Morì a 43 anni in sala operatoria: nessun processo per 11 indagati
Il caso di Nadia De Prophetis: il giudice respinge l’opposizione contro l’archiviazione dell’inchiesta. L’avvocato dei familiari della donna: «Le cause restano un mistero, noi andiamo avanti»
TERAMO. Non c’è stata responsabilità medica per la morte di Nadia De Prophetis (nella foto in basso), la donna di 43 anni di Arsita deceduta nel 2019 in una sala operatoria dell’ospedale di Teramo.
Il gip Lorenzo Prudenzano, con una corposa e dettagliata ordinanza, ha disposto l’archiviazione con la formula del fatto non sussiste per gli undici indagati, tra medici e operatori sanitario di vario genere, respingendo l’opposizione presentata dai familiari della donna. Alla donna era stata diagnosticata una stenosi del piloro, cioè un restringimento della valvola posta fra lo stomaco e il duodeno. Una patologia che era stata trattata in endoscopia all’ospedale di Atri. Ma successivamente il quadro clinico si era complicato per una fissurazione del piloro, per cui sempre ad Atri la paziente era stata operata. L’intervento non era stato risolutivo e per questo la donna si era rivolta all’ospedale di Teramo. Gli indagati erano Carmelo Barbera, direttore del reparto di gastroenterologia, Gabriele Cacciatore, Anita Chiavaroli, MariaCristina Ciccarelli, Ettore Colangelo, Marialuisa Delle Curti, Renato Di Marco, Silvio Palermo, Giovanni Rapacchia, Sara Sorgentone e Alfredo Torretta.
Scrive il gip: «Gli elementi di prova acquisiti non consentono di formulare, in vista del dibattimento, una ragionevole previsione di condanna a carico degli indagati, vuoi per l’assenza palese di profili colposi a carico di gran parte di essi, vuoi per la pesante incertezza in ordine alla ricorrenza di profili di imperizia. Incertezza, quest’ultima non superabile attraverso approfondimenti istruttori».
Così l’avvocato Wania Della Vigna che rappresenta i familiari della donna che hanno presentato opposizione alla richiesta di archiviazione fatta dalla Procura: «Nadia De Prophetis è deceduta in una sala operatoria dell’ospedale di Teramo il 17 gennaio 2019 dopo essere stata ricoverata nell’ospedale di Atri per dolori addominali con vomito in data 26 dicembre 2018. A tutt’oggi non conosciamo le cause della morte poiché non emergono dalla consulenza tecnica della Procura. I familiari si sono rivolti a Luigi Cipolloni, docente di medicina legale all’università di Roma, chiedendo un parere medico legale risultante dagli atti sanitari. Quest’ultimo ha individuato con estrema precisione le cause del decesso tanto che il gip esaminando l’opposizione ha ritenuto di disporre l’imputazione coatta a cui ha fatto seguito il rinvio a giudizio. Rilevandosi un difetto di notifica, il successivo gip ha ritenuto infondate e non convincenti le valutazioni del professor Cipolloni (in quanto non sorrette da prove) e ha disposto l’archiviazione. La morte di Nadia è tutt’ora un mistero. I familiari certamente non si rassegnano e continueranno a battersi in tutte le sedi per ottenere verità e giustizia».
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