La rana bollita
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L’editoriale del direttore Telese: «Ancora una volta dove già trent’anni fa, nel pieno di Mani Pulite, erano saliti sulle barricate, e nell'aula in cui i rintocchi del «resistere, resistere, resistere» sono stati la risposta agli attacchi violenti da parte di alcuni esponenti del governo di turno, giudici e pm compatti hanno manifestato le loro ragioni»
MILANO. La trincea di Milano in difesa della Costituzione e dei suoi principi, «stella polare» di chi da tempo si sente bersaglio di una campagna denigratoria che muove i passi dal mondo della politica e che ora si trova a fare i conti con una riforma che tra separazione delle carriere e doppio Csm, avrà delle conseguenze ritenute «devastanti» da chi ieri ha incrociato le braccia per protesta. Sono stati in tanti, in linea con il dato nazionale dell'80 per cento, i magistrati del distretto milanese che hanno aderito allo sciopero indetto in tutta Italia dall'Anm. In tanti hanno anche sfilato sullo scalone davanti all'ingresso principale del Palazzo di Giustizia indossando la toga, con una coccarda appuntata al cuore e in mano una copia della Carta fondamentale che sta alla base del sistema democratico del nostro Paese. Ancora una volta dove già trent’anni fa, nel pieno di Mani Pulite, erano saliti sulle barricate, e nell'aula in cui i rintocchi del «resistere, resistere, resistere» sono stati la risposta agli attacchi violenti da parte di alcuni esponenti del governo di turno, giudici e pm compatti hanno manifestato le loro ragioni.
In un flash mob e in un'assemblea molto partecipata, hanno spiegato i motivi per cui quel disegno che «viene da lontano» per riformare la magistratura è «inaccettabile». Dalle parole di Fabio Roia, il presidente del Tribunale, trapela preoccupazione. «Ho paura quando non si rispettano le sentenze e quando si vogliono le sentenze piegate alle aspettative politiche - ha affermato nel suo intervento -. Il tema della riforma è la non accettazione delle decisioni e penso che anche se le affidassimo all'intelligenza artificiale o ad un algoritmo non si risolverebbe il problema e si potrebbe dire che l'algoritmo è eversivo». E poi ha aggiunto: «Siamo qui per tentare di dare uno scossone. A tutti i magistrati farei fare i primi quattro anni in un organo collegiale». Inoltre l'allarme lanciato sia dalla Procuratrice Generale, Francesca Nanni, e dal Presidente della Corte d'Apello Giuseppe Ondei: la riforma «non renderà più efficiente e veloce il processo penale, prima emergenza» da risolvere, e quindi «non inciderà in alcun modo sul sistema della giustizia, ossia sulla sua efficienza». Duro il anche il commento di Sergio Rossetti, componente della Giunta esecutiva centrale dell'Anm: «Questa riforma costituzionale viene da lontano. Il disegno complessivo (...) è fin troppo chiaro: avvilire la magistratura, indicarla come assetata di potere, attraversata da lotte intestine che non le consentono di svolgere il proprio ruolo in modo imparziale« e »indicandola come un nemico da combattere». Parole che si sono ripetute, con toni e accenti diversi, in decine di tribunali. A Genova è stato l'attore Antonio Albanese a sostenere le ragioni delle toghe. «Io oggi sono Calamandrei, un uomo coraggiosissimo - ha detto nell'aula magna gremita di magistrati - Nel nostro ambiente si dice che quando ripeti le cose sei un po’ in ritardo. Calamandrei, lavorava per il futuro».