Luciano D’Amico: «Francesco per me non è stato un Papa rivoluzionario. I funerali? Non vado, sono ateo»

Nostra intervista esclusiva a Luciano D’Amico, consigliere regionale e leader del Patto per l’Abruzzo
PESCARA. D’Amico, domani (oggi per chi legge) andrà al funerale di Papa Francesco?
No, assolutamente. Sono ateo e non rappresento istituzioni. E poi ha visto il corteo di traslazione della salma di Francesco da Santa Marta al Vaticano?
Centinaia di migliaia di persone riunite per ricordarlo.
Molte persone erano lì in piazza San Pietro per farsi i selfie. Con una persona defunta: mi sembra irriguardoso nei confronti di Francesco. È la stessa dinamica dei funerali di Giovanni Paolo II e Lady Diana che si ripete.
Cioè?
Migliaia di persone che piangono la loro morte e partecipano al funerale. Poi girano l’angolo e tutto finisce lì. Nell’epoca della superficializzazione di tutto, dal fast food ai sentimenti, in molti si rifiutano di vivere le proprie emozioni e quindi operano una sorta di proiezione sugli altri: è meno impegnativo, più facile.
Ma Giovanni Paolo II, Lady Diana e ora Francesco: sono tutti personaggi-simbolo dell’età contemporanea.
Come le dicevo, siamo una società spesso smarrita. Abbiamo bisogno di figure di riferimento che lancino messaggi importanti. Dovremmo evitare, però, di renderli delle “star di Hollywood”. Per il rispetto che meritano. E lo dico anche con tutto il rispetto per i credenti.
Se leggo bene tra le righe, lei ridimensiona l’importanza del pontificato di Bergoglio.
No, è stato un papa importante, ma non credo sia stato rivoluzionario come oggi se ne sente parlare. Papa Francesco ha rilanciato i messaggi del cristianesimo di duemila anni fa.
Molti lo definiscono un innovatore.
Quest’immagine che Bergoglio avrebbe proiettato la Chiesa nel futuro non la condivido pienamente. È una Chiesa che, ad esempio, sulle donne è rimasta indietro, che sui matrimoni e sulle unioni civili è ferma alla “Santa inquisizione”, è una Chiesa che su tante altre questioni, tra cui anche la sua stessa struttura e il suo stesso modello di governo, non ha portato grandi novità. A confronto Paolo VI era un rivoluzionario “rosso”.
Sono stupito. Pensavo di trovarmi davanti un fan di Bergoglio, il papa degli ultimi. Molte delle cose che ha detto sono condivisibili. Ma i suoi messaggi “dirompenti” ritornano all’ordine costituito nella misura in cui non si compie il passaggio successivo. La visione di Luciano D’Amico stupisce per la lettura critica che fa del pontificato di Bergoglio, considerato dai più, e specialmente a sinistra, un papa rivoluzionario e una figura di riferimento per il mondo del pacifismo e dell’anti-capitalismo. Eppure, per quanto anche D’Amico condivida queste posizioni, non si sbilancia nel giudizio su Bergoglio. Non posso che cercare di capirne le motivazioni.
Lei ha detto che è ateo, lo è sempre stato?
L’asilo che ho frequentato era gestito dalle suore e da piccoli eravamo tutti chierichetti a Torricella Peligna, il mio paese.
La parrocchia sarà stata importante per una piccola comunità.
Era un centro di aggregazione e, soprattutto, per noi l’unico modo per uscire dal paese era andare alle gite con il parroco.
Era in buoni rapporti con il parroco?
Diciamo che quella chiesa era ancora preconciliare, non molto pastorale. Era un’abitudine e faceva parte della vita quotidiana.
Era adolescente durante il pontificato di Paolo VI.
Io ricordo Paolo VI come un gigante, perché fu in grado di portare il concilio verso conclusioni che allora furono dirompenti.
Spieghiamolo ai lettori.
Ad esempio, ha posto le premesse per l’internazionalizzazione della Chiesa cattolica, ha avviato il colloquio interreligioso sulla base del reciproco rispetto, per le altre religioni e ha cominciato a parlare con i non religiosi.
Tornando a quello che mi ha detto prima, per queste ragioni è stato più rivoluzionario di Bergoglio?
Dal mio punto di vista - non quello di un esperto vaticanista - quando dico che Francesco ha lanciato i messaggi del cristianesimo di duemila anni fa, non lo dico per sminuire. Anzi, credo che culturalmente non possiamo non definirci tutti cristiani. Semplicemente, le annunciazioni non sono state, a volte, tradotte adeguatamente in fatti. È come se vedessi un treno a due velocità.
Cioè?
Benissimo le indicazioni strategiche, come la tutela degli ultimi, la tutela degli indifesi, ma partiamo anche dal riconoscere diritti come quello di una donna di celebrare una liturgia, di un omosessuale di crearsi una famiglia.
Qualche apertura c’è stata. Si ricorda quando ha detto: “Chi sono io per giudicare un gay che cerca la fede”? Nessun pontefice lo aveva mai detto prima.
Io capisco che la Chiesa sia un’organizzazione estremamente complessa, ma al “chi sono io per giudicare?” mi verrebbe da dare una risposta: sei il papa che può stabilire che le unioni civili siano anche religiose, che può dare alle donne un ruolo maggiore all’interno della chiesa.
