Mina, la nostra amata regina in esilio
È bastato che suo figlio, Massimiliano, pronunciasse sette semplici parole, domenica scorsa in un’intervista a un quotidiano, perché l’Italia tornasse a sperare: «Mina a Sanremo? Se la Rai chiama...». Mina direttore artistico del Festival? «Con le dovute garanzie credo che accetterebbe», ha risposto l’ex Paciughino, il vezzeggiativo con cui lei chiamava quel figlio avuto, ragazza non sposata, nella bacchettonissima Italia di metà anni ’60. Il 23 agosto saranno 41 anni dall’ultimo concerto in pubblico della cantante alla Bussoladomani di Viareggio. In un’intervista rilasciata un mese prima, lei stessa aveva preannunciato il suo passo d’addio: «Io non sono nata per cantare. Davvero. E non ci crede nessuno quando lo dico. Se c'è una cosa che non mi va di fare è cantare. Voglio dire, in pubblico. A me non piace cantare davanti alla gente». Ogni Paese ha una sua regina. L’Italia non fa eccezione. Mina è la nostra regina in esilio. Mina è l’Italia del profumo dei pranzi dei giorni di festa; è l’Italia dei lunghi oziosi pomeriggi all’oratorio; è l’Italia dei mattini al mare nelle nostre distese estati. Non abbiamo parole adeguate per dar voce alla nostalgia che proviamo per lei e le sue canzoni. Ci provò una volta Fellini: «Mina ha la faccia della luna. Gli occhi sono dolci e crudeli. La bocca chiama dal cielo le comete». La luna, il cielo, le comete.
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