Prigionieri della nostra notte oscura

6 Marzo 2020

«L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa». Contrapporre alla paura il timore di essa è la ricetta che Franklin Delano Roosevelt propose al popolo americano nel 1933, nel pieno della grande depressione economica. Sono parole che tornano utili anche a noi oggi che siamo nel pieno di una battaglia contro il coronavirus. La paura rischia di soffocare altri sentimenti come la speranza. Ed è da questo rischio che ci mette in guardia uno dei medici in prima linea in questa battaglia dagli incerti esiti. È Maria Rita Gismondo, la virologa diagnostica dell’ospedale Sacco di Milano, che da quasi due settimane elabora i risultati di centinaia di tamponi. «Noi dobbiamo dire le cose come sono, un tecnico parla con i numeri», ha detto a Repubblica. «E piaccia o no, al momento parlano di una bassa mortalità. È una malattia nuova per la quale non ci sono terapie o vaccini, vero. Ma dobbiamo evitare in tutti i modi le reazioni convulse che non fanno bene a nessuno». Stiamo vivendo da giorni un’esperienza simile a quella che un mistico come Giovanni della Croce definì «la notte oscura», cioè uno stato d’animo in cui dominano smarrimento e impotenza. Ma la notte dello spirito in cui siamo va vissuta come un passaggio verso una meta da perseguire evitando la pietra d’inciampo della disperazione.
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