Del Turco: processo in mano ad Angelini
L'avvocato dell'ex governatore, Caiazza, scrive una lettera di protesta al presidente del collegio giudicante De Santis dopo le udienze rinviate per le assenze di Angelini: "Mortificati i diritti di Del Turco"
PESCARA. «Illustre presidente De Santis, non si era mai visto un testimone dettare con tanta spudorata impudenza tempi, modi e condizioni della propria escussione: "Chiamate un medico, non mi sento bene, io vado a casa, se volete continuare venite da me" sono state le incredibili parole con le quali Angelini ha interrotto il suo esame non appena ha dovuto misurarsi con le sue contraddizioni».
Dopo cinque udienze saltate e un interrogatorio della difesa «frammentato», l'avvocato Gian Domenico Caiazza che difende l'ex presidente della Regione Ottaviano Del Turco nel processo sanità, ha affidato a quattro pagine inviate al presidente del collegio Carmelo De Santis la sua richiesta di «diritto alla difesa», il suo appello al presidente a garantire «la difesa senza più indulgenze verso le inammissibili pretese di Vincenzo Maria Angelini».
«IL MIO SCONCERTO». L'esigenza della lettera nasce, come ricorda l'avvocato del foro di Roma nell'incipit, «all'esito dell'ennesima udienza dedicata a quello che oramai dobbiamo definire il tentativo di controesame del dottor Angelini da parte della difesa di Del Turco e per cui sento la necessità e il dovere di segnalare formalmente la mia preoccupazione e il mio sconcerto di difensore impegnato in questo delicato processo».
Perché il legale è ricorso alla scrittura? La lettera arriva dopo un percorso iniziato il 14 dicembre 2011, da quando l'accusa formata dal procuratore capo Nicola Trifuoggi e dai pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli ha chiamato a testimoniare, in veste di parte offesa, il teste più importante: il grande accusatore ed ex proprietario di Villa Pini Angelini. Quel giorno, Angelini, sulla cui credibilità si fonda gran parte del processo con 27 imputati, presentò il primo certificato medico, una malattia che quella mattina venne accolta con qualche mugugno ma superata dalle deposizioni di altri testimoni chiamati dall'accusa. Ma a far accrescere il malumore dell'aula è stato l'anno nuovo, un calendario di udienze che doveva essere serrato ma che si è ritrovato dimezzato: due date sono saltate perché l'imprenditore ha deciso di porre fine al lungo sodalizio con il suo avvocato Sabatino Ciprietti sostituito dal tandem teramano formato da Sergio Menna e Iole Di Bonifacio e altre due udienze sono state rinviate per la malattia di Angelini. Certificati medici «strumentali», come disse durante un'udienza il legale di Del Turco, perché coincidevano con l'inizio delle sue domande.
«ESAME INTERROTTO». «Esprimo la mia sincera ammirazione per l'autorevolezza, il garbo e l'impegno con cui lei, presidente, sta conducendo dall'inizio questa complessa vicenda processuale», ha scritto Caiazza. «Ed è certamente a questa apprezzabile impostazione della conduzione dell'aula che si deve la considerazione di una patologia in forza della quale di fatto si consente a un teste di stabilire improvvisamente e senza obiezioni possibili quale sia il momento nel quale l'esame possa iniziare, quando debba interrompersi e quando ancora ed eventualmente riprendere». E' un altro passo della lettera, quello in cui Caiazza fa riferimento all'udienza del 30 marzo in cui Angelini arrivò in aula per testimoniare annunciando di non sentirsi bene e chiudendo la deposizione con un «non sto bene, vado a casa». Malattie che, in questi mesi, sono state accompagnate da certificati medici e da visite fiscali a casa ma che hanno dilatato i tempi del controesame spingendo il legale a rivolgersi a De Santis per chiedere «con tutta la forza della quale posso essere capace di ricondurre questa cruciale fase nei limiti dell'ortodossia processuale».
«DIFESA SMEMBRATA». Scrive ancora il legale: «Uno spettacolo inedito, strabiliante per la semplicità con la quale si va replicando sul proscenio processuale, mortificante per la dignità dell'aula e soprattutto lesivo del diritto di difesa. I continui rinvii», prosegue l'avvocato, «e soprattutto lo smembramento del controesame costituiscono un grave pregiudizio per il pieno esercizio del diritto di difesa del mio assistito che al contrario dovrebbe conoscere, in questo momento della vicenda processuale, il più ampio, incondizionato e incoraggiato spazio di piena e libera estrinsecazione».
«VITTIMA E CARNEFICE». E arriva al nocciolo della vicenda, Caiazza, quando ricorda perché 27 persone si ritrovano a processo. «Noi stiamo esaminando l'unico artefice delle gravissime accuse che hanno travolto la giunta e soprattutto l'unico testimone delle sue stesse accuse. Il tribunale sa bene che le conseguenti pretese dazioni di ingentissime somme di denaro confluite in 25 episodi concussivi non hanno mai avuto altro testimone diretto che lo stesso Angelini. Ciò che il teste è riuscito a imporre», aggiunge Caiazza, «con un'inedita inversione tra accusato e accusatore o tra vittima e carnefice veicolata attraverso questa pretestuosa e abnorme centralità del proprio stato di salute è un inconcepibile freno nei confronti delle domande difensive, sulla cui libera esplicazione sembra spesso prevalere la preoccupazione di non abusare della pretesa fragilità fisica e psichica del teste».
«BASTA INDULGENZE». «Dunque», si avvia alla conclusione Caiazza, «le chiedo di predisporre ogni misura per impedire ulteriori, arbitrarie manovre dilatorie che consentano a un testimone di adottare comportamenti non altrimenti qualificabili come reticenza o rifiuto di rendere la propria doverosa testimonianza. Infine, le chiedo di garantire la difesa senza ulteriori indulgenze, di poter svolgere e concludere con tutta la forza che le regole del processo ci riconoscono un esame volto, senza altre indebite angustie, a sottoporre al vaglio di credibilità, attendibilità e coerenza le dichiarazioni accusatorie di Angelini».
