Iva sui rifiuti, chiesti 1400 risarcimenti
La Consulta: è illegittima l’imposta su un tributo. I teramani si fanno rimborsare
TERAMO. Arrivano a centinaia, in Comune, le richieste di rimborso dell’Iva sulla Tia (tariffa di igiene ambientale) da parte dei contribuenti teramani. Finora sono oltre 1.400. Non è ancora chiaro se e come l’Iva non dovuta sarà restituita. Se lo sarà, lo Stato - che ha incassato quell’Iva attraverso il Comune - dovrà restituire una somma elevatissima. Milioni di euro.
IL PROBLEMA. La tariffa di igiene ambientale, chiamata dal decreto Ronchi a sostituire la tassa sui rifiuti solidi urbani (Tarsu), dovrebbe stabilire il corrispettivo dovuto per lo svolgimento del servizio di raccolta. Ovvero, ciascuno dovrebbe pagare la Tia per quanti rifiuti effettivamente produce. Tuttavia nel decreto Ronchi si legge che la Tia è comunque dovuta «da chiunque possegga o detenga locali o aree scoperte che producono rifiuti urbani». Questa disposizione riprende in toto il presupposto della vecchia tassa sui rifiuti. Tale somiglianza è stata riconosciuta anche dalla Corte di Cassazione (con sentenza n. 17526/07) e ha comportato una serie di conseguenze. Tra queste, l’assunto che è illegittima l’applicazione dell’Iva su tale tributo. Come previsto, infatti, da copiosa giurisprudenza, non si può pagare una «tassa sulla tassa», anche se questa formalmente è una tariffa.
LA SENTENZA. Tra coloro che sostenevano l’illegittimità dell’Iva sulla Tia ed i contrari si è aperta a livello nazionale una disputa che ha avuto recentemente definizione a favore dei sostenitori dell’intassabilità della Tia con la sentenza n. 238 del 24/07/2009 della Corte costituzionale. Dunque i Comuni, tra cui quello di Teramo, che hanno assunto come sistema di tassazione la Tia in sostituzione della Tarsu, secondo la Consulta hanno indebitamente percepito (e girato allo Stato) delle somme che dovranno essere restituite ai cittadini richiedenti.
LE DOMANDE. A Teramo, prima ancora della sentenza della Corte costituzionale, è nato un movimento che sostiene l’obbligo per il Comune di rimborsare l’Iva non dovuta sulla Tia. Il suo capofila è Domenico Bucciarelli, ex assessore comunale all’ambiente, che registra con soddisfazione le oltre 1.400 richieste di rimborso già protocollate in Comune. Bucciarelli fa notare che «le domande di rimborso vanno indirizzate al Comune impositore, quale cedente del servizio di raccolta rifiuti. Ma il Comune, una volta rimborsato l’indebito, potrà rivalersi nei confronti dell’amministrazione finanziaria». Nel grafico a fianco leggete come si può chiedere il rimborso. È importante chiarire che gli anni d’imposta interessati vanno dal 2005 al 2009 e la prescrizione è quinquennale.
LA RESTITUZIONE. Secondo Bucciarelli, sulla base della sentenza della Consulta, «il giudizio della commissione tributaria provinciale sembrerebbe scontato a favore del diritto al rimborso dell’Iva; a ciò potrebbe aggiungersi a favore dei ricorrenti il ristoro delle spese di giudizio sostenute. Al fine di evitare un onere rilevante a carico del Comune (Iva e spese giudiziarie), ci si augura che il Comune di Teramo, sulla scia di quanto deliberato da quello di Cremona, disponga direttamente la restituzione dell’indebita Iva incassata, senza ricorrere alla giurisdizione tributaria».

IL PROBLEMA. La tariffa di igiene ambientale, chiamata dal decreto Ronchi a sostituire la tassa sui rifiuti solidi urbani (Tarsu), dovrebbe stabilire il corrispettivo dovuto per lo svolgimento del servizio di raccolta. Ovvero, ciascuno dovrebbe pagare la Tia per quanti rifiuti effettivamente produce. Tuttavia nel decreto Ronchi si legge che la Tia è comunque dovuta «da chiunque possegga o detenga locali o aree scoperte che producono rifiuti urbani». Questa disposizione riprende in toto il presupposto della vecchia tassa sui rifiuti. Tale somiglianza è stata riconosciuta anche dalla Corte di Cassazione (con sentenza n. 17526/07) e ha comportato una serie di conseguenze. Tra queste, l’assunto che è illegittima l’applicazione dell’Iva su tale tributo. Come previsto, infatti, da copiosa giurisprudenza, non si può pagare una «tassa sulla tassa», anche se questa formalmente è una tariffa.
LA SENTENZA. Tra coloro che sostenevano l’illegittimità dell’Iva sulla Tia ed i contrari si è aperta a livello nazionale una disputa che ha avuto recentemente definizione a favore dei sostenitori dell’intassabilità della Tia con la sentenza n. 238 del 24/07/2009 della Corte costituzionale. Dunque i Comuni, tra cui quello di Teramo, che hanno assunto come sistema di tassazione la Tia in sostituzione della Tarsu, secondo la Consulta hanno indebitamente percepito (e girato allo Stato) delle somme che dovranno essere restituite ai cittadini richiedenti.
LE DOMANDE. A Teramo, prima ancora della sentenza della Corte costituzionale, è nato un movimento che sostiene l’obbligo per il Comune di rimborsare l’Iva non dovuta sulla Tia. Il suo capofila è Domenico Bucciarelli, ex assessore comunale all’ambiente, che registra con soddisfazione le oltre 1.400 richieste di rimborso già protocollate in Comune. Bucciarelli fa notare che «le domande di rimborso vanno indirizzate al Comune impositore, quale cedente del servizio di raccolta rifiuti. Ma il Comune, una volta rimborsato l’indebito, potrà rivalersi nei confronti dell’amministrazione finanziaria». Nel grafico a fianco leggete come si può chiedere il rimborso. È importante chiarire che gli anni d’imposta interessati vanno dal 2005 al 2009 e la prescrizione è quinquennale.
LA RESTITUZIONE. Secondo Bucciarelli, sulla base della sentenza della Consulta, «il giudizio della commissione tributaria provinciale sembrerebbe scontato a favore del diritto al rimborso dell’Iva; a ciò potrebbe aggiungersi a favore dei ricorrenti il ristoro delle spese di giudizio sostenute. Al fine di evitare un onere rilevante a carico del Comune (Iva e spese giudiziarie), ci si augura che il Comune di Teramo, sulla scia di quanto deliberato da quello di Cremona, disponga direttamente la restituzione dell’indebita Iva incassata, senza ricorrere alla giurisdizione tributaria».