Autovelox a Canzano, indagato il sindaco
Il pm: è abuso per le 12mila multe. Avvisi anche a due assessori e al vigile
TERAMO. Multe di Canzano: quattro avvisi di garanzia fanno decollare l’inchiesta della procura. Sono arrivati al sindaco Francesco Di Marco, al vice sindaco Katia Pompetti, all’ex assessore Luciano Cioci e al comandante dei vigili urbani Roberto Piersanti. Gli amministratori, all’epoca firmatari della delibera di assegnazione del tanto contestato autovelox, sono accusati di abuso d’ufficio, mentre il comandante deve rispondere anche di falso in atto pubblico. Restano fuori, almeno per ora, i rappresentanti della società privata - la campana Sercom - a cui il Comune si era affidato per gli autovelox.
LA GESTIONE. I fatti contestati si riferiscono ad un periodo compreso tra il 7 agosto del 2008, data in cui l’autovelox ha cominciato a funzionare, e il 5 giugno 2009, ultimo giorno di amministrazione della giunta Di Marco prima delle elezioni comunali che hanno riconfermato il sindaco uscente (e, con lui, la sua vice Pompetti). Secondo le accuse formulate dal sostituto procuratore David Mancini, titolare del caso col procuratore Gabriele Ferretti, gli amministratori avrebbero affidato la gestione dell’apparecchio esclusivamente a privati, mentre il codice della strada stabilisce che a svolgere questo tipo di attività debbano essere forze di polizia. Ma la procura mette sotto accusa anche un altro aspetto: quello economico. Nel contratto stilato tra l’ente pubblico e la società privata si farebbe riferimento ad un principio che, in sintesi, è: più multe, più incassi. Anche questo è contro la normativa.
I VERBALI. Un capitolo a parte la procura lo riserva alla questione dei verbali, esattamente 12.089. Secondo l’accusa tutti i dati dei multati venivano inoltrati dal Comune per via telematica ad una società veneta che poi provvedeva ad inviare a destinazione i verbali di contravvenzione. Questo senza che l’agente di polizia municipale firmatario dell’atto pubblico avesse mai visto il documento. Di qui l’accusa di falso.
LA STORIA. Quando il caso è esploso e sono cominciati a fioccare i ricorsi (finora quasi tutti accolti) a prefetto e giudice di pace, la prefettura ha avviato un’indagine amministrativa. Accertato che quell’autovelox si trovava in un punto della statale 150 considerato centro abitato, il prefetto ha prima fatto spegnere l’apparecchio e poi annullato tutte le multe. Le norme, infatti, prevedono che in centro abitato non si possa fare attività di autovelox se non con la presenza degli agenti e la contestazione immediata dell’infrazione. Il Comune, però, non ci sta. Contro l’annullamento dei verbali ha proposto un ricorso al Tar che nel merito dev’essere ancora discusso.
LA GESTIONE. I fatti contestati si riferiscono ad un periodo compreso tra il 7 agosto del 2008, data in cui l’autovelox ha cominciato a funzionare, e il 5 giugno 2009, ultimo giorno di amministrazione della giunta Di Marco prima delle elezioni comunali che hanno riconfermato il sindaco uscente (e, con lui, la sua vice Pompetti). Secondo le accuse formulate dal sostituto procuratore David Mancini, titolare del caso col procuratore Gabriele Ferretti, gli amministratori avrebbero affidato la gestione dell’apparecchio esclusivamente a privati, mentre il codice della strada stabilisce che a svolgere questo tipo di attività debbano essere forze di polizia. Ma la procura mette sotto accusa anche un altro aspetto: quello economico. Nel contratto stilato tra l’ente pubblico e la società privata si farebbe riferimento ad un principio che, in sintesi, è: più multe, più incassi. Anche questo è contro la normativa.
I VERBALI. Un capitolo a parte la procura lo riserva alla questione dei verbali, esattamente 12.089. Secondo l’accusa tutti i dati dei multati venivano inoltrati dal Comune per via telematica ad una società veneta che poi provvedeva ad inviare a destinazione i verbali di contravvenzione. Questo senza che l’agente di polizia municipale firmatario dell’atto pubblico avesse mai visto il documento. Di qui l’accusa di falso.
LA STORIA. Quando il caso è esploso e sono cominciati a fioccare i ricorsi (finora quasi tutti accolti) a prefetto e giudice di pace, la prefettura ha avviato un’indagine amministrativa. Accertato che quell’autovelox si trovava in un punto della statale 150 considerato centro abitato, il prefetto ha prima fatto spegnere l’apparecchio e poi annullato tutte le multe. Le norme, infatti, prevedono che in centro abitato non si possa fare attività di autovelox se non con la presenza degli agenti e la contestazione immediata dell’infrazione. Il Comune, però, non ci sta. Contro l’annullamento dei verbali ha proposto un ricorso al Tar che nel merito dev’essere ancora discusso.