Alla scoperta di pomotata e patanzana

19 Gennaio 2010

Viaggio nei laboratori dell’Istituto di agraria dove nascono le invenzioni dell’orto.

AVEZZANO. In un domani non lontano, forse, arriverà la pianta-minestrone. Per ora ci sono la «pomotata», quella che fa crescere contemporaneamente pomodori e patate, la «patanzana», metà melanzana e metà patata, il «carozzemolo», carota e prezzemolo. Sono i frutti della genetica e di una passione coltivata all’Istituto per l’agricoltura di Avezzano. Una scuola modello che guarda al futuro.
In questo laboratorio che sembra lo stanzone di un ospedale ci sono provette, bisturi, microscopi e cappe sterili. Non ci sono cattedre, libri e lavagne. Questo è il laboratorio di Micropropagazione ed è qui che nascono le piante del futuro e gli studenti apprendono Biologia, Microbiologia e Biotecnologia.

Ed è qui, nello stanzone dell’Istituto professionale per l’agricoltura a Caruscino, che nascono le «bizzarrie» dell’orto. Gli inventori si chiamano Maria Antonietta Milanese e Lido Di Cioccio, ma dietro la loro passione c’è tutta una scuola. A loro si deve la nascita della «pomotata», della «patanzana» o del «carozzemolo». Più ortaggi cresciuti da un’unica pianta. Ma come si fa? Il tutto nasce in provetta, coltivato in un gel formato da azoto, fosforo, calcio, molibdeno, manganese, magnesio, ormoni e vitamine. Sostanze per la vita. «Si prelevano cellule meristematiche o microtalee da una pianta madre», spiega la professoressa Milanese, «tutte le piante del mondo possono essere micropropagate. Le cellule hanno una riproduzione velocissima e sono virus esenti.

Attraverso la clonazione in un mese si sviluppano uno o più germogli. Vengono ridivisi sotto una cappa sterile che elimina batteri e sporie. Poi si rimettono in provetta le microtalee (se ne ottengono migliaia, ndr) e si arriva alla pianta vera e propria attraverso un nuovo substrato. La pianta ottenuta in provetta si porta in serra e si fa ambientare in un terreno naturale particolarmente soffice, in opportune condizioni di luce, temperatura e umidità». Ma all’istituto Serpieri si è fatto anche di più. Sono stati sperimentati, forse per la prima volta al mondo in una scuola, i microinnesti erbacei. «Gli innesti si fanno con le piante», evidenzia Di Cioccio, «ci siamo detti: perché non farli anche con le piante? Abbiamo scelto la famiglia delle Solanacee, che comprende patate e pomodori.

Con la micropropagazione abbiamo ottenuto i due ortaggi. Con la tecnica dell’innesto a spacco è stata inserita la pianta di pomodoro nel germoglio della patata. Le due parti si sono saldate, senza rigetto, e abbiamo avuto il contemporaneo sviluppo di pomodori e patate. Li abbiamo anche assaggiati, scoprendo che il sapore non aveva subìto modifiche». Un ultimo chiarimento. «Non si tratta di piante geneticamente modificate, ma di un lavoro fatto per mantenere le biodiversità», ricorda Di Cioccio. Si scopre così che al Serpieri esiste anche una banca del germoplasma. Una cassaforte della natura per conservare piante che stanno scomparendo. Come la lontana patata del Tibet o il più vicino sorbo marsicano.