Campotosto, i sogni spezzati dal sisma
Forti timori per la stagione turistica, ma c’è voglia di rinascere e non mollare.
CAMPOTOSTO. Nel giorno della protesta a Roma contro il decreto del governo che di fatto non garantisce la ricostruzione post-sisma dell’Aquila e circondario sono salito a Campotosto. Salire è la parola giusta perché una volta arrivato nel paese del lago artificiale fra i più grandi d’Europa (che alimenta una centrale idroelettrica), ci si trova a quota 1400 metri. Nel silenzio di un ambiente mozzafiato si scoprono piccoli e grandi danni del terremoto.
Il terremoto ha distrutto vite e fatto crollare case. Ma nella notte del sei aprile e nei giorni seguenti (a Campotosto la scossa che ha fatto più male è stata quella del 9) sono stati spezzati anche tanti sogni. Piccoli ma belli. Nella piazzetta del paese (il Comune si divide fra “capoluogo” e tre frazioni: Ortolano, Poggio Cancelli e Mascioni) mi aspetta Assunta Perilli. E’ una giovane che ha avuto il coraggio di non abbandonare il suo borgo. E dopo il terremoto ha deciso che restare più che un dovere fosse una missione. Il suo piccolo sogno, infranto ma solo per ora, è quello di realizzare un museo della tessitura. Sì, sembra incredibile, ma c’è una ragazza che lavora al telaio come le donne di 100 anni fa.
Mi porta subito nel suo piccolo regno: una stanzetta dove c’è tutto quello che serve per realizzare coperte, lenzuola e quant’altro. Mi parla delle sue nonnette, tanto che mi viene spontaneo chiedergli: scusa ma quante ce ne hai? Scopro che per lei le nonnette sono tutte le donne più anziane del paese. Sono loro che le hanno insegnato l’arte della tessitura. Sono loro che durante lunghi pomeriggi invernali le hanno raccontato la vita grama di altri tempi. Anche del terremoto del 1950, quando fu distrutta la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta. Fu ricostruita. Adesso è di nuovo lesionata. Si trova a fianco dell’edificio che ospita il Comune. Sulla porta del municipio c’è un cartello che indica che è inagibile.
Gli uffici per il pubblico sono stati spostati in due container in via Roma. Ma nella sede principale c’è un’altra donna battagliera e che sfida la paura: Giovanna De Angelis. E’ il vicesindaco. Mi fornisce un dato: ci sono trecento abitazioni (in tutto il territorio comunale) dove non si può rientrare. La gran parte avrà bisogno di lavori più o meno importanti, ma una ottantina corrono il rischio di essere abbattute. Assunta mi fa vedere la casa che ha comprato per farne un museo-laboratorio per la tessitura e mi dice, decisa: questa non la faccio abbattere, la ristrutturo io mattone per mattone. E’ il suo obiettivo di una vita e non vuole arrendersi: sembra fragile ma dentro è una combattente. Lo erano e lo sono anche le sue nonnette.
Una di loro le ha raccontato che nel 1950 quando il sisma terrorizzò gli abitanti di Campotosto era quasi inverno. Furono realizzate delle casette con la paglia per poter dormire all’aperto: «Eh, ragazza mia, chi te la dava allora la protezione civile, mo ti portano anche il mangiare». Un’altra vuole tornare subito a casa, anche se è lesionata: «Facciamo come 60 anni fa, diamo una “ripittata” e la casa torna come nuova». Assunta le spiega che non è così semplice ma viene colpita da tanta naturalezza che sfiora l’ingenuità. A luglio ci sarà la festa della Madonna del Miracolo.
Tutto nasce dalla leggenda di una donna muta che un giorno ha una apparizione. La Vergine disegna con la neve (era piena estate) il perimetro della chiesa che vuole che sia dedicata a lei. La donna senza voce va dallo zio prete e gli fa capire in qualche modo qual è la richiesta. E nasce la chiesa a cui è legata una grande devozione. La preoccupazione fino a qualche giorno fa era che non si potesse fare la tradizionale processione. E’ stato l’arcivescovo Giuseppe Molinari in persona a recarsi a Campotosto e a rassicurare i fedeli che tutto si svolgerà regolarmente anche se il corteo non potrà passare per la parte alta del paese, quella dove ci sono più danni.
Giovanna, il vicesindaco, è preoccupata soprattutto per il turismo. Normalmente i residenti sono poche centinaia. D’estate sono migliaia. Il fenomeno delle seconde case, come in tutti i paesi dell’Aquilano, finora aveva rappresentato una spinta economica fondamentale. Se non ci saranno i soldi per ricostruirle sarà un altro funerale. Di Stato anche quello. Proprio all’ingresso della piazza c’è un ristorante. Si chiama il “Barilotto”, è chiuso perché la scossa ha fatto un bel po’ di danni. Di solito è la località che attrae i turisti e fa la fortuna dei locali. «Nel nostro caso» dice Giovanna De Angelis «c’era tanta gente che veniva a Campotosto proprio per il Barilotto. Il terremoto ha fatto un doppio danno, per l’imprenditore ma anche per il paese più in generale, faremo il possibile per farlo riaprire subito».
Le case sembrano tutte in piedi ma dentro molte sono devastate. Assunta mi porta a vedere l’unico crollo che si vede dall’esterno. Ride quando ricorda che alcuni operatori televisivi non avendo altro da riprendere si sono «accaniti» su quelle macerie. Tra l’altro di una casa disabitata da anni. Guardo il lago. La giornata è stupenda. Di gente in giro ne vedo poca. La mia accompagnatrice sfata un mito: non è vero che sotto il lago c’è una chiesa e che quando il livello dell’acqua si abbassa si vede il campanile. Peccato. Dopo il terremoto servono anche le leggende. Per continuare a sperare.
