Melania, cambiano il movente e la ricostruzione dei fatti
Il gup Tommolini: «Parolisi uccide perché lei gli nega un rapporto sessuale e perché era frustrato da una moglie dominante; prima di Ripe la famiglia va a Colle San Marco». Sorpresi gli avvocati
TERAMO. Un rapporto sessuale negato come causa scatenante del raptus omicida, una ricostruzione delle ultime ore di Melania che contempla un breve passaggio a Colle San Marco prima del terribile finale di Ripe di Civitella. Le sorprese, nella tragica vicenda di Melania Rea, non finiscono mai. Il deposito delle motivazioni dell’ergastolo inflitto a Salvatore Parolisi in primo grado dal gup Marina Tommolini, infatti, spariglia di nuovo le carte in tavola e lascia sconcertati un po’ tutti: osservatori neutrali e parti in causa.
Il movente. Il giudice ipotizza un movente diverso da quelli ipotizzati sia dai due suoi colleghi gip che avevano ordinato la custodia cautelare per l’imputato, sia dal tribunale del riesame che aveva confermato quella misura, sia dai magistrati della pubblica accusa. Melania non sarebbe stata uccisa perché Parolisi, innamorato di un’altra, non aveva il coraggio, per diversi motivi, di lasciare la moglie e anzi vedeva la separazione come un evento rovinoso. No, secondo Marina Tommolini Parolisi uccide la moglie perché lei gli nega un rapporto sessuale nella pineta di Ripe. L’ennesimo schiaffo subito da un uomo che secondo il giudice è sprofondato da tempo nella frustrazione perché Melania, scoperti i suoi tradimenti, lo umilia in ogni modo. Il Parolisi dipinto dal gup è un uomo debole, diventato succube della moglie. Il passaggio chiave è: «Si tratta di un delitto d’impeto che nulla ha a che vedere con amanti o segreti di caserma, ma che è maturato nell’enorme frustrazione vissuta dal Parolisi nell’ambito di un rapporto divenuto impari per la figura ormai “dominante” di Melania».
La ricostruzione. Il gup ricostruisce in sintesi così quel tragico pomeriggio del 18 aprile 2011, discostandosi non poco dalla cronologia fornita dall’accusa e anzi cercando di rendere compatibile il racconto con le obiezioni della difesa. Dopo pranzo la famiglia Parolisi si dirige in auto a Colle San Marco per una breve gita, e intorno alle 14.40 viene vista dal titolare del chiosco-bar del Colle Alfredo Ranelli (testimonianza valutata poco attendibile dall’accusa e invece determinante dalla difesa). Ma Melania, secondo il gup, giudica sporche e pericolose le altalene su cui viene fatta dondolare la figlia e propone subito di andare a Ripe, curiosa di conoscere i luoghi in cui il marito addestra le reclute. I tre giungono nella pineta di Ripe intorno alle 15, Melania deve urinare e per questo si abbassa i collant e gli slip. Quando Parolisi la vede seminuda si eccita, la bacia e le chiede un rapporto sessuale che lei gli nega, insultandolo. A quel punto il marito, che secondo il giudice si era munito di un coltello a serramanico «forse per cercare un albero della cuccagna da portare alla suocera o forse per tagliare un qualcosa da mangiare», perde la testa e la colpisce. La ricostruzione appare suggestiva ma comporta una serie di supposizioni che poco hanno a che vedere con gli elementi di fatto. Ad esempio, il gup suppone che le telefonate a vuoto dell’amica di Melania siano arrivate quando la vittima era in auto tra Colle San Marco e Ripe, e non hanno risposta «forse perché c’era la musica in auto o forse perché aveva disinserito la suoneria per far addormentare la figlia, dandole il cellulare per giocarci». In realtà Marina Tommolini sembra basarsi soprattutto sull’analisi psicologica dell’imputato, che agli inquirenti e ai conoscenti dà spesso delle mezze verità poi virate in bugie. Il fatto che Parolisi avesse parlato di un rapporto sessuale avvenuto tempo prima con la moglie nella pineta di Ripe e avesse rivelato a un parente che Melania il 18 aprile si era negata sessualmente conforta in tal senso il giudice, che dice: «Tale ricostruzione è stata resa possibile dallo stesso Parolisi che, pur essendo bugiardo, non ha avuto il tempo di proporre una tesi del tutto avulsa da quanto effettivamente verificatosi e, con la propria condotta e le proprie dichiarazioni, l’ha inconsapevolmente e gradatamente fatta trasparire».
Le reazioni. I difensori di Parolisi, Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, preferiscono non commentare e rimandano a una prossima conferenza stampa, ma appaiono sorpresi. Il legale di parte civile, Mauro Gionni, dice qualcosa in più: «Se devo cogliere un lato positivo, questa sentenza fornisce una ricostruzione dei fatti persino compatibile con le obiezioni della difesa e quindi rafforza ancor di più il teorema accusatorio. Tuttavia credo potesse essere una delle ricostruzioni possibili, non l’unica. Io rimango convinto della ricostruzione originaria, che non prevede il passaggio a Colle San Marco». Gionni appare ancor più sorpreso dei legali di parte avversa, ma evita ulteriori commenti.
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