Trapianti d’organo, raggiunta quota 504
I dati del Centro regionale dell’Aquila. Ma nelle donazioni l’Abruzzo è maglia nera. Il 40% dei familiari si oppone
L'AQUILA. L'ultimo trapianto di rene al Centro regionale trapianti per l'Abruzzo e il Molise c’è stato mercoledì: per la prima volta l'espianto dell’organo (in questo caso da paziente vivente) è avvenuto il laparoscopia. La scienza fa progressi, con la sua portata innovativa dal punto di vista tecnologico, ma il percorso da fare sul fronte donazioni è ancora lungo.
Quello di mercoledì è stato l'intervento numero 504 (dati aggiornati a ieri) effettuato da quanto il Centro trapianti, che ha sede all'ospedale regionale San Salvatore all’Aquila, ha cominciato la sua attività nel 2001. Un numero importante, ma che per il responsabile Francesco Pisani «non è un traguardo bensì un punto di partenza».
A illustrare i dati di quello che è «un Centro d'eccellenza per la sanità abruzzese», come lo ha definito l'assessore regionale alla Sanità Silvio Paolucci, c’erano ieri mattina molti medici delle diverse specializzazioni e settori (oltre a Pisani e Paolucci, anche la rettrice dell’Aquila Paola Inverardi, il manager della Asl Avezzano-Sulmona-L'Aquila Rinaldo Tordera e il professor Antonio Famulari che è stato a capo dell'équipe fino a un anno fa), proprio a testimoniare che un trapianto non riguarda soltanto lo staff chirurgico dedicato (4 medici più il personale infermieristico nel caso del Centro regionale), «ma un lavoro di concerto e in sinergia con altri settori, come il Coordinamento regionale dei trapianti e il Centro di tipizzazione tissutale, con la collaborazione degli altri reparti e servizi dell’ospedale», ha spiegato Tordera.
Un centro che, però, per restare d'eccellenza «ha bisogno di essere rafforzato, dal punto di vista del personale dedicato e non dedicato, e da quello anche finanziario: occorre che i finanziamenti non vengano mai meno per un settore che ha rappresentato per la medicina, una vera e propria rivoluzione. Basti pensare», ha spiegato Pisani, «che i trapianti hanno permesso per la prima volta nella storia della medicina di procedere a interventi chirurgici senza lasciare menomazioni, ma appunto sostituendo un organo, oppure un arto». Ma si deve fare di più sul fronte delle donazioni, per le quali l’Abruzzo porta la “maglia nera” in Italia: gli abruzzesi donano troppo poco, forse più per disinformazione che per “egoismo”. Sul dato pesano le opposizioni dei parenti dei deceduti, ossia il “no” all'espianto degli organi: nel 2016 in Abruzzo e in Molise il 40% dei familiari si è opposto al prelievo, una quota più alta di quella del 2015 (32,7%) rispetto a una media nazionale del 30%. Bisogna fare di più, perché a fronte degli oltre 500 trapianti effettuati sinora, con 270 pazienti trapiantati provenienti dall'Abruzzo, 65 dal Molise, 119 dal Lazio, 30 dalla Campania (per citare le regioni limitrofe), ce ne sono ancora 170 in lista d'attesa. Per l'assessore Paolucci i risultati ottenuti in tanti anni di lavoro «costituiscono il riconoscimento di un’attività, quella svolta all’Aquila, che è apprezzata a livello nazionale. Sul fronte dell’attività dei trapianti la Regione può ancora investire», ha concluso, «poiché è un aspetto cruciale della sanità abruzzese, ora si deve lavorare per rilanciare il grande senso di civiltà che rappresenta la donazione. Questo è un Centro d'eccellenza che ha donato tanta vita, ora tocca agli abruzzesi donare sempre di più».
Marianna Gianforte