Il terremoto ha distrutto vite e fatto crollare case. Ma nella notte del sei aprile e nei giorni seguenti (a Campotosto la scossa che ha fatto più male è stata quella del 9) sono stati spezzati anche tanti sogni. Piccoli ma belli. Nella piazzetta del paese (il Comune si divide fra “capoluogo” e tre frazioni: Ortolano, Poggio Cancelli e Mascioni) mi aspetta Assunta Perilli. E’ una giovane che ha avuto il coraggio di non abbandonare il suo borgo. E dopo il terremoto ha deciso che restare più che un dovere fosse una missione. Il suo piccolo sogno, infranto ma solo per ora, è quello di realizzare un museo della tessitura. Sì, sembra incredibile, ma c’è una ragazza che lavora al telaio come le donne di 100 anni fa.
Mi porta subito nel suo piccolo regno: una stanzetta dove c’è tutto quello che serve per realizzare coperte, lenzuola e quant’altro. Mi parla delle sue nonnette, tanto che mi viene spontaneo chiedergli: scusa ma quante ce ne hai? Scopro che per lei le nonnette sono tutte le donne più anziane del paese. Sono loro che le hanno insegnato l’arte della tessitura. Sono loro che durante lunghi pomeriggi invernali le hanno raccontato la vita grama di altri tempi. Anche del terremoto del 1950, quando fu distrutta la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta. Fu ricostruita. Adesso è di nuovo lesionata. Si trova a fianco dell’edificio che ospita il Comune. Sulla porta del municipio c’è un cartello che indica che è inagibile.
Gli uffici per il pubblico sono stati spostati in due container in via Roma. Ma nella sede principale c’è un’altra donna battagliera e che sfida la paura: Giovanna De Angelis. E’ il vicesindaco. Mi fornisce un dato: ci sono trecento abitazioni (in tutto il territorio comunale) dove non si può rientrare. La gran parte avrà bisogno di lavori più o meno importanti, ma una ottantina corrono il rischio di essere abbattute. Assunta mi fa vedere la casa che ha comprato per farne un museo-laboratorio per la tessitura e mi dice, decisa: questa non la faccio abbattere, la ristrutturo io mattone per mattone. E’ il suo obiettivo di una vita e non vuole arrendersi: sembra fragile ma dentro è una combattente. Lo erano e lo sono anche le sue nonnette.
Una di loro le ha raccontato che nel 1950 quando il sisma terrorizzò gli abitanti di Campotosto era quasi inverno. Furono realizzate delle casette con la paglia per poter dormire all’aperto: «Eh, ragazza mia, chi te la dava allora la protezione civile, mo ti portano anche il mangiare». Un’altra vuole tornare subito a casa, anche se è lesionata: «Facciamo come 60 anni fa, diamo una “ripittata” e la casa torna come nuova». Assunta le spiega che non è così semplice ma viene colpita da tanta naturalezza che sfiora l’ingenuità. A luglio ci sarà la festa della Madonna del Miracolo.
Tutto nasce dalla leggenda di una donna muta che un giorno ha una apparizione. La Vergine disegna con la neve (era piena estate) il perimetro della chiesa che vuole che sia dedicata a lei. La donna senza voce va dallo zio prete e gli fa capire in qualche modo qual è la richiesta. E nasce la chiesa a cui è legata una grande devozione. La preoccupazione fino a qualche giorno fa era che non si potesse fare la tradizionale processione. E’ stato l’arcivescovo Giuseppe Molinari in persona a recarsi a Campotosto e a rassicurare i fedeli che tutto si svolgerà regolarmente anche se il corteo non potrà passare per la parte alta del paese, quella dove ci sono più danni.
Giovanna, il vicesindaco, è preoccupata soprattutto per il turismo. Normalmente i residenti sono poche centinaia. D’estate sono migliaia. Il fenomeno delle seconde case, come in tutti i paesi dell’Aquilano, finora aveva rappresentato una spinta economica fondamentale. Se non ci saranno i soldi per ricostruirle sarà un altro funerale. Di Stato anche quello. Proprio all’ingresso della piazza c’è un ristorante. Si chiama il “Barilotto”, è chiuso perché la scossa ha fatto un bel po’ di danni. Di solito è la località che attrae i turisti e fa la fortuna dei locali. «Nel nostro caso» dice Giovanna De Angelis «c’era tanta gente che veniva a Campotosto proprio per il Barilotto. Il terremoto ha fatto un doppio danno, per l’imprenditore ma anche per il paese più in generale, faremo il possibile per farlo riaprire subito».
Le case sembrano tutte in piedi ma dentro molte sono devastate. Assunta mi porta a vedere l’unico crollo che si vede dall’esterno. Ride quando ricorda che alcuni operatori televisivi non avendo altro da riprendere si sono «accaniti» su quelle macerie. Tra l’altro di una casa disabitata da anni. Guardo il lago. La giornata è stupenda. Di gente in giro ne vedo poca. La mia accompagnatrice sfata un mito: non è vero che sotto il lago c’è una chiesa e che quando il livello dell’acqua si abbassa si vede il campanile. Peccato. Dopo il terremoto servono anche le leggende. Per continuare a sperare.