Fallimenti per oltre 40milioni di euro, tre arresti e 16 indagati. Perquisizioni anche a Pescara

17 Febbraio 2021

Operazione della guardia di finanza nel settore stampa quotidiani

TORINO. Sono 16 gli indagati nell'inchiesta della procura di Torino e della guardia di finanza per reati fallimentari che oggi ha portato a tre arresti e a perquisizioni in diverse regioni e città italiane, tra queste anche Pescara. Il procedimento si innesta sulle vicissitudini societarie delle aziende Piemonte Printing, dichiarata fallita dal Tribunale di Torino il 13 febbraio 2015, Sepad (fallita nella stessa data) e Nuova Sebe (26 luglio 2016): I reati contestati sono connessi a fallimenti per oltre 40 milioni di euro.

Tra gli indagati figura anche il commercialista Stefano Ambrosini, ex presidente di Finpiemonte, il quale, secondo le prime notizie, avrebbe ideato e predisposto piani di concordato in assenza delle condizioni di fattibilità.

Una cinquantina i militari del nucleo di polizia economico-finanziaria impegnati nell'operazione Icaro, che ha portato le fiamme gialle a effettuare numerose perquisizioni tra Torino, Forte dei Marmi, La Spezia, Massa Carrara, Milano, Pescara e Roma.

Al centro dell'inchiesta, tre società collegate tra loro, tutte operanti nella stampa di quotidiani e settimanali di importanza nazionale. Gli imprenditori, secondo l'accusa, avrebbero realizzato una riorganizzazione degli assetti societari finalizzata ad accentrare tutta la crisi su una società, quindi svuotato dei beni le società collegate, già fortemente indebitate, lasciandole prive di prospettive e con patrimoni netti negativi e ritardando il momento di emersione della crisi.

Le irregolarità commesse sono risultate tali da non consentire a una primaria società di revisione di attestare i bilanci, in quanto ritenuti non redatti con chiarezza, non rappresentanti in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico e, ancora, compilati nel presupposto di continuità aziendale pur in presenza di rilevanti incertezze in ordine alla possibilità di prosecuzione imprenditoriale. Gli indagati, piuttosto che avviare le procedure di fallimento, avrebbero aggravato il dissesto, proponendo al Tribunale di Torino istanza di ammissione alla procedura del concordato preventivo e indicando nel piano concordatario, quali asset utili a soddisfare i creditori, un immobile _ risultato poi gravato da ipoteca _ e delle fideiussioni inesigibili, rilasciate da una società non autorizzata a tale attività.

Nell'indagine sono coinvolti anche noti professionisti, che avrebbero reso pareri e assistito gli indagati nella predisposizione dei piani di ristrutturazione aziendale e di ammissione a procedure concordatarie.