Omicidio di Teramo, Adele conosceva molto bene l’assassino

Sono due i sospettati. L’ultima telefonata della vittima dà una svolta all’indagine. Appello dei carabinieri "Di chi è il carrello usato dal carnefice?"
TERAMO. Adele Mazza conosceva il suo carnefice. E’ la certezza che in queste ore fa da filo conduttore alle indagini dei carabinieri che si muovono tra conoscenti e amici della donna uccisa e fatta a pezzi nella notte di Pasqua. E mentre affidano agli specialisti del Ris il compito di cercare tracce della mattanza, si concentrano sui tabulati delle ultime telefonate fatte dalla 49enne prima di essere ammazzata.
E, in particolare, sarebbe proprio in una delle ultime chiamate fatte e ricevute la chiave giusta per scoprire chi Adele Mazza ha incontrato prima di essere uccisa. Un chi che potrebbe essere l’assassino. Qualcuno che la donna, un passato e un presente legati alla tossicodipendenza, conosceva. Conosceva bene a tal punto da fidarsi e seguirlo nel posto che sarebbe diventata la sua tomba. Forse lo stesso in cui è stata prima uccisa e poi fatta a pezzi con una precisione che gli investigatori non esitano a definire «impressionante» da qualcuno che sapeva come fare. Che forse ha fatto tutto da solo o forse è stato aiutato da qualcuno. I carabinieri del reparto operativo, guidati dal capitano Nazario Giuliani e coordinati dal procuratore Gabriele Ferretti e dal sostituto Roberta D’Avolio, aspettano di poter avere i primi riscontri tecnici per trasformare in certezze quelle che per ora sono solo delle ipotesi. E per il momento nessuno dice niente, anche se l’impressione è quella di una pista già imboccata con forse due sospettati e di un canovaccio già tracciato. Ieri mattina, intanto, in caserma sono stati nuovamente ascoltati come semplici testimoni l’ex marito e l’anziano amico che in questi ultimi anni la donna frequentava assiduamente.
LE TELEFONATE. Da ieri nelle mani degli investigatori ci sono i tabulati delle telefonate arrivate e fatte dall’apparecchio cellulare della donna. Un apparecchio che fino a ieri sera non era stato ancora trovato. E’ evidente che in quelle chiamate, e in particolare in alcune delle ultime telefonate fatte tra venerdì e sabato, si nasconde la chiave del mistero. E’ chiaro che, una volta decifrate, potrebbero rappresentare una svolta.
IL CARRELLO. Ieri pomeriggio i militari hanno diffuso le foto del carrellino porta merci usato per trasportare i resti nella scarpata di via Franchi. Si tratta di particolari da cui i carabinieri sperano che il proprietario possa riconoscerlo e quindi farsi avanti. Il carrello, infatti, è stato rubato e il sapere dove potrebbe dare un grosso contributo alle indagini. Non è escluso, infatti, che possa essere stato rubato proprio vicino al posto in cui il cadavere è stato tagliato, forse un garage o un capannone abbandonato. Un posto in cui l’assassino, o gli assassini, sapeva di poter agire indisturbato dopo aver ucciso la donna che potrebbe anche aver fatto uso di droga prima di essere strangolata. Una ipotesi, questa, che per essere confermata aspetta il riscontro di alcuni esami tossicologici già fatti.
CACCIA AL TESTIMONE. «Chi ha visto qualcosa parli» ripetono gli investigatori che ormai da più di 48 ore raccolgono le parole dei residenti di Villa Gesso, il quartiere periferico in cui Adele Mazza abitava da sola in un alloggio al terzo piano. Una casa in cui ogni tanto entrava qualcuno. La porta è stata trovata chiusa a chiave dall’esterno e per entrare gli investigatori sono passati da una finestra. All’interno il televisore lasciato acceso e il letto disfatto. Qui Adele potrebbe aver ricevuto il suo assassino.
E, in particolare, sarebbe proprio in una delle ultime chiamate fatte e ricevute la chiave giusta per scoprire chi Adele Mazza ha incontrato prima di essere uccisa. Un chi che potrebbe essere l’assassino. Qualcuno che la donna, un passato e un presente legati alla tossicodipendenza, conosceva. Conosceva bene a tal punto da fidarsi e seguirlo nel posto che sarebbe diventata la sua tomba. Forse lo stesso in cui è stata prima uccisa e poi fatta a pezzi con una precisione che gli investigatori non esitano a definire «impressionante» da qualcuno che sapeva come fare. Che forse ha fatto tutto da solo o forse è stato aiutato da qualcuno. I carabinieri del reparto operativo, guidati dal capitano Nazario Giuliani e coordinati dal procuratore Gabriele Ferretti e dal sostituto Roberta D’Avolio, aspettano di poter avere i primi riscontri tecnici per trasformare in certezze quelle che per ora sono solo delle ipotesi. E per il momento nessuno dice niente, anche se l’impressione è quella di una pista già imboccata con forse due sospettati e di un canovaccio già tracciato. Ieri mattina, intanto, in caserma sono stati nuovamente ascoltati come semplici testimoni l’ex marito e l’anziano amico che in questi ultimi anni la donna frequentava assiduamente.
LE TELEFONATE. Da ieri nelle mani degli investigatori ci sono i tabulati delle telefonate arrivate e fatte dall’apparecchio cellulare della donna. Un apparecchio che fino a ieri sera non era stato ancora trovato. E’ evidente che in quelle chiamate, e in particolare in alcune delle ultime telefonate fatte tra venerdì e sabato, si nasconde la chiave del mistero. E’ chiaro che, una volta decifrate, potrebbero rappresentare una svolta.
IL CARRELLO. Ieri pomeriggio i militari hanno diffuso le foto del carrellino porta merci usato per trasportare i resti nella scarpata di via Franchi. Si tratta di particolari da cui i carabinieri sperano che il proprietario possa riconoscerlo e quindi farsi avanti. Il carrello, infatti, è stato rubato e il sapere dove potrebbe dare un grosso contributo alle indagini. Non è escluso, infatti, che possa essere stato rubato proprio vicino al posto in cui il cadavere è stato tagliato, forse un garage o un capannone abbandonato. Un posto in cui l’assassino, o gli assassini, sapeva di poter agire indisturbato dopo aver ucciso la donna che potrebbe anche aver fatto uso di droga prima di essere strangolata. Una ipotesi, questa, che per essere confermata aspetta il riscontro di alcuni esami tossicologici già fatti.
CACCIA AL TESTIMONE. «Chi ha visto qualcosa parli» ripetono gli investigatori che ormai da più di 48 ore raccolgono le parole dei residenti di Villa Gesso, il quartiere periferico in cui Adele Mazza abitava da sola in un alloggio al terzo piano. Una casa in cui ogni tanto entrava qualcuno. La porta è stata trovata chiusa a chiave dall’esterno e per entrare gli investigatori sono passati da una finestra. All’interno il televisore lasciato acceso e il letto disfatto. Qui Adele potrebbe aver ricevuto il suo assassino.
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