Un medico con la passione per la terra
Scopre la politica con Forza Italia, è lui a lanciare Chiodi.
PESCARA. Se una mattina d’autunno vi capitasse di salire sulle colline di Castrogno a due passi da Teramo potreste vedere un trattore al lavoro. E sul trattore la testa curva sul tronco robusto di Lanfranco Venturoni, 57 anni, primario medico internista, assessore regionale alla Sanità, un politico figlio di agricoltori che nella cura della terra ha trovato quasi una regola di vita. «L’agricoltore è un eroe», ama ripetere ai suoi amici e forse un po’ pensa a se stesso da undici mesi barricato negli uffici dell’assessorato in via Conte di Ruvo, alle prese con un piano di riordino della sanità regionale che è un serpente a dieci teste: ne tagli una e ne spunta un’altra (sarà un caso che il suo film preferito degli ultimi anni sia Il Gladiatore?) In politica Venturoni è entrato con la discesa in campo di Silvio Berlusconi, dopo aver fatto un’esperienza nel sindacato dei medici ospedalieri. Ha di fatto fondato Forza Italia a Teramo e nel 1995 si è candidato alla Regione risultando il più votato in Abruzzo.
A palazzo dell’Emiciclo è stato vicepresidente del consiglio sotto le presidenze di Gianni Melilla e Umberto Aimola, mentre alla presidenza della giunta c’era Antonio Falconio alla guida di una coalizione di centrosinistra. Dal suo scranno Venturoni ha cominciato a studiare i conti della sanità. Vedeva salire il debito, osservava con preoccupazione crescere il potere delle cliniche private e chiese e ottenne di presiedere una Commissione regionale d’inchiesta sul rapporto pubblico-privato nella sanità. Dopo qualche mese di lavoro nel 1999 presentò un libro bianco in cui per la prima volta si svelava il meccanismo che permetteva ad alcune cliniche private di sforare i budget di spesa aggirando i controlli della Regione. Venturoni ricorda con un certo orgoglio le minacce e intimidazioni ricevute in quei giorni.
Ma anche il progressivo raffreddamento dei rapporti con il suo partito. «E’ stato il primo a denunciare pubblicamente le irregolarità nei rapporti tra Regione e cliniche private e lo hanno considerato un pazzo», ricorda oggi il senatore del Pdl Paolo Tancredi. Alla scadenza della legislatura non venne ricandidato e Venturoni continuò la sua carriera politica a Teramo restando per quasi dieci anni nel cono d’ombra della politica regionale. Un giorno, a cena con alcuni amici, propose a un giovane professionista teramano di candidarsi al Comune. Il professionista accettò e vinse le elezioni. Fu così che Gianni Chiodi iniziò la sua carriera politica.
Qualche anno dopo fu Chiodi a fare la proposta a Venturoni: vuoi guidare la sanità regionale? Chiodi poteva scegliere di assumere su di sé l’assessorato, visto che la sanità era commissariata, ma preferì tenersi accanto il vecchio amico. Il resto è storia di questi mesi e di queste ore. Dalla sua poltrona di assessore Venturoni ha promesso di cambiare faccia alla sanità regionale. Nel frattempo ha avviato un difficile contenzioso con il gruppo Villa Pini che da otto mesi tiene i suoi dipendenti senza stipendio. Di queste ore è l’apertura dell’altro fronte. Quello giudiziario. Quello più imprevedibile.
A palazzo dell’Emiciclo è stato vicepresidente del consiglio sotto le presidenze di Gianni Melilla e Umberto Aimola, mentre alla presidenza della giunta c’era Antonio Falconio alla guida di una coalizione di centrosinistra. Dal suo scranno Venturoni ha cominciato a studiare i conti della sanità. Vedeva salire il debito, osservava con preoccupazione crescere il potere delle cliniche private e chiese e ottenne di presiedere una Commissione regionale d’inchiesta sul rapporto pubblico-privato nella sanità. Dopo qualche mese di lavoro nel 1999 presentò un libro bianco in cui per la prima volta si svelava il meccanismo che permetteva ad alcune cliniche private di sforare i budget di spesa aggirando i controlli della Regione. Venturoni ricorda con un certo orgoglio le minacce e intimidazioni ricevute in quei giorni.
Ma anche il progressivo raffreddamento dei rapporti con il suo partito. «E’ stato il primo a denunciare pubblicamente le irregolarità nei rapporti tra Regione e cliniche private e lo hanno considerato un pazzo», ricorda oggi il senatore del Pdl Paolo Tancredi. Alla scadenza della legislatura non venne ricandidato e Venturoni continuò la sua carriera politica a Teramo restando per quasi dieci anni nel cono d’ombra della politica regionale. Un giorno, a cena con alcuni amici, propose a un giovane professionista teramano di candidarsi al Comune. Il professionista accettò e vinse le elezioni. Fu così che Gianni Chiodi iniziò la sua carriera politica.
Qualche anno dopo fu Chiodi a fare la proposta a Venturoni: vuoi guidare la sanità regionale? Chiodi poteva scegliere di assumere su di sé l’assessorato, visto che la sanità era commissariata, ma preferì tenersi accanto il vecchio amico. Il resto è storia di questi mesi e di queste ore. Dalla sua poltrona di assessore Venturoni ha promesso di cambiare faccia alla sanità regionale. Nel frattempo ha avviato un difficile contenzioso con il gruppo Villa Pini che da otto mesi tiene i suoi dipendenti senza stipendio. Di queste ore è l’apertura dell’altro fronte. Quello giudiziario. Quello più imprevedibile.