Macerata, Traini voleva sparare a Oseghale in tribunale

6 Febbraio 2018

Reazione xenofoba all'omicidio di Pamela, l’autore del raid non è pentito: «Peccato solo per la ragazza ferita». Il suo avvocato: «La gente mi ferma per strada per esprimergli solidarietà»

MACERATA. «Come sta la ragazza? Non volevo colpirla». L'unico «errore» nella mente di Luca Traini, 28 anni, autore della caccia a migranti africani per le vie di Macerata, è stato quello di aver ferito alla spalla una giovane nigeriana vicino alla stazione. Aveva preso in realtà di mira 11 migranti, ma è riuscito a colpirne solo un numero inferiore. La sua idea iniziale, secondo il procuratore di Macerata Giovanni Giorgio, era quella di farsi giustizia da sé, nel Tribunale di Macerata, uccidendo il pusher nigeriano accusato di aver ucciso e smembrato la 18enne romana Pamela Mastropietro. Poi, aveva ripiegato sulla folle sparatoria contro migranti incolpevoli. Circostanza smentita dal difensore Giancarlo Giulianelli, secondo cui comunque sarebbe una dichiarazione inutilizzabile.
Dopo un giorno in cella nel carcere di Montacuto ad Ancona, il 28enne di Tolentino si è confidato con il suo legale, che lo ha trovato «tranquillo e in buona forma fisica». Traini, simpatizzante di estrema destra con un'adolescenza segnata da problemi famigliari e dall'obesità, non si è pentito. Ormai assodato il legame tra la tragica fine di Pamela e il raid xenofobo: «Quando ho sentito la notizia alla radio in auto ho 'sbroccato’», ha detto al difensore. Lui e Pamela non si conoscevano, ma lo scempio fatto del corpo della ragazza avrebbe scatenato la sua furia vendicativa. Tanto da fargli ammettere dinanzi ai carabinieri di aver pensato di uccidere Oseghale. «Volevo vendicare Pamela - aveva detto Traini ai militari - e fare qualcosa contro l'immigrazione, l'immigrazione clandestina va stroncata». Dopo la sparatoria è andato a pregare a Pollenza dov'era stato ritrovato il corpo della ragazza dentro i trolley, e vi ha lasciato un cero votivo di Mussolini, prima di farsi arrestare. Il difensore condanna l'azione «scellerata» del suo assistito che però «è solo la punta di un iceberg, la base è molto vasta». «Politicamente c'è un problema - ha spiegato Giulianelli -: mi ferma la gente a Macerata per darmi messaggi di solidarietà nei confronti di Luca. È allarmante». Di «rappresaglia nazi-fascista», ha parlato il sindaco Romano Carancini, secondo cui «non è un fatto isolato».
La strategia difensiva punterà sull'infermità mentale anche se Traini, secondo il suo legale, non era in cura da uno psichiatra. Luca - sosterrà il difensore - è stato segnato dai traumi familiari e dall'obesità in adolescenza». Altro elemento di una «personalità disturbata» è il «disordine nella sua stanza», dove sono stati trovati una copia del 'Mein Kampf', il libro di Adolf Hitler, e altri cimeli nazisti. Per la difesa, comunque, il 28enne non era consapevole di ciò che faceva: «Non si è pentito: ci si può pentire solo se si è consapevoli di quello che si fa». Infine la solidarietà al mancato omicida. Messaggi di solidarietà nei confronti di Luca Traini, autore del raid xenofobo, sono stati infatti espressi per strada al suo legale Giancarlo Giulianelli, secondo il quale invece l'azione del suo assistito è stata «scellerata». Lo ha riferito l'avvocato dopo l'incontro con il 28enne nel carcere di Montacuto. «Politicamente c'è un problema - ha detto Giulianelli -: mi ferma la gente a Macerata per darmi messaggi di solidarietà nei confronti di Luca. È allarmante, ma ci dà la misura di quello che sta succedendo».