PALLA AL CENTRO
L'Abruzzo in panchina fa bella figura in A
Da una parte chi sta facendo un campionato a sé, la Juventus; dall’altra il resto della serie A. Il “primo degli umani” è il Napoli trascinato da Lorenzo Insigne, trasformato in goleador da Carlo Ancelotti. Alla seconda sosta del campionato sono sei i punti di distacco tra le duellanti degli ultimi anni. La forza dei campioni d’Italia è straripante - otto successi in altrettante partite - ma da qui a dire che lo scudetto è già assegnato ce ne passa. Certo, se la Juve continua di questo passo sarà difficile starle dietro anche per un Napoli che sta progressivamente cambiando pelle sul piano del gioco. Ma questo week end passa agli archivi (anche) con il timbro degli abruzzesi in panchina. La quarta vittoria di fila della Roma ha decretato la definitiva resurrezione di Eusebio Di Francesco, messo in discussione un po’ troppo frettolosamente. Il mercato di Monchi e di Pallotta gli aveva sfasciato il giocattolo e lui pazientemente è andato a raccogliere i cocci per ricostruirlo, mantenendo lucidità nel momento della buriana mediatica. Ma un applauso va anche al pescarese Roberto D’Aversa che si gode i 13 punti del suo Parma neopromosso. Il sigillo all’ottimo avvio di campionato l’ha messo, andando a vincere sul campo del Genoa del solito Piatek. Lo ha fatto senza la sua punta di diamante, Gervinho. A Parma D’Aversa ha sempre vissuto sulla graticola, nonostante le promozioni. Ma queste prime otto partite rappresentano un esame di maturità superato a pieni voti. Non è una sorpresa Marco Giampaolo: la sua Sampdoria ha gli stessi punti (14) della Roma. Anche lui ogni anno si vede scomporre il giocattolo che poi, diligentemente, rimette in piedi. Il colpo di Bergamo è la dimostrazione che anche questa volta sta facendo la cosa giusta, valorizzando giocatori e conquistando buoni risultati. Il buon momento dell’Abruzzo non si limita al campo - il Pescara capolista in serie B - ma arriva fino alla scrivania più importante della Figc: a meno di clamorosi colpi di scena, infatti, quello che è stato il presidente del Castel di Sangro dei miracoli, Gabriele Gravina, diventerà il 22 ottobre il capo del calcio italiano. Servirà un altro miracolo per rimettere in carreggiata un movimento che Tavecchio e i commissari hanno lasciato allo sbando.