Il tema del ruolo delle donne e degli omosessuali è dibattuto anche nel mondo laico. Ci si può aspettare che la chiesa faccia dei passi in avanti che la società non ha ancora compiuto? È vero, ma il cristianesimo si è affermato come movimento rivoluzionario, se lo intendiamo come movimento politico-sociale-culturale. È stata la rivoluzione che ci ha portato dall’età classica a quella contemporanea. Noi siamo cristiani perché crediamo in dei valori che, aldilà della fede, ci definiscono come tali. Umberto Galimberti ha scritto una cosa bellissima in questo senso.
L’ascolto.
Riflette sul fatto che il cristianesimo ha cambiato anche la nostra percezione del tempo. Da quella circolare dei greci siamo passati alla linearità passato-presente-futuro, cioè peccato-espiazione-salvezza. Traslato nel mondo della scienza, è la linearità del percorso ignoranza-ricerca-conoscenza. Questa è la molla rivoluzionaria che ha permesso all’Occidente di dominare il mondo.
E come il cristianesimo potrebbe tornare ad avere quella carica rivoluzionaria?
Colmando quel vuoto che si avverte, che porta a vedere il papa come una “star”, sminuendone l’autorevolezza e per il quale si va davanti al feretro a scattarsi un selfie.
La grande affluenza di fedeli a Roma non deriva, almeno in parte, dal fatto che sia stato il papa degli ultimi?
Ha riavvicinato la chiesa ai fedeli e lanciato messaggi importantissimi, ma cosa significa stare dalla parte degli ultimi? Non potrebbe significare anche stare dalla parte delle ultime, ammorbidire le rigide regole dottrinali che erano funzionali in passato e che ora non sono pienamente attuali?
Anche il papa deve fare i conti con la sua base.
Io penso che la chiesa abbia visto un indebolimento del proprio messaggio e lo dimostra la fila di 7 ore solo per dire di esserci stato. Sono sempre meno quelli che adempiono davvero ai precetti del cattolicesimo. Forse sarà il caso di rivederli? Ci sarà un motivo se non sono più rispettati. Una religione che parla di uguaglianza non può essere, ad esempio, così dominata dagli uomini.
Per un credente non sarebbe difficile accettare cambiamenti così radicali?
Chiaramente io lo dico guardando al cristianesimo da un punto di vista sociale e culturale, ma penso anche che non bisogna essere per forza dei credenti per aderire ai principi del cristianesimo. La nostra società ha bisogno di idee, di principi orientanti, perché nessuno vuole più vivere pienamente la propria vita. A questo bisogna porre un rimedio, e chi più della Chiesa cattolica può farlo?
Francesco è stato il papa dei messaggi orientanti. Su certi temi, come sulla questione del genocidio a Gaza e della necessità della pace in Ucraina, ha avuto posizioni anche più nette e radicali della sinistra.
È vero, ma la sinistra, come movimento politico organizzato, deve dare forma concreta a quest’idea, trovare soluzioni di pace tra Ucraina e Russia e fermare la strage a Gaza. Il papa può rimanere sulle questioni di principio, e per questo può assumere posizioni più radicali.
Francesco, pur da papa, è riuscito ad essere un punto di riferimento anche per parte del mondo laico.
La storia la fanno le comunità, non i singoli, sono i movimenti sotterranei della società che creano i simboli. E la chiesa cattolica è fenomenale nel creare questi testimoni-simbolo: lo fa da 2000 anni.
Nemmeno sulla pace è stato dirompente?
Benedetto XV che, nel 1917, parlava della prima guerra mondiale come “inutile strage”: quello era dirompente. Allora si andava in giro con gli elmetti col chiodo. Ciò non toglie che Francesco abbia fatto benissimo ad assumere queste posizioni, ma serve che venga dato un seguito.
Su certe questioni, penso all’aborto e alla “teoria gender” Bergoglio ha anche mantenuto delle posizioni rigide.
A me non stupisce che il papa sia contro l’aborto. Ce lo si aspetta. Su tutto il resto, tra cui anche la teoria gender, invece, no. Sono il portato di una sedimentazione storica che ha visto dalla fine del medioevo fino al pontificato di Pio XII una chiesa spesso fortemente retriva. Serve scrollarsi di dosso questo passato.
Una religione senza dogmi può ancora essere considerata tale?
E ripeterli stancamente fino a separarsi dalla realtà, con il pellegrino modello che parte per Roma, si fa 7 ore di fila e si fa il selfie? Il cristianesimo è stata una rivoluzione perché ha inciso sulla vita quotidiana. Le voglio raccontare una cosa.
Racconti.
Mi capita, ogni tanto, di ascoltare in televisione delle omelie in cui ripetono letteralmente, a volte con un’ingenuità sorprendente, ciò che è stato scritto 2000 anni fa nei vangeli. Senza darti un’interpretazione. Io, nella mia ignoranza religiosa, dalla chiesa mi aspetto che contestualizzi questi messaggi nella contemporaneità.
È questo il pontefice che auspica per il futuro?
Mi auguro che il successore possa avere quel coraggio in più per dare le risposte che possono sembrare divisive ma che in realtà ridanno significato al messaggio cristiano.
Un esempio di cosa potrebbe essere rivoluzionario per la Chiesa?
Affiancare al messaggio consolatorio un’attenzione al cambiamento.
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