Mileti e D’Alesio, ricorso al Riesame
L’avvocato: «Ordinanza da annullare, manca il reato».
PESCARA. Ricorso al tribunale dell’Aquila contro l’ordinanza che il 23 novembre scorso ha portato all’arresto dell’ex assessore regionale Italo Mileti e dell’amministratore delegato della Fira Servizi Claudio D’Alesio.
Giuseppe Cichella, legale dei due indagati, ha presentato richiesta di riesame del provvedimento che, con ogni probabilità, sarà discussa la prossima settimana.
«Noi ci auguriamo che la procura stia trasmettendo solo le carte che sono già note alla difesa e non elementi di cui non siamo a conoscenza» ha sottolineato Cichella.
Mileti e D’Alesio sono stati arrestati con l’accusa di millantato credito nell’ambito dell’inchiesta relativa all’aggiudicazione della gara d’appalto per la costruzione della nuova sede degli uffici amministrativi della Asl dell’Aquila. Per l’indagine, di cui è titolare il sostituto procuratore Gennaro Varone, sono indagati con l’accusa di corruzione l’assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni, l’ex manager della Asl aquilana, Roberto Marzetti, il dirigente regionale Enzo Mancinelli e gli imprenditori Alido Venturi ed Enrico Tessitore. La stessa accusa riguarderebbe anche i due arrestati. Secondo l’accusa, avrebbero cercato di pilotare una gara per favorire l’assegnazione dell’appalto a Venturi. I documenti preparatori al bando sono adesso all’esame del pm, che nei giorni scorsi ne ha ordinato l’acquisizione negli uffici di Regione e Asl.
Mileti e D’Alesio erano stati scarcerati e ristretti ai domiciliari il 26 novembre scorso: per il gip Luca De Ninis, il quadro indiziario resta grave, ma le esigenze cautelari si sono attenuate. Nel ricorso, Cichella (che difende Mileti con il collega aquilano Francesco Silvestri) ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza e la revoca della misura cautelare. Le motivazioni della richiesta saranno affidate a una memoria di 40 pagine, che l’avvocato sintetizza così: «Manca il reato, perché i fatti contestati non costituiscono reato: non esiste alcun reato allo stato della legislazione nazionale che possa essere ricompreso nei fatti contestati ai miei clienti e da questi pacificamente ammessi. Non esiste il reato perché la stessa normativa sul procedimento amministrativo - la legge 241 del 1990 - prevede che si possa svolgere attività di lobbying, ovvero fare promozione di un prodotto o di un servizio nei confronti della pubblica amministrazione».
Giuseppe Cichella, legale dei due indagati, ha presentato richiesta di riesame del provvedimento che, con ogni probabilità, sarà discussa la prossima settimana.
«Noi ci auguriamo che la procura stia trasmettendo solo le carte che sono già note alla difesa e non elementi di cui non siamo a conoscenza» ha sottolineato Cichella.
Mileti e D’Alesio sono stati arrestati con l’accusa di millantato credito nell’ambito dell’inchiesta relativa all’aggiudicazione della gara d’appalto per la costruzione della nuova sede degli uffici amministrativi della Asl dell’Aquila. Per l’indagine, di cui è titolare il sostituto procuratore Gennaro Varone, sono indagati con l’accusa di corruzione l’assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni, l’ex manager della Asl aquilana, Roberto Marzetti, il dirigente regionale Enzo Mancinelli e gli imprenditori Alido Venturi ed Enrico Tessitore. La stessa accusa riguarderebbe anche i due arrestati. Secondo l’accusa, avrebbero cercato di pilotare una gara per favorire l’assegnazione dell’appalto a Venturi. I documenti preparatori al bando sono adesso all’esame del pm, che nei giorni scorsi ne ha ordinato l’acquisizione negli uffici di Regione e Asl.
Mileti e D’Alesio erano stati scarcerati e ristretti ai domiciliari il 26 novembre scorso: per il gip Luca De Ninis, il quadro indiziario resta grave, ma le esigenze cautelari si sono attenuate. Nel ricorso, Cichella (che difende Mileti con il collega aquilano Francesco Silvestri) ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza e la revoca della misura cautelare. Le motivazioni della richiesta saranno affidate a una memoria di 40 pagine, che l’avvocato sintetizza così: «Manca il reato, perché i fatti contestati non costituiscono reato: non esiste alcun reato allo stato della legislazione nazionale che possa essere ricompreso nei fatti contestati ai miei clienti e da questi pacificamente ammessi. Non esiste il reato perché la stessa normativa sul procedimento amministrativo - la legge 241 del 1990 - prevede che si possa svolgere attività di lobbying, ovvero fare promozione di un prodotto o di un servizio nei confronti della pubblica amministrazione».