I pm: Parolisi ha nascosto la tuta

15 Gennaio 2012

Per la procura la portava sopra i calzoncini: quel giorno doveva correre

TERAMO. La dinamica del delitto prende forma nei dieci faldoni depositati dal gip. Le ultime ore di vita di Melania Rea e i movimenti del marito Salvatore Parolisi - l'uomo per cui la procura ha chiesto il giudizio immediato per omicidio pluriaggravato - diventano istantanee che i pm Davide Rosati e Greta Aloisi mettono in ordine per ricostruire quel 18 aprile. A cominciare dai vestiti del caporal maggiore.

TUTA E SCARPE. Per i magistrati Parolisi, dopo aver ucciso la moglie, si sarebbe disfatto della tuta e delle scarpe inevitabilmente macchiati di sangue. Quei pantaloncini corti con cui lo si vede al pianoro di Colle San Marco mentre dà l'allarme per la scomparsa della moglie, sempre secondo l'accusa, sono quelli che indossava sotto la tuta fatta sparire. Perchè quel lunedì 18 aprile il caporal maggiore doveva andare a correre, così come faceva tutte le volte che era libero: un'occasione che per l'uomo significava poter chiamare l'amante Ludovica con il telefonino segreto che nascondeva in macchina. Ma quel giorno, appena rientrati a casa dopo la visita medica, Melania chiede al marito di andare a fare una passeggiata vista la giornata di sole. Tra le 14.10 e le 14.15, quando la famiglia esce di casa, secondo inquirenti e investigatori Parolisi indossa i pantaloncini e la maglietta sotto la tuta. Di cui si disfa dopo aver ucciso la moglie. Anche le scarpe spariscono. E, sempre secondo l'accusa, sono proprio di quelle scarpe le impronte di sangue lasciate sulle assi di legno del casotto del bosco di Ripe. Il sangue è quello di Melania, quindi appartengono alle scarpe calzate dall'assassino che si è mosso in quel posto nei minuti successivi al fatto quando il sangue non si era ancora rappreso.

L'ATTESA. Venerdì la richiesta di giudizio immediato è stata trasmessa all'ufficio del gip che deve decidere entro cinque giorni dal ricevimento (anche se non si tratta di un termine perentorio). I due reati e le quattro aggravanti contestati nel provvedimento sono da ergastolo: omicidio aggravato dal fatto di averlo commesso sul coniuge e dalla minorata difesa della vittima; vilipendio e deturpamento di cadavere. Niente premeditazione, niente concorso: scompare l'ombra del complice che torna a deturpare il corpo della vittima con la svastica e la siringa. Per gli inquirenti è stato Parolisi a tornare sul luogo del delitto a deturpare il cadavere della donna per, scrivono nella richiesta il procuratore Gabriele Ferretti e i sostituti Rosati e Aloisi, «conseguire l'impunità dal delitto di omicidio pluriaggravato, tentando di depistare le indagini mediante l'inserimento sul luogo del delitto di elementi di confondimento». E non solo. Parolisi, scrivono ancora i magistrati nella richiesta di giudizio immediato «ha agito con crudeltà consistita nel proseguire nell'azione lesiva anche quando la donna, ancora cosciente, era incapace di difendersi a seguito dei colpi ricevuti e nell'infierire sul suo corpo».

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