Crocetti, le forme della scultura
In mostra al Colonna di Pescara le opere del grande artista abruzzese.
«Le mie idee sull’arte: sono di poca pretesa. Non ho teorie. Apprezzo e curo molto le raffinatezze della materia, perché sento che mi fa padrone della fedele espressione delle mie concezioni: ma da sola la tecnica nulla vale. Lascio che l’ispirazione dell’opera venga da sé e m’affido ad essa». Aveva 26 anni, Venanzo Crocetti, quando raccontava così se stesso e il suo mestiere di artista. Era il 1939 e, l’anno prima, aveva raggiunto uno dei maggiori traguardi dell’epoca: la sala personale alla Biennale di Venezia del 1938. Al grande scultore di Giulianova morto nel 2003 all’età di 90 anni la città di Pescara rende omaggio con una grande mostra nel Museo Colonna in piazza Primo maggio. L’esposizione, curata da Tiziana D’Acchile, è stata inaugurata il 6 novembre e resterà aperta fino a venerdì prossimo. La mostra - inigtolata Omaggio a Venanzo Crocetti - ospita 33 opere in bronzo e 22 disegni, realizzate dallo scultore abruzzese in un’arco temporale di oltre 50 di attività, in tre spazi espositivi.
L’esposizione delle opere di Crocetti nel Museo Colonna è la seconda tappa di un progetto che ha preso il via con una mostra nel Palazzo Santoro Colella a Pratola Peligna, dal 26 settembre al 26 ottobre, e che si concluderà nello Spazio monumentale dei Dioscuri al Quirinale a Roma, dove le opere dello scultore resteranno dal 2 al 21 dicembre. Venanzo Crocetti fu artista di precoce vocazione. A cinque anni - si racconta - disegnò le pareti di casa con il carbone. Una sua stringata autobiografia - ricorda Tiziana D’Acchille nel saggio pubblicato sul catalogo della mostra pescarese - è contenuta in una nota che Crocetti fece recapitare, nel 1939, al critico Ettore Cozzani perché potesse scrivere una recensione sul periodico L’Eroica. Cozzani, ricorda D’Acchille, «pubblicò in copertina la Leonessa e tracciò un ritratto di Crocetti servendosi della nota autobiografica sopra esposta, ritenendo che non ci fossero parole migliori che quelle dello stesso artista per descriverne l’opera». «Non ero portato per i giuochi e non avevo compagni», raccontava di se stesso, Crocetti, in quella nota del 1939. «I compiti di scuola erano l’ultimo mio pensiero. Mi piaceva invece molto di stare nelle botteghe degli artigiani del mio paese: e vi passavo le ore più gradite.
A dieci anni perdetti la mamma. L’anno successivo morì mio padre. Restai con una sorellina che aveva sette anni, ma che rinchiusero subito in collegio. Io rimasi in paese, solo: cinque anni! Meglio tacerne: sarebbe troppa malinconia. Cercai un lavoro qualsiasi, un lavoro con cui un ragazzo solo potesse campare: ebbi la fortuna di trovarlo nel laboratorio di restauro d’opere d’arte in Vaticano. Così, a sedici anni, mi trasferii a Roma». All’attività artistica unì quella didattica; nel 1946, a 33 anni, gli fu affidata la cattedra di scultura in seno all’Accademia di belle arti di Venezia, ereditando la cattedra del suo maestro Arturo Martini. Nel 1965 concluse il lavoro (durato alcuni anni) per la Porta dei Sacramenti nella Basilica di San Pietro in Vaticano, opera inaugurata da papa Paolo VI il 12 settembre 1965. Sulla porta è rappresentato un angelo che annuncia i sette sacramenti. Il legame con l’Abruzzo non si sciolse mai. Nella sua Giulianova realizzò nel Duomo di San Flaviano il Crocifisso bronzeo dell’altare maggiore e la grande Madonna col bambino e angeli in pietra e marmo.
A Teramo sono presenti diverse sue opere bronzee: nel parco della Banca di Teramo sono esposte numerose sculture; nel parco dei Tigli è sito il complesso scultoreo, inaugurato nel 1972, sul tema dei Caduti di tutte le guerre; in piazza Orsini è collocata, su un piedistallo, la statua dedicata alla Maternità; nella facciata posteriore del Duomo di Teramo è incastonato il bassorilievo che simula il portone di ingresso, in realtà murato. «La fortuna di Crocetti», scrivce ancora Tiziana D’Acchille nel suo saggio, «rimarrà stabile sino alla fine degli anni sessanta, quando l’orientamento generale delle arti visive in Europa subirà una decisiva sterzata a seguito dell’affermazione delle avanguardie americane e della pop art».
