11 gennaio
Oggi, ma nel 1919, a Milano, al Teatro alla Scala, alle 21, l’onorevole Leonida Bissolati, esponente della corrente più a sinistra del Partito socialista riformista italiano ed ex ministro del governo presieduto da Paolo Boselli e poi da Vittorio Emanuele Orlando, veniva bruscamente interrotto e contestato durante il discorso pubblico per spiegare la propria posizione in merito alle nuove linee di frontiera concordate con la Società delle nazioni, facente riferimento al presidente statunitense Woodrow Wilson, e di argomentare i contrasti che lo abbiano portato alle dimissioni dall’esecutivo il 31 dicembre precedente.
Il drappello, che riusciva ad introdursi nel tempio della musica lirica meneghino grazie a biglietti d’invito di fortuna, era guidato da fascisti, arditi e futuristi tra i quali spiccavano tre giornalisti con esperienze militari alle spalle, ovvero Filippo Tommaso Marinetti, Armando Mazza e Benito Mussolini, alla testa dei tre rispettivi gruppi. Gli agitatori scagliatisi contro il rappresentante dell’interventismo democratico agli albori del primo conflitto mondiale non venivano allontanati dai rappresentanti delle forze dell’ordine.
L’obiettivo dell’ex numero uno del dicastero dell’Assistenza militare e delle pensioni di guerra, in carica dall’1 novembre 1917, cremonese, avvocato, classe 1857, era quello di ribadire quanto già rilasciato nella dichiarazione a “The Morning Post”, giornale conservatore londinese, due giorni addietro, 9 gennaio: Fiume doveva spettare al Belpaese, ma la Dalmazia jugoslava e la frontiera settentrionale dell’Italia doveva essere tracciata sotto Bolzano, escludendo così il Tirolo.
Lo scopo dei facinorosi è quello di inneggiare a Zara, Spalato, Fiume, di ribadire che i trentini si vergognino di essere appellati quali tirolesi, ma soprattutto di creare scompiglio. Il parapiglia verrà riportato sull’edizione del quotidiano “L’Avanti”, organo del Psri, del giorno successivo, 12 gennaio, sostenendo: «Non ci è mai accaduto di trovare nell’ambiente più aristocratico della città e forse d’Italia, raccolto una folla di gente per bene o benpensante che fosse così sprovvista di educazione, di spirito, di tolleranza, di capacità ragionante, da non poter restare un momento in ascoltazione anche di un pensiero contrastato. Mai turpiloquio più ripugnante ha ferito i nostri puritani timpani».
Ma il giorno appresso sarà anche quello in cui si terrà il comizio rivolto ai lavoratori, promosso dalle organizzazioni col simbolo del garofano rosso, nella sala ricreativa della Casa del popolo di via Manfredo Fanti (nella foto, particolare, l’adunata, nello scatto proveniente dall'archivio iconografico della Società Umanitaria del capoluogo lombardo), e seguiranno tafferugli con feriti ed arresti.