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10 febbraio

10 Febbraio 2025

Oggi, ma nel 1936, sull’Amba Aradam, altura etiopica di 2756 metri sul livello del mare, posta a sud di Macallè, nell'area del Tigrè, prendeva l’abbrivio la battaglia tra l’esercito tricolore, agli ordini del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, e quello di Ras Mulughietà Yeggazu che si concluderà il 19 febbraio successivo con la vittoria della formazione del Belpaese nonostante la lieve inferiorità numerica degli armati: 70mila contro 80mila. Ma grazie alla superiorità tattica e soprattutto alla dotazione di 288 cannoni contro 18 e 5mila mitragliatrici a fronte di 400. Inoltre gli italiani potevano contare su 170 velivoli in dotazione sia all'Aviazione dell'Esercito che alla regia Aeronautica, fondata il 28 marzo 1923, mezzi dei quali gli avversari erano sprovvisti. 

Lo scontro provocherà 800 vittime tra gli italici e 20mila tra i locali. Anche perché alla pugna in senso stretto (nella foto, particolare, la notizia del trionfo italico riportata, con tanto di pomposità del momento, sulla prima pagina del quotidiano torinese “La Stampa”, del 17 febbraio di quel 1936) seguirà la presunta strage di civili perpetrata dai soldati italici, impiegando nella fase di ritirata del nemico il controverso gas mostarda all’iprite, veleno prodotto anche nello stabilimento chimico di Bussi sul Tirino, nel pescarese, che era rigorosamente vietato dalle disposizioni internazionali belliche e che genererà il caso di malcontento di portata mondiale. 

La traslitterazione “Ambaradan”, con la “n” finale, per errore di trascrizione, diverrà un’iconica espressione coloniale molto in voga in Italia, a cominciare da quella data, volta ad indicare la situazione di estrema confusione. Guazzabuglio che nel caso reale si era verificato anche per via degli accordi che i militari d’Italia avevano stretto con i capi delle tribù locali e che poi non manterranno generando lo stato di frastornamento che caratterizzerà quella significativa tappa nel percorso di Roma in quel lembo d’Africa, iniziato il 3 ottobre 1935, verso la presa del territorio d’oltremare, che si concluderà il 5 maggio 1936, e che sarà funzionale alla proclamazione dell’impero mussoliniano, che avverrà il giorno dopo, 6 maggio successivo, da Palazzo Venezia.