Covid-19

Cinque anni fa il lockdown: l’annuncio di conte, i 198mila morti, la campagna per i vaccini, gli slogan e la musica dai balconi

9 Marzo 2025

«Sto per firmare un provvedimento che possiamo sintetizzare con l’espressione “Io resto a casa”». Così l’Italia divenne zona protetta e tutto si fermò

«I numeri ci dicono che stiamo avendo una crescita importante delle persone in terapia intensiva e purtroppo delle persone decedute». Era il 9 marzo 2020 quando l'allora presidente del consiglio, Giuseppe Conte, si presentò in diretta televisiva per annunciare il primo lockdown dell'Italia intera. Il repentino aumento dei contagi da Covid costrinse il governo a correre ai ripari, ordinando la chiusura totale del Paese, l'inasprimento di quella che era stata la breve sperimentazione della zona rossa in Lombardia, con le surreali scene degli assalti ai treni per tornare a casa. «Sto per firmare un provvedimento che possiamo sintetizzare con l'espressione "io resto a casa". Ci sarà l'Italia come zona protetta. Non c'è ragione per cui proseguano le manifestazioni sportive, abbiamo adottato un intervento anche su questo. Gli spostamenti in tutta Italia saranno possibili solo per motivi di lavoro, necessita' o salute».

Da allora sono passati cinque anni, quasi 27 milioni di casi totali e 198 mila morti. Ma tante sono le novità che si sono susseguite nel tempo, dall'abolizione delle multe per i cosiddetti no-vax al nuovo piano pandemico che non prevede più il ricorso agli ormai celebri Dpcm. Ma non solo, perché a febbraio 2024 è stata istituita anche una commissione d'inchiesta sulla gestione dell'emergenza. Cinque anni fa l'Italia piombò nel silenzio, con le strade vuote e le passeggiate con il cane attorno casa, le uniche concesse - insieme all'attività sportiva - in deroga alle stringenti normative. Ad inizio 2020 una coppia cinese venne ricoverata a Roma, allo Spallanzani, l'ospedale che per mesi divenne punto di riferimento per la cura e la ricerca. Il virus, si scoprirà solo dopo, era però già in circolo in Italia ed aveva cominciato a diffondersi a macchia d'olio. La data in cui tutto cambiò è il 21 febbraio quando, al termine di una lunghissima giornata di aggiornamenti sui primi casi italiani, arrivò la notizia del primo decesso: Adriano Trevisan, 78 anni, residente a Vo' Euganeo, morto all'ospedale padovano di Schiavonia. Fu l'inizio della fine. Il paziente numero 1 venne identificato in un 38enne di Codogno, Mattia Maestri, i cui movimenti e contatti vennero scandagliati ora per ora, minuto per minuto. 

In undici comuni tra Lombardia e Veneto scattò la 'zona rossa'. L'8 febbraio Giuseppe Conte si presentò davanti alle telecamere e annunciò: "Sto per firmare un provvedimento che possiamo sintetizzare con l'espressione 'io resto a casa': non ci sarà più una zona rossa, non ci sarà più la zona uno e e la zona due della Penisola, ci sarà l'Italia zona protetta". Le città italiane vengono attraversate dal silenzio, le strade e le piazze sono vuote, dai balconi spuntano gli striscioni con "andrà tutto bene", saltano feste e ricorrenze. Bergamo, una delle province più colpite dalla pandemia, diventa il simbolo della tragedia. La curva pandemica comincia poi lentamente a scendere con progressive riaperture e alleggerimenti ai divieti. 

