L’Abruzzo al funerale di Francesco: il viaggio dei Papa boys dall’Aquila a San Pietro

Partenza alle 3 su due pullmini e 10 kilometri a piedi per raggiungere la piazza. I vescovi D’Angelo e Fusco tra i concelebranti insieme a numerosi parrocci
CITTÀ DEL VATICANO. “Sentinella, a che punto è la notte?”. Che sia Isaia 21 oppure, più semplicemente, Guccini, la domanda è più che legittima. A quest’ora. Che ci fanno, di grazia, nove ventenni dalle facce assonnate, ma pulite, una suora, un frate e quattro preti alle 3 del mattino (o notte che dir si voglia?). Vengono intercettati su due pulmini proprio mentre stanno per infilare il casello dell’Aquila Ovest direzione Roma. Sono le sentinelle del mattino. Hanno dormito poco o nulla, stanotte, perché vogliono svegliare l’aurora.
«IL PAPA CI CHIAMA»
Li chiama, all’ombra del Cupolone, un Papa che parla la loro stessa lingua. Pace. Stop al riarmo. Cura del Creato. Basta ingiustizie e soprusi. La corruzione spuzza. Ponti e non muri. Braccia aperte e non conserte. Sollevare, salvare e, possibilmente, non lasciare affogare. Grazie. E si potrebbe continuare all’infinito. Gliel’ha chiesto tante volte, Francesco: «Per favore, non perdete la capacità di sognare: quando un giovane perde questa capacità, non dico che diventa vecchio, no, perché i vecchi sognano. Diventa un “pensionato della vita”». E anche se non c’è l’invasione dei 60 pullman abruzzesi della messa d’insediamento di 12 anni fa, quelli della pastorale giovanile dell’Aquila, presenti in numero ristretto (pochi, ma buoni), in piazza San Pietro per i funerali del defunto pontefice, non ne vogliono proprio sapere di pensionarsi prima del tempo. Anzi. Li vedresti bene, per esempio, al posto di quei sediari un tantino impacciati che, in questi giorni, stanno facendo non poca fatica a trovare il passo giusto per spostare il corpo di Francesco. Da Santa Marta in basilica, dalla basilica al sagrato e poi fin giù a Santa Maria Maggiore, dove troverà riposo. Hanno talmente tanta forza interiore, ma anche la leggerezza dei loro vent’anni, che quel feretro squadrato quasi quasi vorrebbero caricarselo sulle loro braccia, di qui a poco, se almeno potessero balzare in un attimo dalla pur ottima postazione conquistata per prima da suor Giulia – che s’infila e apre il varco per tutto il resto del gruppo all’ombra dell’obelisco in una piazza stracolma – fino all’altare dove quel corpo è inerte, sì, ma continua a parlare. Soprattutto a chi ha orecchie per starlo a sentire.
IL PELLEGRINAGGIO DEI GIOVANI
E siccome «la Chiesa è donna», per restare alle parole del Papa, il racconto della giornata romana dei giovani aquilani – il Centro, per l’occasione, viaggia con loro – non può che cominciare alle 3 in punto col primo momento-caffè di suor Giulia. «Buongiorno o buonanotte?». Il dubbio resta. Sul pulmino vengono caricati zainetti e speranze. Ma anche il cuscino che Ivan ha prelevato dal suo letto, nella segreta speranza di riuscire a recuperare (almeno in parte), qualcosa di quel sonno ormai irrimediabilmente perso. Nocchieri della trasferta romana i sacerdoti che con questi giovani dialogano tutti i giorni. Guide spirituali, sì, ma abili anche coi pulmini. Volante-uno don Federico Palmerini (e, al ritorno, don Pino Del Vecchio), volante-due fra Riccardo Giordanella dei Minori di San Bernardino. Navigatore d’eccezione il vicario generale – monsignor Giuseppino Gianiorio – e sull’altro mezzo don Jean-Claude Rajaonarivelo. Tutti concelebranti, insieme all’altro parroco don Luciano Bacale Efua e ai vescovi Antonio D’Angelo (L’Aquila) e Michele Fusco (Sulmona). Alle 4,36 la spedizione approda a San Gregorio al Celio e da lì comincia il pellegrinaggio verso San Pietro. A piedi (a fine giornata il contapassi annoterà 10 km), quando è ancora notte, in una Roma semideserta, il gruppetto s’incammina per farsi trovare tra i primi all’apertura dei varchi prevista per le 5,30. Si farà più tardi.
QUATTRO POSTI DI BLOCCO
Le barriere da passare, alla fine, saranno 4, compreso il metal detector sotto al colonnato del Bernini. E allora anche don Giuseppe tira fuori il thermos. Proprio mentre arriva il turno degli aquilani per accedere a via della Conciliazione si assiste a una scena ricorrente: un giovane è costretto a lasciare una boccetta intera di profumo. E se ne va non troppo convinto di ritrovarcela dopo, quando sarà tutto finito, tra gli oggetti “sospesi”. Non senza qualche momento di calca e spintoni il gruppetto mette piede in piazza San Pietro alle 7,15. Ma non è ancora finita. Un addetto alla sicurezza non si oppone quando i ragazzi, di fronte all’ennesimo no, gli spiegano che sì, possono accedere al centro della piazza perché una suora ha preso il posto... In quegli stessi istanti passa madre Geneviève Jeanningros: iconico il suo pianto dirotto e solitario per salutare l’amico Papa. I ragazzi la riconoscono, ma non riescono a fermarla per un saluto o una foto. Poi, cullati dal primo sole mattutino, stendono a terra i giubbetti, svuotano gli zaini e ne fanno un giaciglio di fortuna in un metro quadro o poco più.
