Quella luce di Caravaggio che va riaccesa

2 Marzo 2020

Il virus che governa, di questi tempi, le nostre ore ha spento la luce di Caravaggio. È un buio temporaneo, imposto dalla prudenza che ha indotto a chiudere al pubblico, «fino a nuovo ordine», la chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma, che ospita tre capolavori di Caravaggio: il Martirio di San Matteo, San Matteo e l’Angelo e la Vocazione di San Matteo. La ragione della chiusura? Un sacerdote di Parigi, che era stato a Roma, ora è in ospedale in Francia affetto da coronavirus. Il più famoso dei tre quadri raccolti nella Cappella Contarelli è la Vocazione di San Matteo. Dipinto tra il 1599 ed il 1600, il quadro raffigura il momento in cui Cristo indica San Matteo e lo chiama all’apostolato. Oltre a San Matteo ci sono altre figure sedute al tavolo da gioco con lui, vestite come i contemporanei di Caravaggio. Protagonista del quadro è la luce che sgorga alle spalle di Gesù e, scrive Roberto Longhi, «sosta su Matteo mentre, raddoppiando ancora con la destra alla puntata, addita sé stesso, quasi chiedesse “Vuoi me?”». Quella luce ci parla oggi più che mai, giacché è il simbolo della grazia (e della speranza) che investe tutti gli uomini e tuttavia lascia loro la libertà di aderire o meno alla salvezza. Quella luce, che «per misure precauzionali» è stata temporaneamente spenta, va riaccesa al più presto. Nella Cappella Contarelli come pure nei nostri cuori.
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