Il 27 dicembre è il 'Vaccine day', con le immagini dei pazienti che fanno il simbolo della vittoria con le dita. Con i vaccini arrivano anche i Green Pass e le contestazioni del cosiddetto popolo no-vax contrario all'inoculazione obbligatoria. Il 31 marzo 2022 viene dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia. Un anno dopo, il 5 maggio 2023, la stessa decisione viene presa dall'Oms. Il 14 febbraio 2024, invece, viene istituita in Italia la commissione d'inchiesta parlamentare sulla gestione dell'emergenza sanitaria. Da allora si è riunita in 24 occasioni, con numerose audizioni di esperti e associazioni. Tra loro anche l'ex commissario straordinario Domenico Arcuri, coinvolto nell'indagine sulla fornitura di mascherine dalla Cina durante il suo mandato. Inchiesta che lo ha visto recentemente assolto perché il reato - abuso d'ufficio - "non è più previsto dalla legge". Lo scorso 25 gennaio, invece, è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per l'inosservanza dell'obbligo vaccinale. Il nuovo piano pandemico, messo a punto dal governo Meloni, prevede inoltre l'eventuale possibilità di ricorrere a restrizioni alla libertà personale solo in alcuni casi e unicamente di fronte a una "pandemia di carattere eccezionale", ma senza ricorrere ai Dpcm.

"Andrà tutto bene”

C'è stata una prima volta anche per 'Andrà tutto bene' e il suo arcobaleno tranquillizzante, diventato virale nei mesi più brutti, quelli del covid, ormai cinque anni fa. La sua ideatrice ha un nome e un cognome, Barbara Grisanti, che oggi ha 29 anni, tre gatti, due cani e una voce squillante dall'ottimismo contagioso. E che insegnava all'epoca, come supplente, nella scuola dell'Infanzia San Rocco al Porto a Lodi a bambini con un'età compresa tra i 3 e i 5 anni. "Tutto è nato con alcuni miei messaggi destinati a parenti e amici di Castiglione d'Adda dove vivo in cui cercavo di rassicurarli sul fatto che tutto sarebbe andato bene - racconta Barbara - poi l'ho trasferito sulla mia pagina Facebook 'Little Creative Works' dove posto mie creazioni per bambini e non solo come soprammobili, bomboniere, giochi didattici come incastri o puzzle a strappi utili soprattutto per alfabetizzare i bambini stranieri o per insegnare a leggere e scrivere". Poi è arrivato il 7 marzo, il giorno prima del lockdown "e a scuola c'era tanta incertezza. 

Era Carnevale, non sapevamo cosa ci aspettasse - ricorda Barbara - Ai bambini però ho detto: andrà tutto bene, ci rivediamo lunedì a scuola anche se non è stato così. Bisognava rassicurarli con qualcosa di semplice e immediato perché non capivano la preoccupazione dei genitori in quei giorni ed erano spaesati. E 'bene' era una parola che tutti potevano capire, così come l'accostamento al futuro. E con 'Andrà tutto bene' si aprirono in seguito le mie lezioni di didattica a distanza". Si poteva uscire poco in quei giorni di chiusura, ma Barbara aveva cominciato a notare fuori dai cancelli delle case dei suoi piccoli alunni il disegno dell'arcobaleno e la scritta 'Andrà tutto bene' insieme ad oggetti colorati. 

Lo slogan della speranza venne anche ripreso da una dirigente scolastica di Codogno, il primo comune italiano divenuto zona rossa, che fece un appello agli altri istituti per divulgarlo, così come il video pubblicato su Youtube dalla maestra insieme a un suo amico per riconciliare i piccoli con il dover restare a casa forzatamente e che mette in musica 'Sono mille le cose da fare e tu le puoi imparare' e termina con 'Tutto questo passerà'. 'Andrà tutto bene' rimbalzò anche su due grandi pagine social come 'Progetto infanzia' e 'Bologna bimbi'. Ma si è presto esteso non solo nelle scuole o tra i bambini diventando lo slogan della speranza di tutti, da Nord a Sud. "Mi arrivavano video da tutta Italia - dice Barbara sorridendo - con la scritta 'Andra tutto bene' applicata su una tutina da neonato, su un cartellone, su un lenzuolo o corredata da una pioggia di cuoricini colorati. E poi tanti vocali. Il giorno più bello è stato tornare a scuola, togliere le mascherine e finalmente leggere i sorrisi e le emozioni dei bambini. 'Andrà tutto bene' resta, non finisce qui, è un inno che deve proseguire soprattutto per gli adulti".