La donna l’ha saputo dalla tv
Ricoverata, non può parlare. L’uomo operato un’altra volta.
PESCARA. Separati da una rampa di scale e dalla televisione: lui è ricoverato al terzo piano, nel reparto di chirurgia generale e lei è in una stanza al quarto piano, nel reparto di otorinolaringoiatra. La notizia del suicidio di Michele Lambiase corre per i corridoi: ma nella stanza del 35enne non c’è la televisione e i familiari hanno preferito isolarlo, nascondergli quello che è accaduto, mentre in quella della donna, colpita da una pallottola allo zigomo, la tv è accesa sull’ultimo capitolo della drammatica vicenda. Nell’ora concessa ai visitatori dell’ospedale dello Spirito Santo di Pescara, il corridoio del terzo piano è animato da pazienti che si ritrovano nel soggiorno e da altri che chiedono assistenza al personale sanitario. All’ingresso del quarto piano, domina il silenzio e davanti la stanza della donna non c’è nessuno.
Non si intrecciano più i destini delle due vittime a cui Lambiase ha sparato intorno alla mezzanotte di domenica 8 novembre, quando il 47enne di Foggia accecato dalla gelosia si è recato nel parcheggio di Montesilvano dov’erano i due amici: ha sparato alla sua ex convivente, commessa di 33 anni, di Silvi Marina, da cui aveva avuto un figlio di 3 anni, e colpito il suo amico, un libero professionista di Napoli di 35 anni. Lambiase, un uomo dal volto scavato e dai capelli radi, arrestato quattro volte nel 1980, aveva beneficiato dell’indulto nel 2007. Aveva iniziato a perseguitare la ex ed era finito ai domiciliari da cui però era evaso, assetato di vendetta. Una volta nel parcheggio, di fronte agli amici ha esploso i colpi con un’arma detenuta illegalmente: la donna, colpita allo zigomo, è sopravvissuta e prima di finire in sala operatoria ha rivelato il nome di chi aveva fatto fuoco.
Anche l’amico, che da un paio di mesi si era trasferito per lavoro da Napoli a Silvi, si è salvato ed è stato trasportato in ospedale, dove gli è stato asportato un rene. L’uomo è stato operato un’altra volta e ne avrà per una ventina di giorni. Un venditore di santini si intrufola nella sua stanza, ma i familiari lo bloccano subito, il ragazzo deve ricevere solo persone care, che non lo fanno affaticare: amici stretti e familiari. Sono loro che scandiscono la giornata del 35enne e che decidono quello che può o non può filtrare. E, così, da quando è ricoverato nell’ospedale di Pescara, il giovane è isolato per volere dei genitori: non ha la televisione e non legge i giornali. Non ha seguito la fuga di Lambiase e la sua fine con il corpo del 47enne foggiano che è stato trovato ieri mattina vicino a un casolare abbandonato a pochi chilometri da Foggia, scoperto da un gruppo di bulgari della zona che stava raccogliendo materiale di ferro.
«Ma no, non è la fine di un incubo, non ci interessa nulla di quella persona, vogliamo solo che nostro figlio si rimetta», dicono i familiari del ragazzo nel corridoio, marcando il distacco dalla vicenda, concentrati solo sulla salute del figlio. Al piano superiore, c’è l’ex convivente di Lambiase. Non può parlare, a causa del colpo ricevuto, e il personale sanitario racconta che ha saputo della fine dell’ex convivente ma che non vuole commentare. E’ stata lei, prima di essere trasportata in ospedale, a fare il nome dell’uomo che, nella notte dell’8 novembre, aveva aperto il fuoco camuffato con una parrucca bionda e un paio di occhiali da vista rossi. Così travestito, Lambiase ha tentato l’agguato sotto casa della donna con cui il rapporto era naufragato: con sé aveva un’arma detenuta illegalmente, che si era procurato per uccidere la sua ex convivente che aveva cominciato a perseguitare e per cui era stato denunciato per stalking.
Dopo quella notte, in cui ha esploso tre colpi, Lambiase ha vagato per giorni, ha scritto un messaggio al figlio di 23 anni avuto da un’altra donna e si è dato alla fuga. I carabinieri hanno tenuto sotto controllo anche gli amici e i conoscenti sia in Abruzzo che in altre regioni, ma l’uomo ha deciso di togliersi la vita.
Non si intrecciano più i destini delle due vittime a cui Lambiase ha sparato intorno alla mezzanotte di domenica 8 novembre, quando il 47enne di Foggia accecato dalla gelosia si è recato nel parcheggio di Montesilvano dov’erano i due amici: ha sparato alla sua ex convivente, commessa di 33 anni, di Silvi Marina, da cui aveva avuto un figlio di 3 anni, e colpito il suo amico, un libero professionista di Napoli di 35 anni. Lambiase, un uomo dal volto scavato e dai capelli radi, arrestato quattro volte nel 1980, aveva beneficiato dell’indulto nel 2007. Aveva iniziato a perseguitare la ex ed era finito ai domiciliari da cui però era evaso, assetato di vendetta. Una volta nel parcheggio, di fronte agli amici ha esploso i colpi con un’arma detenuta illegalmente: la donna, colpita allo zigomo, è sopravvissuta e prima di finire in sala operatoria ha rivelato il nome di chi aveva fatto fuoco.
Anche l’amico, che da un paio di mesi si era trasferito per lavoro da Napoli a Silvi, si è salvato ed è stato trasportato in ospedale, dove gli è stato asportato un rene. L’uomo è stato operato un’altra volta e ne avrà per una ventina di giorni. Un venditore di santini si intrufola nella sua stanza, ma i familiari lo bloccano subito, il ragazzo deve ricevere solo persone care, che non lo fanno affaticare: amici stretti e familiari. Sono loro che scandiscono la giornata del 35enne e che decidono quello che può o non può filtrare. E, così, da quando è ricoverato nell’ospedale di Pescara, il giovane è isolato per volere dei genitori: non ha la televisione e non legge i giornali. Non ha seguito la fuga di Lambiase e la sua fine con il corpo del 47enne foggiano che è stato trovato ieri mattina vicino a un casolare abbandonato a pochi chilometri da Foggia, scoperto da un gruppo di bulgari della zona che stava raccogliendo materiale di ferro.
«Ma no, non è la fine di un incubo, non ci interessa nulla di quella persona, vogliamo solo che nostro figlio si rimetta», dicono i familiari del ragazzo nel corridoio, marcando il distacco dalla vicenda, concentrati solo sulla salute del figlio. Al piano superiore, c’è l’ex convivente di Lambiase. Non può parlare, a causa del colpo ricevuto, e il personale sanitario racconta che ha saputo della fine dell’ex convivente ma che non vuole commentare. E’ stata lei, prima di essere trasportata in ospedale, a fare il nome dell’uomo che, nella notte dell’8 novembre, aveva aperto il fuoco camuffato con una parrucca bionda e un paio di occhiali da vista rossi. Così travestito, Lambiase ha tentato l’agguato sotto casa della donna con cui il rapporto era naufragato: con sé aveva un’arma detenuta illegalmente, che si era procurato per uccidere la sua ex convivente che aveva cominciato a perseguitare e per cui era stato denunciato per stalking.
Dopo quella notte, in cui ha esploso tre colpi, Lambiase ha vagato per giorni, ha scritto un messaggio al figlio di 23 anni avuto da un’altra donna e si è dato alla fuga. I carabinieri hanno tenuto sotto controllo anche gli amici e i conoscenti sia in Abruzzo che in altre regioni, ma l’uomo ha deciso di togliersi la vita.