stato. Però, è vero si tratta di una strana coincidenza».
Sei italiane su sette qualificate dopo la fase a gironi e la Nazionale che è tornata a far sognare. Segnali di risveglio?
«Io sottolineerei anche i risultati delle nazionali giovanili, ottimi direi. C’è un bel fermento che, però, viene offuscato dalla pandemia e dalle sue conseguenze. Diciamo che c’è un’evoluzione positiva del calcio italiano che sta riconquistando dignità e capacità di incidere anche fuori dai confini nazionali».
Da spettatore come giudica la serie A?
«Monca, sembra quasi un calcio da PlayStation, perché senza tifosi sugli spalti è un calcio diverso. Noi auspichiamo il più in fretta possibile il ritorno del pubblico negli stadi, ma devo dire che questo calcio diverso sta producendo un campionato molto interessante. Direi imprevedibile e quindi in grado di riconquistare appeal in Italia e all’estero. Questa serie A è davvero appassionante».
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