Se le poesie fanno la festa alle foreste

22 Marzo 2019

Fino a qualche anno fa, il succedersi dei giorni era una lunga, ininterrotta teoria di santi. Spesso più santi si affollavano in una sola data. A ricordarci i nomi di quei santi erano i calendari e la tradizione familiare degli onomastici. A mandare in soffitta questa antica abitudine sono state le Giornate internazionali che, come i santi, spesso condividono lo spazio ristretto di una stessa data. Ieri, per dire, a contendersi il 21 marzo c’erano la Giornata mondiale della poesia e la Giornata internazionale delle foreste. A legare le due Giornate c’è, al di là del calendario, il filo resistente di certi versi immortali. Come quelli di William Blake, per esempio: «Tigre! Tigre! divampante fulgore | Nelle foreste della notte, | Quale fu l'immortale mano o l'occhio | Ch'ebbe la forza di formare | La tua agghiacciante simmetria?». Fra le foreste e le poesie c’è, però, anche un più sottile legame. L’epidemia dei poeti della domenica e delle loro incontenibili raccolte fa pensare spesso al dispendio di carta impiegata per comunicare al mondo emozioni e pensieri in rima baciata o in versi sciolti. È giusto, dunque, che nel giorno in cui si celebra l’arte poetica un pensiero preoccupato vada anche agli alberi abbattuti per produrre la carta di sillogi poetiche delle quali, spesso, nessuno sente la mancanza. Insomma, impediamo che le poesie facciano la festa alle foreste.
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