La lotta per la salvezza con Vialli è un reality Tv

18 Febbraio 2016

L’ex gemello del gol tra i dilettanti come tecnico-motivatore assieme ad Amoruso Il debutto questa sera, presto una puntata in Abruzzo per seguire il Carunchio

ROMA. Giocare in serie A o nel campionato dilettanti non è la stessa cosa. «Ma quando ti metti la maglia e scendi in campo, le differenze si annullano: ci vuole rispetto. Per lo sport, i compagni, l’arbitro e i tifosi». Ne è passato di tempo da quando Gianluca Vialli consumava i tacchetti correndo col numero 9 nell’area avversaria e segnando grazie agli assist di Roberto Baggio o Roberto Mancini. Oggi siamo di fronte a sir Vialli, 51 anni, da tempo residente a Londra, commentatore di partite per Sky. Un professionista di grande classe, ma che non ha paura a “sporcarsi le mani” col calcio minore.

Lo dimostra nel nuovo reality “Squadre da incubo”, da oggi su Mtv8 per otto prime serate, in cui il campione di Samp, Juve e Chelsea, con il collega Lorenzo Amoruso, gira per i campetti di mezza Italia, risollevando le sorti delle squadre più in difficoltà. La task force, con telecamere al seguito è sbarcata anche in Abruzzo, a Carunchio. La cura? Impegno e morale alto.

Un campione in mezzo ai dilettanti. Che effetto fa?

«Per prima cosa io e Lorenzo abbiamo manifestato ai ragazzi il nostro rispetto: ci siamo trovati di fronte a gente che non gioca per soldi, ma solo per passione. Detto questo, sempre di calcio si tratta e il fatto che non giri denaro non vuol dire che lo sport valga meno. L’impegno deve essere al top e l’obiettivo non cambia: sempre la palla in rete bisogna buttare».

Che consigli ha dato ai ragazzi?

«Ci siamo concentrati su tutti gli aspetti del gioco: dall’allenamento fisico alle questioni tattiche fino allo spirito di gruppo. E i risultati ci sono stati. Uno dei giocatori della prima squadra dove abbiamo fatto tappa, a Sezze Scalo, in provincia di Latina, è diventato capocannoniere del suo girone. Si chiama Gismondi, ribattezzato Gisbomber».

Sono soddisfazioni. Ma quando la tecnica è scarsa, lo spogliatoio può davvero colmare la differenza?

«Miracoli non si possono fare, però una cosa va detta: una squadra che ha carattere è più forte di una che ha solo talento. Condividere l’obiettivo è fondamentale».

Nel calcio spesso prevalgono gli individui. Un ostacolo per la vittoria?

«Oggi è tutto più complicato rispetto al passato: i giocatori sono delle piccole aziende che portano avanti il proprio brand. Basta guardare come esultano: sono a caccia di cose particolari che li rendano popolari sui social network. Io appartengo a un’altra generazione».

Lei è amato dai fan e ha successo con le donne, qual è il suo segreto?

«Mah, in realtà con le donne ho faticato molto e mi sono spesso rifugiato nelle armi tipiche di un calciatore: sei giovane, famoso... E poi diciamo la verità, avere tante corteggiatrici non è mai stato un problema: meglio tante che poche!».

Ma allora, è vero o è una bufala che durante i ritiri è opportuno evitare rapporti sessuali?

«Fare l’amore fa solo bene e lo consiglio a tutti».

Finché non è arrivata sua moglie...

«Con Cathryn (White-Cooper, un’arredatrice d’interni londinese, ndr) sono felicissimo, abbiamo due figlie splendide, mi sento fortunato».

Tornerebbe in Italia?

«Per ora sto bene a Londra anche perché mia moglie vuole restare in Inghilterra. Poi, quando torno in Italia, mi posso permettere di fare il turista: cibo, bei posti, sole».

Meglio il calcio inglese o quello italiano?

«Il calcio inglese è più divertente: il problema del pallone, da noi, è che ha perso credibilità, e ci vorrà molto tempo prima che i tifosi riacquistino fiducia».

Tre calciatori con cui ha amato giocare e tre che ammira oggi.

«Sono stato a stretto contatto con campioni e uomini fantastici, ma se ne dovessi sceglierne tre, guardando al passato, devo posso citare Roberto Baggio, Roberto Mancini, Alessandro Del Piero, e ce ne metto anche un quarto: Gianfranco Zola. Quelli che apprezzo di più sono Gigi Buffon, Francesco Totti e Massimo Ambrosini, anche se lui ormai non gioca più. Tutti “anzianotti”, così mi sento meno vecchio».

©RIPRODUZIONE RISERVATA