INTERVISTA / VICE ALLENATORE DEL CLUB ATENIESE
«Io, Atene e il Pescara. Qui vado in Champions»
Da Tollo all’Aek, Gianluca Colonnello a 360°: vivo alla grande, ma l’Italia mi manca
PESCARA. «Pronto, sono Zeus, a Pescara che si dice?». Quando risponde al telefono a qualche suo amico pescarese la cantilena è questa. Sorride dalla sua casa a Glyfada, una zona a sud est di Atene, Gianluca Colonnello, vice allenatore dell’Aek, uno dei club ellenici più titolati. Il 47enne allenatore nato a Tollo, ma pescarese d’adozione, apre il suo mondo ateniese al Centro. «Come sto qui? Come un re, sono Zeus», ride e scherza l’ex terzino di Pescara, Lecce e Perugia, prima di diventare serio ed iniziare l’intervista.
Antica e moderna, ma anche audace e aggraziata, Atene è una miscela esaltante di arte storica e cultura contemporanea. «Qui si vive alla grande», osserva Colonnello, dalla città dove è nata filosofia, arte, storia, politica e democrazia.
Gianluca Colonnello, come si trova in Grecia?
«Benissimo, non potevo fare scelta migliore firmando per l’Aek Atene. Sono tornato nel campionato greco a distanza di qualche anno, dopo aver allenato per due stagioni lo Zakynthos (serie B greca) e una brevissima parentesi all’Episkopi».
Con lei e Carrera in panchina, l’Aek sta volando.
«Stiamo facendo molto bene e siamo felicissimi per l’andamento della stagione. Tra campionato e coppa, da dicembre, da quando siamo arrivati qui, abbiamo vinto quasi tutte le partite, con una sola sconfitta e quattro pareggi».
Obiettivi?
«Siamo terzi e puntiamo al secondo posto. In questa seconda parte del campionato possiamo provare ad avvicinarci alla zona Champions e poi c’è la coppa di Grecia: siamo in semifinale e puntiamo a vincerla. L’Aek è un club prestigioso che può essere paragonato a club italiani come Juve, Milan o Inter. Si aspettano molto da noi».
Dopo le esperienze italiane con Borgo a Buggiano e Pisa ha scelto l’estero. Perché?
«Perché per allenare in Italia ci vuole anche fortuna. La preparazione non basta, servono anche le conoscenze giuste delle persone».
Sta dicendo che serve la cosiddetta raccomandazione?
«(ride, ndr) Io le chiamo relationship, sono più elegante nel descriverle».
Con la lingua come va?
«Parlo il greco, diciamo che mi faccio capire e non mi fermo solo a Efharistò (grazie), Parakalò (prego) o Kalimèra (buongiorno), per rendere l’idea. Il mio è un greco da campo, ovvero quello per la sopravvivenza. Poi qui ci sono tanti giocatori che conoscono bene l’italiano. Oltre a Daniele Verde, che ha giocato nel Pescara, ci sono Marko Livaja, che è stato tanti anni nell’Inter, e Marios Oikonomou, che è stato nel Bologna, solo per citarne alcuni».
Come è arrivato all’Aek?
«A dicembre, esattamente il 7, tramite il mio avvocato. Ero allo stadio Adriatico, stavo vedendo Pescara-Venezia e mi chiama per comunicarmi che Massimo Carrera aveva bisogno di un vice e voleva me perché conoscevo già l’ambiente e aveva apprezzato il mio modo di lavorare. Il giorno seguente mi sono messo sull’aereo e sono sbarcato ad Atene».
Com’è il livello del calcio greco e quali sono le differenze con quello italiano?
«Qui, in serie A, ci sono 4 squadre di alto livello, come Aek, Paok, Panathinaikos e Olympiacos, poi per il resto è più livellato verso il basso. La differenza sostanziale è che nel calcio greco, rispetto all’Italia o ad altri campionati europei, si investe molto meno. Il materiale tecnico c’è, ma dopo il 2004, l’anno in cui la Grecia ha vinto l’Europeo, il movimento calcistico si è leggermente bloccato. Bisogna dire, però, che la crisi economica, che ha investito la Grecia negli anni passati, ha influito molto sulla crescita del movimento calcistico».
L’ambiente e la tifoseria come sono?
«Bollenti. Qui è una battaglia in ogni gara e le tifoserie si fanno sentire, sono molto calde. Ho vissuto da poco il derby con il Panathinaikos e vi assicuro che è stato uno spettacolo».
Quanti italiani ci sono nell’Aek?
«Io, il mister Massimo Carrera e il suo collaboratore Giorgio D’Urbano. Poi c’è Daniele Verde, che è uno dei giocatori più talentuosi che abbiamo. Carrera e Verde mi chiedono spesso di Pescara, visto che entrambi hanno giocato con la maglia biancazzurra».
Ad Atene come si vive?
«Molto bene. Io abito in una zona residenziale a un passo dal mare e mi trovo alla grande. La città è molto bella, ma anche molto grande calcolando che tutta l’area metropolitana conta circa 5 milioni di abitanti. Il centro di Atene è stupendo con i suoi quartieri unici come Monastiraki e Plaka, oltre all’imponente Acropoli che dall’alto domina la città».
Quando non è in campo cosa fa?
«Sinceramente da dicembre, quando sono arrivato qui, di tempo libero ne ho avuto davvero poco. In quei pochi giorni liberi sono stato spesso a cena con Carrera e D’Urbano e ho fatto delle passeggiate in centro o una visita all’Acropoli».
Le manca l’Italia?
«Tantissimo. Mi manca la famiglia, i miei figli e Pescara».
Segue le vicende biancazzurre?
«Sempre, ogni giorno leggo e mi informo. Pescara è la città in cui vivo e sono tifoso del Delfino. Spero che metta subito al sicuro la salvezza e poi deve puntare dritto ai play off. Il campionato è livellato e il Pescara ha una rosa per puntare agli spareggi, anche se dopo la partenza di Machìn a gennaio l’andamento della squadra è stato discontinuo».
Un giorno le piacerebbe guidare i biancazzurri?
«È il mio sogno. Dopo averci giocato, allenare il Pescara sarebbe fantastico. Da abruzzese mi piacerebbe tanto allenare a casa mia, anche il Teramo è una società che mi piace molto».
Dalla Grecia che idea si è fatto dell’emergenza coronavirus in Italia?
«Sono preoccupato per i miei cari che sono a casa, non potrei dire il contrario. Spero che l’emergenza rientri al più presto. Qui in Grecia ci sono dei casi, ma non c’è la psicosi e la paura che c’è in Italia».
@luigidimarzio.
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