Che strana la vita che guardiamo in tv
Stiamo a casa e guardiamo film e serie televisive dove accadono strane cose. Gli attori vanno in giro a faccia scoperta (sì, senza mascherine), sussurrano parole all’orecchio, si abbracciano, alcuni addirittura si baciano. E nessuno di loro fa attenzione alla distanza da mantenere rispetto al suo vicino. Vivono, insomma, una vita che ora ci appare remota ma che era la nostra fino a pochi giorni fa. È con un misto di invidia e di rimpianto che li osserviamo muoversi in avventure irrilevanti come quasi sempre è la vita stessa, quella vita che davamo per scontata e alla quale guardiamo ora come a un eden perduto. È la banalità di gesti ripetuti milioni di volte ad accendere il fuoco della nostra nostalgia. Vorremmo essere lì con quegli attori ed entrare nello schermo come in quel vecchio film di Woody Allen, “La rosa purpurea del Cairo”, non per cambiarne la trama ma solo per essere parte di un paesaggio di parole e di gesti rispetto ai quali avvertiamo una distanza emotiva ben maggiore di quella che la profilassi anti-virus ci suggerisce di mantenere rispetto al resto dell’umanità. Prendere un caffè al bancone affollato di un bar oppure fare la fila per entrare al cinema sono azioni illuminate dalla luce dorata dell’elegia. E mai come in questi giorni abbiamo desiderato quella insignificante dolcezza della vita.
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