Australian Open

Troppo Sinner per Zverev: l’italiano è di nuovo campione degli Australian Open

26 Gennaio 2025

A 23 anni l’altoatesino scrive  un’altra pagina indelebile della storia dello sport italiano. Domina la partita dall’inizio alla fine: Zverev non ha avuto scampo.

MELBOURNE. “Speravo di essere molto più competitivo, ma sei troppo forte Jannik. E’ semplice”. Parla così Zverev alla premiazione che incorona Sinner campione degli Australian Open per la seconda volta consecutiva. La distanza tra numero 1 e 2 al mondo è molto più di una semplice cifra. Non c’è mai stata partita. La capacità di Sinner di togliere ogni certezza all’avversario è quella che salta più agli occhi. E quando i dubbi assalgono anche i fondamentali su cui hai costruito il tuo tennis, non puoi fare altro che soccombere.

Dubbi che cominciano a prendere Zverev fin dai primi punti del match, quando si accorge che il servizio, indubbiamente il suo miglior colpo (la prima viaggia a 210-220 chilometri orari), trova spesso la risposta dell’altoatesino. E gli scambi certo non infondono coraggio. Al tedesco piace giocare da fondocampo, far muovere l’avversario e chiudere col rovescio, ma quando hai di fronte un giocatore che colpisce la palla come Sinner non puoi permetterti questo tipo di tennis. E allora la sua strategia è di andare spesso a rete, ma così offre il fianco ai passanti dell’altoatesino. Nodi che vengono al pettine  nella fase più delicata del set, tra il settimo e l’ottavo gioco.

Nel settimo è Sinner a battere. Salva una situazione di pericolo sul 30-30 e mantiene il servizio. In quello successivo Zverev sente la pressione del momento e, come spesso gli capiterà durante la partita, perde la sensibilità al braccio. Offre ben quattro palle break, tre delle quali nascono da errori non forzati con il dritto. Il servizio lo salva le tre volte, ma alla quarta si deve arrendere  ai riflessi di Sinner, che si arrampica sullo scambio come un felino. Il primo set si conclude in 46 minuti.

I dubbi in Zverev si fanno sempre più concreti. Tenta di prendere il controllo dello scambio ma viene puntualmente neutralizzato. L’altoatesino lo mette costantemente sotto pressione e, se il set si decide al tie break è solo perché nel settimo game, sul risultato di 30-30, Sinner forza una palla corta e così il tedesco evita di dover servire per salvare l’ennesima palla break. Nel punto successivo la battuta fa il resto. Il tie, alla fine, si rivela il momento più combattuto del match. Qui Zverev dà tutto se stesso e alza il livello del gioco, ma la sfortuna  gli rema contro: sul 4-4 il nastro favorisce Sinner e gli permette di prendere il minibreak che poi si rivela decisivo. 

"Chi disse preferisco aver fortuna che talento capì l’essenza vera della vita” recita un iconico monologo del film “Matchpoint” di Woody Allen. La voce fuoricampo scorre mentre l’inquadratura riprende il fermo immagine della palla che sbatte sul nastro. Potrebbe andare da entrambe le parti del campo. Il talento in quel momento non c’entra, a decidere è solo la fortuna, contro cui non si può nulla. Certo è che, se giochi contro un tennista più talentuoso e anche la fortuna è dalla sua, è comprensibile che lo sconforto abbia la meglio. E infatti da dopo quel nastro Zverev capisce che le sue possibilità di vittoria sono scemate. Sinner vince il terzo set 6-3 e si assicura il titolo di campione per la seconda volta consecutiva.

Come descrivere la prestazione di Jannik? I dati da cui prendere spunto sono tanti: le 0 palle break offerte a Zverev, l’84% dei punti vinti con il primo servizio, il 64% con il secondo. Solo per citarne alcuni. Numeri utili a descrivere la superiorità mostrata dall’altoatesino sul campo ma non a sottolineare il fattore che incide di più nei suoi match: l’aspetto mentale. Immaginiamoci la scena. Affronti il numero 1 al mondo, ti stai scervellando per capire come poterlo mettere in difficoltà, ogni tuo tentativo di variazione è velleitario, e i migliori colpi che hai nel tuo arsenale sono neutralizzati. Insomma, sei sconfortato. Come se ciò non bastasse, ti trovi di fronte un avversario che non batte ciglio, che è pacato quando esulta e calmo quando sbaglia. Come chi conosce il futuro e allora non si preoccupa del presente. E’ questa sicurezza nei propri mezzi che, alla fine, ti annichilisce. Spegne le tue speranze. Una sensazione che aveva descritto De Minaur al termine dei quarti di finale e che continua a ripresentarsi in ogni giocatore che  affronta l’altoatesino. Tutti, alla fine, devono togliersi il cappello dopo aver affrontato il giocatore che sta riscrivendo la storia del tennis, non solo italiano.