Dopo cinque udienze saltate e un interrogatorio della difesa «frammentato», l'avvocato Gian Domenico Caiazza che difende l'ex presidente della Regione Ottaviano Del Turco nel processo sanità, ha affidato a quattro pagine inviate al presidente del collegio Carmelo De Santis la sua richiesta di «diritto alla difesa», il suo appello al presidente a garantire «la difesa senza più indulgenze verso le inammissibili pretese di Vincenzo Maria Angelini».
«IL MIO SCONCERTO». L'esigenza della lettera nasce, come ricorda l'avvocato del foro di Roma nell'incipit, «all'esito dell'ennesima udienza dedicata a quello che oramai dobbiamo definire il tentativo di controesame del dottor Angelini da parte della difesa di Del Turco e per cui sento la necessità e il dovere di segnalare formalmente la mia preoccupazione e il mio sconcerto di difensore impegnato in questo delicato processo».
Perché il legale è ricorso alla scrittura? La lettera arriva dopo un percorso iniziato il 14 dicembre 2011, da quando l'accusa formata dal procuratore capo Nicola Trifuoggi e dai pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli ha chiamato a testimoniare, in veste di parte offesa, il teste più importante: il grande accusatore ed ex proprietario di Villa Pini Angelini. Quel giorno, Angelini, sulla cui credibilità si fonda gran parte del processo con 27 imputati, presentò il primo certificato medico, una malattia che quella mattina venne accolta con qualche mugugno ma superata dalle deposizioni di altri testimoni chiamati dall'accusa. Ma a far accrescere il malumore dell'aula è stato l'anno nuovo, un calendario di udienze che doveva essere serrato ma che si è ritrovato dimezzato: due date sono saltate perché l'imprenditore ha deciso di porre fine al lungo sodalizio con il suo avvocato Sabatino Ciprietti sostituito dal tandem teramano formato da Sergio Menna e Iole Di Bonifacio e altre due udienze sono state rinviate per la malattia di Angelini. Certificati medici «strumentali», come disse durante un'udienza il legale di Del Turco, perché coincidevano con l'inizio delle sue domande.
«ESAME INTERROTTO». «Esprimo la mia sincera ammirazione per l'autorevolezza, il garbo e l'impegno con cui lei, presidente, sta conducendo dall'inizio questa complessa vicenda processuale», ha scritto Caiazza. «Ed è certamente a questa apprezzabile impostazione della conduzione dell'aula che si deve la considerazione di una patologia in forza della quale di fatto si consente a un teste di stabilire improvvisamente e senza obiezioni possibili quale sia il momento nel quale l'esame possa iniziare, quando debba interrompersi e quando ancora ed eventualmente riprendere». E' un altro passo della lettera, quello in cui Caiazza fa riferimento all'udienza del 30 marzo in cui Angelini arrivò in aula per testimoniare annunciando di non sentirsi bene e chiudendo la deposizione con un «non sto bene, vado a casa». Malattie che, in questi mesi, sono state accompagnate da certificati medici e da visite fiscali a casa ma che hanno dilatato i tempi del controesame spingendo il legale a rivolgersi a De Santis per chiedere «con tutta la forza della quale posso essere capace di ricondurre questa cruciale fase nei limiti dell'ortodossia processuale».
«DIFESA SMEMBRATA». Scrive ancora il legale: «Uno spettacolo inedito, strabiliante per la semplicità con la quale si va replicando sul proscenio processuale, mortificante per la dignità dell'aula e soprattutto lesivo del diritto di difesa. I continui rinvii», prosegue l'avvocato, «e soprattutto lo smembramento del controesame costituiscono un grave pregiudizio per il pieno esercizio del diritto di difesa del mio assistito che al contrario dovrebbe conoscere, in questo momento della vicenda processuale, il più ampio, incondizionato e incoraggiato spazio di piena e libera estrinsecazione».
«VITTIMA E CARNEFICE». E arriva al nocciolo della vicenda, Caiazza, quando ricorda perché 27 persone si ritrovano a processo. «Noi stiamo esaminando l'unico artefice delle gravissime accuse che hanno travolto la giunta e soprattutto l'unico testimone delle sue stesse accuse. Il tribunale sa bene che le conseguenti pretese dazioni di ingentissime somme di denaro confluite in 25 episodi concussivi non hanno mai avuto altro testimone diretto che lo stesso Angelini. Ciò che il teste è riuscito a imporre», aggiunge Caiazza, «con un'inedita inversione tra accusato e accusatore o tra vittima e carnefice veicolata attraverso questa pretestuosa e abnorme centralità del proprio stato di salute è un inconcepibile freno nei confronti delle domande difensive, sulla cui libera esplicazione sembra spesso prevalere la preoccupazione di non abusare della pretesa fragilità fisica e psichica del teste».
«BASTA INDULGENZE». «Dunque», si avvia alla conclusione Caiazza, «le chiedo di predisporre ogni misura per impedire ulteriori, arbitrarie manovre dilatorie che consentano a un testimone di adottare comportamenti non altrimenti qualificabili come reticenza o rifiuto di rendere la propria doverosa testimonianza. Infine, le chiedo di garantire la difesa senza ulteriori indulgenze, di poter svolgere e concludere con tutta la forza che le regole del processo ci riconoscono un esame volto, senza altre indebite angustie, a sottoporre al vaglio di credibilità, attendibilità e coerenza le dichiarazioni accusatorie di Angelini».
© RIPRODUZIONE RISERVATA