Omicidio Rea, primo giorno d'Appello Il pg: l'ergastolo a Parolisi va confermato
Il procuratore generale Como ha confermato la richiesta di ergastolo, pur indicando la necessità di rimodulare le motivazioni che hanno portato alla sentenza di primo grado. Sul banco degli imputati, per l'omicidio di Melania rea, il marito Salvatore Parolisi: è stato quasi dieci ore in aula
L'AQUILA. Una giornata molto intensa, quella che ha segnato l'avvio del processo d'appello per l'omicidio di Melania Rea, massacrata il 18 aprile 2011 con 35 coltellate nel bosco di Ripe di Civitella. Sul banco degli imputati - per quasi dieci ore - il marito, l'ex caporalmaggiore Salvatore Parolisi condannato in primo grado all'ergastolo. All' esterno del tribunale aquilano un notevole schieramento di forze dell'ordine. Con Parolisi gli avvocati Valter Biscotti e Nicodemo Gentile che ne hanno seguito fin qui l'iter giudiziario, insieme a Federica Benguardato. Presenti anche alcuni componenti della famiglia della ragazza assassinata, tra cui il fratello, Michele Rea. «Come dico sempre purtroppo sulle motivazioni ognuno di noi la può pensare diversamente», ha spiegato quest'ultimo prima di entrare in aula.
LA RICHIESTA DEL PG. Il procuratore generale Romolo Como, davanti alla corte d'assise d'appello ha confermato la richiesta di ergastolo per Salvatore Parolisi, sostenuta dall'impianto accusatorio. Le motivazioni della sentenza però, ha fatto capire il procuratore, andranno rimodulate. Domani la parola alla difesa e lunedì è prevista la sentenza.
LA FAMIGLIA DI REA. «Non dimentichiamoci che c'è una condanna all'ergastolo, poi ognuno può farsi la propria idea. Il problema è che tutto porta a lui, come la giriamo la giriamo la frittata però purtroppo tutto porta a lui. Vogliamo la verità e la giustizia», ha ribadito. Sul fatto che Parolisi si sia sempre proclamato innocente, ha aggiunto: «Non ho mai visto nessun assassino che dica sono stato io, lui si sta difendendo e penso che lo farà sempre. Siamo convinti della sua colpevolezza».
«Si apre un processo d'Appello all'insegna della richiesta forte alla corte di un processo sereno ed equilibrato, senza deriva emotiva»: lo ha detto il legale di Parolisi Nicodemo Gentile prima dell'udienza all'Aquila in Appello. «Chiediamo una discussione pacata, di tutti gli elementi attraverso una rivisitazione di tutti i passaggi, le testimonianze, le perizie, le consulenze, perché, sinceramente l'approccio del primo giudice è stato emotivo».
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Mauro Gionni, legale della famiglia Rea (parte civile del processo) ha invece ribattuto che «ascoltiamo l'inizio del lavori, ci sarà una relazione poi l'intervento della Procura Generale. Si tratta di vedere se tutto si farà oggi o come plausibile, più ragionevolmente in qualche altro giorno della settimana o della prossima. Ma credo non ci saranno sorprese», ha continuato, «perché da un rito abbreviato sono state avanzate richieste di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale. Queste cose sono nella disponibilità dei giudici come lo erano in primo grado. Quindi l'ufficio può farle, quindi sono cose già discusse e non credo saranno accolte».
LA DIFESA. «Si apre un processo d'Appello all'insegna della richiesta forte alla corte di un processo sereno ed equilibrato, senza deriva emotiva»: lo ha detto il legale di Parolisi Nicodemo Gentile prima dell'udienza all'Aquila in Appello. «Chiediamo una discussione pacata, di tutti gli elementi attraverso una rivisitazione di tutti i passaggi, le testimonianze, le perizie, le consulenze, perché, sinceramente l'approccio del primo giudice è stato emotivo».
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«SONO INNOCENTE». «Sono innocente, questa volta mi devono credere perchè io voglio rivedere mia figlia». Salvatore Parolisi guarda il suo futuro di padre da sbarre e spioncini. Nella sala colloqui del carcere di Teramo stringe le mani dei suoi legali e avverte la forza d’urto dell’abisso in cui è precipitato. «E’ consapevole di tutto quello che può succedere», dice l’avvocato Federica Benguardato, «ma è fiducioso». Nel giorno in cui la condanna all’ergastolo per il delitto della moglie Melania Rea affronta il banco dell’Appello, l’ex caporal maggiore spera che quel «da capo» possa cancellare il peso del fine pena mai stabilito in primo grado. Condannato per omicidio pluriaggravato e vilipendio di cadavere, Parolisi dal 20 aprile del 2011 è nel ventre di un delitto diventato caso nazionale, una vicenda tanto oscura quanto straziante. «Prossimamente farà dichiarazioni spontanee» dice l’avvocato Benguardato, «il suo pensiero è sempre per la figlia che sente ogni settimana per telefono». La sentenza di primo grado gli ha revocato la potestà genitoriale della bambina, ma lui ha fatto istanza al tribunale dei minori perchè la vuole vedere. La prima udienza è stata fissata a gennaio. Ma l’Appello può rimettere tutto in discussione.Il caporal maggiore sa che un omicidio è un caso chiuso solo con una sentenza di condanna definitiva. E allora davanti agli otto giudici della Corte d’Assise d’Appello (i due togati e i sei popolari) oggi inizia un altro scontro tra difesa e accusa.
IL DIBATTITO IN AULA. Per i legali di Parolisi il quadro probatorio emerso in primo grado è un castello di congetture ipotetiche e fantastiche culminate con le motivazioni di una sentenza «senza senso», per la pubblica accusa un solido impianto innalzato su attività investigative, testimonianze e collegamenti di eventi: il tutto secondo un procedimento che parte da una intuizione e cerca la conferma mediante un ragionamento logico deduttivo. Perchè quello a Parolisi è un processo indiziario. Per la procura l’assassino è il marito di Melania: è lui che ha ucciso la donna nel bosco di Ripe e poi due giorni dopo è tornato a incidere segni sul suo corpo per depistare le indagini. Un delitto d’impeto – un raptus per un rapporto sessuale negato si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado arrivata al termine di un rito abbreviato affidato al giudice Marina Tommolini – per un uomo che aveva detto all’amante che si stava separando e che in quei giorni l’avrebbe raggiunta per conoscere i suoi genitori. E ancora. Sulla bocca di Melania c’è il Dna di Parolisi: questo, per l’accusa, significa che è stata l’ultima persona ad averla vista viva. Ma per la difesa non è Parolisi l’assassino di Melania. Non c’è nessuna certezza, perchè non c’è nessuna certezza scientifica sull’ora della morte. Nessuna macchia di sangue sull’auto, sui vestiti di Parolisi. Nessuna certezza sulla presenza del caporal maggiore nel bosco di Ripe il 18 aprile del 2011. La sorella Francesca lo difende in tv e dice: «è innocente, non c’entra niente». La Cassazione ha più volte chiarito che la prova indiziaria deve consentire la ricostruzione del fatto e delle relative responsabilità in termini di certezza tali da escludere la prospettabilità di ogni altra ragionevole soluzione. Oltre ogni ragionevole dubbio. Oggi in aula la parola alla pubblica accusa e alle parti civili. Venerdì la parola alla difesa. Lunedì la sentenza.
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