Difensore civico sotto assedio. Grossi attaccato per la nomina

«Per noi è tutto a posto», dicono al Pdl ma l'istituto «indipendente», finito sotto il controllo dei partiti, è in crisi. Il posto è ambito anche perché è ben pagato e non troppo impegnativo ma molte Regioni lo hanno abolito o soltanto ignorato

PESCARA. Con quella faccia un po' così, da ragazzone di buona compagnia, Giuliano Grossi non s'aspettava di dover soffrire tanto per una cosa da nulla come la poltrona di difensore civico della Regione.
La notizia pubblicata dal Messaggero su una storia di affitti contestati e di un padrone di casa che chiede alla Regione Abruzzo la confisca degli stipendi, fino alla cifra di 10mila euro, ha indotto Grossi a pensare per un momento alle dimissioni (oltre a querelare il quotidiano romano per le «notizie strumentalmente distorte e intenzionalmente deformate», ma non smentite). Di dimissioni Grossi ha parlato con i compagni di partito più vicini. Ma da loro è arrivata solo una pacca sulle spalle. «Per noi è tutto a posto», dicono al Pdl. «Quella è solo una vecchia storia, Grossi è un avvocato, una persona seria, e ha le carte in regola per fare il difensore civico. Le sue dimissioni non sono all'ordine del giorno, abbiamo altro a cui pensare».
Da Roma il senatore Fabrizio Di Stefano, vicecoordinatore del Pdl tiene a rimarcare che il partito «non ha bisogno di rinnovare la fiducia a Grossi», visto che «la fiducia gli è stata data con i voti che lo hanno eletto. Le dimissioni? Non le ha inviate e nessuno gliele ha chieste. Abbiamo fatto una scelta e non abbiamo intenzione di cambiare». Grossi dunque potrà insediarsi tranquillamente sulla sua poltrona appena il Bollettino regionale avrà pubblicato la nomina, ottenuta nell'ultimo consiglio regionale al quinto scrutinio, con 22 voti. Scrutinio al quale assisteva un delusissimo Nicola Antonio Sisti, difensore civico uscente, che fino all'ultimo aveva sperato nel rinnovo del mandato.

Il posto è ambito anche perché è ben pagato e non troppo impegnativo.
Il difensore civico guadagna il 60% di un consigliere regionale, al netto in busta paga sono circa tremila euro al mese, ai quali va aggiunto il trattamento missione parificato a quello di un dirigente regionale. Insomma un buon posto per ricollocarsi in attesa di incarichi di maggior peso. Per Grossi una poltrona più tranquilla e più redditizia rispetto a quella di coordinatore degli uffici di staff del sindaco di Pescara Luigi Albore Mascia, per la quale percepisce 2400 euro netti al mese, come incarico di consulenza e non dirigenziale, come sarebbe secondo prassi. Anche in questo caso Grossi ha dovuto difendersi e difendere l'incarico.
Il gruppo consiliare del Pd al comune di Pescara ha contestato il decreto dichiarandolo «illegittimo», perché il testo unico degli enti locali consente collaborazioni esterne «ad alto contenuto professionale» (come è scritto nell'atto di nomina) solo dopo averne contatato l'assenza all'interno dell'ente. Per gli interpreti delle cose di Palazzo, l'improvvviso passaggio di Grossi da Pescara alla Regione avrebbe tolto un problema al Pdl pescarese, perché l'incarico di Grossi sarebbe stato un fattore di conflitto perenne a palazzo di città. E tra i banchi del Consiglio regionale c'è chi ricorda che al momento della votazione di Grossi, caldamente sponsorizzata dal coordinatore regionale Filippo Piccone, molti vedevano nella nomina una promozione-rimozione. Una degna (e forse temporanea) conclusione di una carriera politica vissuta sempre da combattente di seconda linea, prima della Dc, poi nel Ccd di Casini dal quale una decina di anni fa lo prelevò il senatore Andrea Pastore per portarlo in Forza Italia di cui Grossi è stato vicecoordinatore regionale fino alla fondazione del Pdl.

A questo punto, per essere pignoli, il problema non sono più gli affitti. Il problema sta proprio nel dignitoso pedigree politico di Grossi (ma anche di chi lo ha preceduto, che è stato ex consigliere regionale di An e poi di Forza Italia): che cosa ha a che fare l'appartenenza politica con la carica di difensore civico? Cioè con un incarico che secondo lo statuto regionale deve essere «imparziale e indipendente»?
Questo ufficio, il cui compito principale si esaurisce in una relazione annuale che nessuno legge, non gode di grande fama in altre regioni. In Calabria e Puglia il difensore civico non è mai stato nominato. In Sicilia manca la legge istitutiva, In Umbria e Sardegna il posto è da tempo vacante. In Friuli Venezia Giulia hanno addirittura approvato una legge che ne elimina la figura. È un chiaro segno di crisi per una carica istituzionale molto demagogica e poco funzionale. Ma che alla fine può tornare utile, se nel gioco della politica resta una casella vuota da completare.