La preghiera mattutina di Massimo Bordin
C’è stato un tempo in cui l’odore dell’inchiostro e della carta dei giornali era quasi il profumo della democrazia. La carta e l’inchiostro esistono ancora, ma, nel mondo digitale in cui viviamo, non hanno più quella centralità nel rito della lettura dei quotidiani che, secondo Hegel, è «la preghiera mattutina dell’uomo moderno». Uno dei più fedeli osservanti di questo rito laico era Massimo Bordin, il giornalista romano morto, ieri, all’età di 68 anni. Su Radio radicale, da più di quarant’anni, Bordin curava una rubrica di rassegna dei giornali intitolata “Stampa e regime”, così, con un’eco lessicale dei tempi in cui era nata, gli anni ’70 dei furibondi e spesso astratti scontri ideologici. Il rito iniziava alle 7.34, e Bordin, con il suo indolente accento romanesco, lo officiava alla maniera antica, analogica. Alle sue parole, infatti, si mischiava il rumore delle pagine sfogliate man mano che il censimento giornaliero di fatti e opinioni procedeva con la lentezza di un’epoca in cui notizie e idee non si bruciavano in pochi minuti ma ambivano alla durata. Dava spazio a tutti i giornali e non snobbava le opinioni in contrasto con la sua. Era un artigiano dell’informazione che schivava come la peste l’isterismo ideologico. Dire che ci mancherà è, anche per questo, un omaggio non retorico ma sincero al suo modo di stare al mondo.
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