Mo.Te, condannati Ruscitti e la società

22 Novembre 2024

Scelto il rito abbreviato: 2 mesi all’ex amministratore, pagamento di cento quote per l’azienda. Scattano le confische

TERAMO. Una sentenza di condanna per il Mo.Te e per l’ex amministratore della società pubblica Ermanno Ruscitti chiude (in primo grado) l’inchiesta sull’utilizzo di fondi regionali. Sia Ruscitti, indagato per il reato di malversazione di erogazioni pubbliche, sia il Mo. Te, a cui è stata contestata la responsabilità amministrativa degli enti, hanno scelto il rito abbreviato.
Ieri il giudice Lorenzo Prudenzano ha emesso sentenza di condanna a due mesi e venti giorni per Ruscitti e di pagamento di 100 quote (del valore di cento euro l’una) per il Mo.Te., la società per azioni a capitale pubblico che si occupa della gestione rifiuti di cui il Comune di Teramo è azionista di maggioranza e che è al centro di un progetto di fusione con Teramo ambiente. Il pm Stefano Giovagnoni, titolare del fascicolo, aveva chiesto 4 mesi per Ruscitti.
Secondo la Procura (indagini delegate alla guardia di finanza) la società all’epoca in cui era amministrata da Ruscitti dopo aver ricevuto dalla Regione un contributo pubblico di circa un milione ne avrebbe usato 700mila euro per ripianare debiti della stessa società e pagare gli stipendi dei dipendenti anziché usarli per la destinazione prevista, ovvero la costruzione di una piattaforma ecologica per il trattamento imballaggi. E su questo aspetto, nei documenti depositati al giudice, le difese hanno presentato una proroga di un anno concessa dalla Regione per realizzare la piattaforma.
Il giudice, inoltre, ha disposto la confisca dei beni sequestrati in due occasioni sia a Ruscitti sia al Mo.Te, argomento sul quale in passato c’è stata una battaglia a colpi di reclami in cui è intervenuta anche la Cassazione nell’accogliere il ricorso fatto dalla Procura contro il provvedimento con cui il tribunale del Riesame aveva disposto il dissequestro di immobili per Ruscitti. Decisione, quella del Riesame, che dopo il deposito delle motivazioni era stata impugnata con un ricorso firmato dal procuratore Ettore Picardi e da Giovagnoni nel quale, traendo linfa da numerosi pronunciamenti degli Ermellini, la Procura si era concentrata sul principio giuridico di profitto sottolineando, a questo proposito, l’uso di fondi destinati a finalità diverse da quelle per cui sono stati assegnati.
E di recente, proprio così come stabilito dalla Cassazione, la Procura ha nuovamente disposto il sequestro di 40mila sui conti della società. «Anche nel caso in cui il profitto del reato sia costituito dall’indebito utilizzo di una provvista di denaro erogata in favore di un ente giuridico», si legge nelle motivazioni della Cassazione nel provvedimento di accoglimento del ricorso della Procura, «tali somme di denaro possono senz’altro essere confiscate direttamente nei confronti dell’ente giuridico che ne abbia beneficiato in conseguenza del reato commesso dall’amministratore». Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Gennaro Lettieri, Guglielmo Marconi e Alessandra Striglioni Ne’ Tori. Le difese, una volta lette le motivazioni, si riservano il ricorso in appello.
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