CARTELLI,BANDIERE EAPPLAUSI
Sconsigliata ogni tipo di esposizione nella messa, l’unico mezzo di partecipazione al dolore personale che, qui, diventa collettivo sono gli applausi. Il primo è tutto per il presidente ucraino Zelensky appena spunta dai maxischermi. Batti mani ripetuti nella processione col feretro e all’omelia del cardinale Giovanni Battista Re. Alle 11 il sole picchia così forte che persino un kway può diventare parasole di fortuna. Eppure, quando rientra il feretro, per l’ultima volta, in basilica, la nuvoletta e il venticello alleviano la calura e sospingono il pontefice per l’ultimo viaggio, sotto un applauso più intenso. Il presidente della Regione Marco Marsilio dice dalla piazza: «Ho portato, con la mia presenza, la gratitudine e l’affetto degli abruzzesi per la sua opera, il magistero e per l’indelebile ricordo del riconoscimento, dopo oltre 7 secoli, della Perdonanza. Una presenza importante che rimarrà nella storia e nei cuori».
LE VOCI DEI RAGAZZI
Il Papa è appena sparito alla vista dei fedeli. I giovani avrebbero fatto volentieri le famose «tre tende» e se lo sarebbero coccolato ancora un po’. La prima a rompere il ghiaccio è Noemi Simonetti: «Per me è un onore poter dare il saluto al Papa nel giorno del suo ritorno al cielo: una gioia grande. Mi aveva conquistato alla Gmg di Lisbona quando disse a ciascuno di noi; alzati, brilla, non temere. L’essenza della sua missione? Semplicità e bellezza. Poi vidi su Instagram un video bellissimo, in cui diceva: “Se hai litigato con qualcuno non aspettare il giorno dopo: la pace falla subito”. Grazie Francesco. Il nostro impegno prosegue ora in ogni ambito nel quale operiamo. Speriamo di vivere bei momenti al Giubileo dei giovani dal 28 luglio al 3 agosto».
«FRANCESCO SECONDO»
Ivan Ianni, il ragazzo del cuscino, ha le idee molto chiare: «Ci ha davvero insegnato qualcosa, attraverso segni di stravolgimento nella vita della Chiesa che resteranno nella storia. Si è fatto vicino ai più piccoli, umano,tangibile, si è speso fino all’ultimo. Sto vivendo un momento brutto, perché ci lascia, ma allo stesso tempo bello perché ricordiamo le tante cose che ci dona in eredità. Da oggi si riparte con una spinta in più per le nuove sfide. Ma», avverte, «c’è un pericolo: sarebbe grave tornare indietro su posizioni conservatrici: vogliamo un Francesco II e noi giovani preghiamo per questo». «Torno a casa contenta», racconta Giovanna Ordinelli, tra le animatrici del Coro diocesano, «perché ho potuto salutare unapersona che ci ha incoraggiato a rialzarci dopo le cadute. I tanti applausi mostrano affetto perunPapabuono che lasciaun messaggio importante per i giovani». Suor Giulia Lanza sorride nel vedere il loro entusiasmo: «Sono giovani adulti: a noi soltanto il compito di metterci accanto a loro e condividere momenti come questi in semplicità». Cecile Lahalle è partita da Parigi per fare, all’Aquila, un’esperienza nella comunità delle suore francescane missionarie di Gesù bambino. «Bello, per me, accompagnare tutti insieme la vitadelPapa e ringraziarlo perché si è sacrificato fino alla fine. Per me questa è la felicità vera e la sto scoprendo ogni giorno». Fra Riccardo, romano de Roma, chiude un cerchio. «Alla messa d’insediamento ero novizio alla Verna e facevo servizio all’altare: era l’inizio del mio cammino e ora, da sacerdote, un’altra prima volta. Pochi giovani dall’Abruzzo? Non bisogna fissarsi sui numeri, è un periodo di ponte lungo: molti ne hanno approfittato per andare fuori. La cosa bella è vedere questiragazzi che partecipano agli eventi della pastorale giovanile francescana e al coro della basilica di San Bernardino. Il futuro? Il segno lasciato da Francesco è comeuna luce chenonsi spegnerà mai. Si continuerà a camminare in questa luce, con chiunque sarà scelto dal Signore». Le sentinelle, nel frattempo, si concedono un giretto in centro, dal Ghetto al Pantheon, tra pizza, gelato e selfie in una Roma ora brulicante. C’è da credere, allora, che circa la questione della notte di cui sopra (il conclave, la guerra,i mali del mondo), loro sapranno trovare la chiave giusta. «Viene la mattina, e viene anche la notte. Se volete, interrogate pure; tornate e interrogate ancora». Lo faranno: statene certi.
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