Alba, morì pugnalata: il marito va a processo
Tentato omicidio per l'uomo, indagato anche il chirurgo che non bloccò l'emorragia
TERAMO. E' morta soffocata da un'emorragia provocata da 2 delle 19 pugnalate sferrate dal marito. Ma per la procura avrebbe potuto salvarsi se un medico fosse intervenuto in tempo. Si chiude con una svolta l'inchiesta sull'omicidio di Maria Rosa Perrone, la donna di Alba.
Una nuova ricostruzione che ha portato il pm Bruno Auriemma a cambiare il capo d'imputazione per il marito William Adamo, 60 anni, arrestato subito dopo il fatto e ancora in carcere: l'uomo non è più accusato di omicidio volontario pluriaggravato ma di tentato omicidio. Con lui è indagato per omicidio colposo Gaetano Sciamanda, 50 anni, uno dei due medici dell'ospedale di Sant'Omero entrati nell'inchiesta subito dopo l'autopsia. Si tratta del chirurgo che era reperibile il 16 ottobre dell'anno scorso, giorno del delitto e che, secondo l'accusa della procura, non si sarebbe subito recato al pronto soccorso nonostante tre telefonate (l'arrivo è riscontrato alle 18.31).
Dalle indagini si evince che il medico venne chiamato alle 16.39, alle 17.41 e alle 17.51 per fare l'intervento richiesto «a seguito del quale», si legge nell'atto di avviso di conclusione, «avrebbe dovuto procedere al trattamento chirurgico di rimozione dell'ematoma dei tessuti profondi del collo che se tempestivo avrebbe evitato la morte della donna dovuta ad asfissia da ostruzione delle vie superiori da emorragia bilaterale».
Inizialmente nell'inchiesta era entrato anche un medico del pronto soccorso per il quale però il pm ha chiesto l'archiviazione: per lui nulla è contestabile nè per negligenza nè per imprudenza.
La seconda inchiesta, quella per accertare responsabilità mediche nella morte della donna, era scattata dopo l'autopsia. Per il medico legale la morte non è da attribuire esclusivamente alle ferite inferte. Così il pm aveva affidato ad un altro consulente una perizia specifica per accertare e chiarire cosa fosse accaduto nel lasso di tempo intercorso tra l'accoltellamento e la morte della donna. Tre ore nelle quali Maria Rosa Perrone, aggredita dall'ex marito al culmine di una lite e colpita con 19 coltellate (al volto, al collo e all'addome), rimase cosciente e, almeno fino a un certo punto, non in pericolo di vita.
L'accoltellamento avvenne in una strada di Alba Adriatica, via Gorizia, nell'auto della donna. La commerciante 51enne, madre di quattro figli, venne colpita dall' ex marito accecato dalla gelosia per la nuova relazione sentimentale di Maria Rosa ed evidentemente già pronto a compiere un gesto estremo visto che portava, nascosto nella giacca, un coltello da cucina.
Una nuova ricostruzione che ha portato il pm Bruno Auriemma a cambiare il capo d'imputazione per il marito William Adamo, 60 anni, arrestato subito dopo il fatto e ancora in carcere: l'uomo non è più accusato di omicidio volontario pluriaggravato ma di tentato omicidio. Con lui è indagato per omicidio colposo Gaetano Sciamanda, 50 anni, uno dei due medici dell'ospedale di Sant'Omero entrati nell'inchiesta subito dopo l'autopsia. Si tratta del chirurgo che era reperibile il 16 ottobre dell'anno scorso, giorno del delitto e che, secondo l'accusa della procura, non si sarebbe subito recato al pronto soccorso nonostante tre telefonate (l'arrivo è riscontrato alle 18.31).
Dalle indagini si evince che il medico venne chiamato alle 16.39, alle 17.41 e alle 17.51 per fare l'intervento richiesto «a seguito del quale», si legge nell'atto di avviso di conclusione, «avrebbe dovuto procedere al trattamento chirurgico di rimozione dell'ematoma dei tessuti profondi del collo che se tempestivo avrebbe evitato la morte della donna dovuta ad asfissia da ostruzione delle vie superiori da emorragia bilaterale».
Inizialmente nell'inchiesta era entrato anche un medico del pronto soccorso per il quale però il pm ha chiesto l'archiviazione: per lui nulla è contestabile nè per negligenza nè per imprudenza.
La seconda inchiesta, quella per accertare responsabilità mediche nella morte della donna, era scattata dopo l'autopsia. Per il medico legale la morte non è da attribuire esclusivamente alle ferite inferte. Così il pm aveva affidato ad un altro consulente una perizia specifica per accertare e chiarire cosa fosse accaduto nel lasso di tempo intercorso tra l'accoltellamento e la morte della donna. Tre ore nelle quali Maria Rosa Perrone, aggredita dall'ex marito al culmine di una lite e colpita con 19 coltellate (al volto, al collo e all'addome), rimase cosciente e, almeno fino a un certo punto, non in pericolo di vita.
L'accoltellamento avvenne in una strada di Alba Adriatica, via Gorizia, nell'auto della donna. La commerciante 51enne, madre di quattro figli, venne colpita dall' ex marito accecato dalla gelosia per la nuova relazione sentimentale di Maria Rosa ed evidentemente già pronto a compiere un gesto estremo visto che portava, nascosto nella giacca, un coltello da cucina.
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