PALLA AL CENTRO
Pioli se ne va, tormento Juve e indole Inter
Vince con o senza Ibrahimovic. Gioca due volte a settimana - tra campionato ed Europa League - ma non tradisce il ritmo forsennato che ha impresso al suo cammino dopo il lokdown. È la migliore partenza di campionato del Milan nell’era dei tre punti a vittoria. Certo, la perplessità resta la tenuta a lungo termine, ma bisogna togliersi tanto di cappello per quello che ha costruito Stefano Pioli. Tutti aspettano la frenata, nel frattempo, però, procede con un passo spedito. Lo scatto rossonero sgrana la classifica: più cinque punti sulle seconde dopo nove giornate. Una dimostrazione di forza. Vincere aiuta a vincere e così il Milan si guarda alle spalle - a un anno fa di questi tempi - come se fosse un’altra squadra. E, invece, il gruppo è lo stesso. La crescita è esponenziale. Inversamente proporzionale al cammino della Juventus. La presenza di Cristiano Ronaldo spesso maschera i limiti che emergono chiari quando non c’è CR7. Un anno fa di questi tempi i tifosi mugugnavano per la gestione Sarri. La critica pungolava il tecnico che a lungo ha fatto buon viso a cattivo gioco. Adesso la squadra convince a sprazzi e i risultati sono nettamente inferiori: sei punti in meno per la gestione Pirlo a cui, però, certe critiche vengono risparmiate. È un allenatore che sta facendo esperienza: insegue un gioco che ha nella testa, ma che non ha mai sperimentato. Deve trovare la quadra. E nel frattempo perde terreno. Chissà se le rivali “aspetteranno” la Juve di Pirlo...
L’Inter, ad esempio, seppur altalenante, è salita fino al secondo posto in classifica. La sua indole è quella di una squadra compatta che ama ripartire negli spazi, sfruttare la fisicità di Lukaku e l’estro e la velocità di Lautaro Martinez. Solida ed efficace. Un assetto e una mentalità (“noi contro tutti” di mouriniana memoria) che fino allo scorso gennaio hanno permesso all’Inter di crescere fino a impensierire la Juve. Il tentativo di inserire Eriksen - da febbraio - ha fatto, però, saltare certi equilibri all’interno della squadra. Come se non bastasse, in estate, Conte si era fissato nella ricerca di un gioco spettacolare che evidentemente non si addice alle caratteristiche dell’Inter. Non è nel suo Dna. Ha altri principi, tutt’altra filosofia. Più pratica e concreta. Senza bollicine.
roccocoletti1
©RIPRODUZIONE RISERVATA
L’Inter, ad esempio, seppur altalenante, è salita fino al secondo posto in classifica. La sua indole è quella di una squadra compatta che ama ripartire negli spazi, sfruttare la fisicità di Lukaku e l’estro e la velocità di Lautaro Martinez. Solida ed efficace. Un assetto e una mentalità (“noi contro tutti” di mouriniana memoria) che fino allo scorso gennaio hanno permesso all’Inter di crescere fino a impensierire la Juve. Il tentativo di inserire Eriksen - da febbraio - ha fatto, però, saltare certi equilibri all’interno della squadra. Come se non bastasse, in estate, Conte si era fissato nella ricerca di un gioco spettacolare che evidentemente non si addice alle caratteristiche dell’Inter. Non è nel suo Dna. Ha altri principi, tutt’altra filosofia. Più pratica e concreta. Senza bollicine.
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