La mostra al Museo Colonna di Pescara, spiega la curatrice, «porta ancora una volta alcune delle più belle opere di Venanzo Crocetti all’attenzione dello sguardo dei suoi conterranei in Abruzzo, è ripercorso, in modo necessariamente succinto, il lungo cammino artistico del grande maestro di Giulianova». «Dalle prime esperienze che risentono di una certa essenzialità delle forme, mutuata dall’esperienza di Arturo Martini e Marino Marini», prosegue la D’Acchille, «la mostra si snoda con le opere della prima maturità, quelle che conferiranno alla scultura di Crocetti l’inconfondibile marchio di un linguaggio intimamente legato al classico, inteso come l’esperienza di millenni di storia dell’arte. La mostra si conclude con alcuni lavori della piena maturità». La mostra al Colonna si può visitare fino al 27 novembre, dalle 9 alle 13 e nel pomeriggio dalle 16 alle 20. Oggi (lunedì) la mostra è aperta solo dalle 16 alle 20. L’ingresso è gratuito.
L’esposizione delle opere di Crocetti nel Museo Colonna è la seconda tappa di un progetto che ha preso il via con una mostra nel Palazzo Santoro Colella a Pratola Peligna, dal 26 settembre al 26 ottobre, e che si concluderà nello Spazio monumentale dei Dioscuri al Quirinale a Roma, dove le opere dello scultore resteranno dal 2 al 21 dicembre. Venanzo Crocetti fu artista di precoce vocazione. A cinque anni - si racconta - disegnò le pareti di casa con il carbone. Una sua stringata autobiografia - ricorda Tiziana D’Acchille nel saggio pubblicato sul catalogo della mostra pescarese - è contenuta in una nota che Crocetti fece recapitare, nel 1939, al critico Ettore Cozzani perché potesse scrivere una recensione sul periodico L’Eroica. Cozzani, ricorda D’Acchille, «pubblicò in copertina la Leonessa e tracciò un ritratto di Crocetti servendosi della nota autobiografica sopra esposta, ritenendo che non ci fossero parole migliori che quelle dello stesso artista per descriverne l’opera». «Non ero portato per i giuochi e non avevo compagni», raccontava di se stesso, Crocetti, in quella nota del 1939. «I compiti di scuola erano l’ultimo mio pensiero. Mi piaceva invece molto di stare nelle botteghe degli artigiani del mio paese: e vi passavo le ore più gradite.
A dieci anni perdetti la mamma. L’anno successivo morì mio padre. Restai con una sorellina che aveva sette anni, ma che rinchiusero subito in collegio. Io rimasi in paese, solo: cinque anni! Meglio tacerne: sarebbe troppa malinconia. Cercai un lavoro qualsiasi, un lavoro con cui un ragazzo solo potesse campare: ebbi la fortuna di trovarlo nel laboratorio di restauro d’opere d’arte in Vaticano. Così, a sedici anni, mi trasferii a Roma». All’attività artistica unì quella didattica; nel 1946, a 33 anni, gli fu affidata la cattedra di scultura in seno all’Accademia di belle arti di Venezia, ereditando la cattedra del suo maestro Arturo Martini. Nel 1965 concluse il lavoro (durato alcuni anni) per la Porta dei Sacramenti nella Basilica di San Pietro in Vaticano, opera inaugurata da papa Paolo VI il 12 settembre 1965. Sulla porta è rappresentato un angelo che annuncia i sette sacramenti. Il legame con l’Abruzzo non si sciolse mai. Nella sua Giulianova realizzò nel Duomo di San Flaviano il Crocifisso bronzeo dell’altare maggiore e la grande Madonna col bambino e angeli in pietra e marmo.
A Teramo sono presenti diverse sue opere bronzee: nel parco della Banca di Teramo sono esposte numerose sculture; nel parco dei Tigli è sito il complesso scultoreo, inaugurato nel 1972, sul tema dei Caduti di tutte le guerre; in piazza Orsini è collocata, su un piedistallo, la statua dedicata alla Maternità; nella facciata posteriore del Duomo di Teramo è incastonato il bassorilievo che simula il portone di ingresso, in realtà murato. «La fortuna di Crocetti», scrivce ancora Tiziana D’Acchille nel suo saggio, «rimarrà stabile sino alla fine degli anni sessanta, quando l’orientamento generale delle arti visive in Europa subirà una decisiva sterzata a seguito dell’affermazione delle avanguardie americane e della pop art».
La mostra al Museo Colonna di Pescara, spiega la curatrice, «porta ancora una volta alcune delle più belle opere di Venanzo Crocetti all’attenzione dello sguardo dei suoi conterranei in Abruzzo, è ripercorso, in modo necessariamente succinto, il lungo cammino artistico del grande maestro di Giulianova». «Dalle prime esperienze che risentono di una certa essenzialità delle forme, mutuata dall’esperienza di Arturo Martini e Marino Marini», prosegue la D’Acchille, «la mostra si snoda con le opere della prima maturità, quelle che conferiranno alla scultura di Crocetti l’inconfondibile marchio di un linguaggio intimamente legato al classico, inteso come l’esperienza di millenni di storia dell’arte. La mostra si conclude con alcuni lavori della piena maturità». La mostra al Colonna si può visitare fino al 27 novembre, dalle 9 alle 13 e nel pomeriggio dalle 16 alle 20. Oggi (lunedì) la mostra è aperta solo dalle 16 alle 20. L’ingresso è gratuito.