Creato l’embrione senza mamma
I ricercatori di Veterinaria clonano il Dna di una pecora solo maschile.
TERAMO. L’embrione che nasce senza madre. Il Dna paterno che da solo permette di creare una nuova vita. E’ già ritenuta eccezionale la scoperta fatta a Teramo. Nei laboratori della Facoltà di Medicina Veterinaria, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, è stato prodotto per la prima volta un «androgenote» di pecora.
In parole semplici è nato in vitro un embrione di ovino frutto della fusione di due Dna solo maschili. Anziché di due soggetti di sesso opposto. Si tratta di una novità assoluta perché in passato erano stati ottenuti «androgenetici» solo da una specie animale, il topo, mentre il risultato raggiunto nei laboratori teramani riguarda un embrione di animale di interesse veterinario, in avanzata fase di sviluppo.
FA GIA’ DISCUTERE. E’ la seconda scoperta fatta a Teramo sulle pecore. La prima ha riguardato la lana colorata. Ma questa dell’embrione creato senza madre fa discutere molto di più. «E’ un esperimento discutibile sul piano scientifico ed etico», commenta subito la Lega Antivivisezione (Lav), «nonostante siano già stati prodotti embrioni androgenetici di topo per studiare l’imprinting genetico di cui è stata riscontrata l’inapplicabilità per studi sulla nostra specie, continuano a essere finanziati e approvati progetti che coinvolgono la produzione di embrioni uniparentali». La Lav aggiunge: «Le pubblicazioni che riportano la formazione di embrioni con solo materiale genetico maschile o femminile sono numerose e datate, ma non esiste alcuna evidenza scientifica sulla loro applicazione». Dall’Università spiegano che l’esperimento rientra nel progetto di ricerca «Idee» finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca. E gettano acqua sulle polemiche di tipo etico. «Lo scopo di questa ricerca», dice la coordinatrice del progetto, Grazyna Ptak, «non è quello di promuovere stravaganti esperimenti per ottenere “bambini” in modo poco convenzionale, ma quello di studiare le origini di alcune patologie nella gravidanza della donna, come quelle che, per esempio, determinano la nascita di neonati sovrappeso o sottopeso. La cosa che mi entusiasma di più», afferma ancora la docente, «è che al momento non sappiamo nulla di questi androgenoti perché non esiste descrizione della loro morfologia nemmeno nel topo».
A COSA SERVIRA’. «In seguito all’evento fecondativo», spiega più approfonditamente la Ptak, «i Dna materno e paterno hanno un ruolo complementare nello sviluppo fetale».
«Sulla base di questo ruolo, l’ipotetico androgenote, contenente solo geni paterni, viene sempre descritto come un feto fortemente iposviluppato con una placenta sproporzionata, mentre il partenogenote, avente solo geni materni, è un feto con la placenta iposviluppata. Questo è quando accade in teoria. Ma quali siano nella realtà i meccanismi che regolano il diverso sviluppo dei due feti li verificheremo con lo studio del nostro embrione appena prodotto».
GLI SCIENZIATI. Gli embrioni androgenotici Teramo sono stati prodotti tramite micromanipolazione dei gameti da parte di due giovanissime ricercatrici dell’Ateneo, la biologa Marta Czernik e la biotecnologa Federica Zacchini, sotto la guida di Pasqualino Loi, uno dei massimi esperti del settore. Nel corso delle sue ricerche, Loi ha anche collaborato con Ian Wilmut, lo scienziato che nell istituto Roslin di Edimburgo clonò nel 1997 la pecora Dolly. Infine, alla fase di trasferimento e recupero degli embrioni di Dna solo maschile, hanno collaborato altre ricercatrici dell’Università di Teramo: Fiorella Di Egidio, medico veterinario; Antonella D’Agostino, farmacologa; Paola Toschi e Antonella Fidanza, biotecnologhe della riproduzione.
In parole semplici è nato in vitro un embrione di ovino frutto della fusione di due Dna solo maschili. Anziché di due soggetti di sesso opposto. Si tratta di una novità assoluta perché in passato erano stati ottenuti «androgenetici» solo da una specie animale, il topo, mentre il risultato raggiunto nei laboratori teramani riguarda un embrione di animale di interesse veterinario, in avanzata fase di sviluppo.
FA GIA’ DISCUTERE. E’ la seconda scoperta fatta a Teramo sulle pecore. La prima ha riguardato la lana colorata. Ma questa dell’embrione creato senza madre fa discutere molto di più. «E’ un esperimento discutibile sul piano scientifico ed etico», commenta subito la Lega Antivivisezione (Lav), «nonostante siano già stati prodotti embrioni androgenetici di topo per studiare l’imprinting genetico di cui è stata riscontrata l’inapplicabilità per studi sulla nostra specie, continuano a essere finanziati e approvati progetti che coinvolgono la produzione di embrioni uniparentali». La Lav aggiunge: «Le pubblicazioni che riportano la formazione di embrioni con solo materiale genetico maschile o femminile sono numerose e datate, ma non esiste alcuna evidenza scientifica sulla loro applicazione». Dall’Università spiegano che l’esperimento rientra nel progetto di ricerca «Idee» finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca. E gettano acqua sulle polemiche di tipo etico. «Lo scopo di questa ricerca», dice la coordinatrice del progetto, Grazyna Ptak, «non è quello di promuovere stravaganti esperimenti per ottenere “bambini” in modo poco convenzionale, ma quello di studiare le origini di alcune patologie nella gravidanza della donna, come quelle che, per esempio, determinano la nascita di neonati sovrappeso o sottopeso. La cosa che mi entusiasma di più», afferma ancora la docente, «è che al momento non sappiamo nulla di questi androgenoti perché non esiste descrizione della loro morfologia nemmeno nel topo».
A COSA SERVIRA’. «In seguito all’evento fecondativo», spiega più approfonditamente la Ptak, «i Dna materno e paterno hanno un ruolo complementare nello sviluppo fetale».
«Sulla base di questo ruolo, l’ipotetico androgenote, contenente solo geni paterni, viene sempre descritto come un feto fortemente iposviluppato con una placenta sproporzionata, mentre il partenogenote, avente solo geni materni, è un feto con la placenta iposviluppata. Questo è quando accade in teoria. Ma quali siano nella realtà i meccanismi che regolano il diverso sviluppo dei due feti li verificheremo con lo studio del nostro embrione appena prodotto».
GLI SCIENZIATI. Gli embrioni androgenotici Teramo sono stati prodotti tramite micromanipolazione dei gameti da parte di due giovanissime ricercatrici dell’Ateneo, la biologa Marta Czernik e la biotecnologa Federica Zacchini, sotto la guida di Pasqualino Loi, uno dei massimi esperti del settore. Nel corso delle sue ricerche, Loi ha anche collaborato con Ian Wilmut, lo scienziato che nell istituto Roslin di Edimburgo clonò nel 1997 la pecora Dolly. Infine, alla fase di trasferimento e recupero degli embrioni di Dna solo maschile, hanno collaborato altre ricercatrici dell’Università di Teramo: Fiorella Di Egidio, medico veterinario; Antonella D’Agostino, farmacologa; Paola Toschi e Antonella Fidanza, biotecnologhe della riproduzione.