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20 settembre

Oggi, ma nel 1976, a Isparta, nella Turchia occidentale, nell'omonimo distretto, veniva recuperato tra i rottami il corpo senza vita del comandante partigiano Enrico Martini (nella foto, al centro, col copricapo da alpino), conosciuto col nome di battaglia di Mauri, che per tutti era stato Enrico Martini Mauri.

Classe 1911, di Mondovì, in quel di Cuneo, già maggiore degli Alpini del regio esercito italiano promosso tenente colonnello per meriti di guerra, fondatore e capo del primo gruppo divisioni alpine, quello che verrà considerato il nucleo di partigiani autonomi più importante della storia della resistenza tricolore. Esperienza che lo stesso Mauri racconterà nel volume autobiografico "Partigiani penne nere: Boves, Val Maudagna, Val Casotto, Le Langhe", edito da Mondadori di Milano nel 1968. Mauri aveva coordinato la liberazione dai nazifascisti delle città di Torino, Asti, Alessandria, Alba, Bra, Mondovì, Ceva e Savona. Per il suo fondamentale contributo nel Comitato di liberazione nazionale, col quale comunque aveva avuto anche contrasti, soprattutto con quello cuneese, era stato insignito, con riferimento al 25 aprile 1945, della medaglia d'oro al valore militare quando era ancora in vita. Il suo ruolo - che sarà decisivo anche nel consentire, il 12 ottobre 1949, il riconoscimento della medaglia più preziosa al valore militare, invece di quella d'argento, ad Alba - e il suo nome, anche con l'alias di Lampus, erano stati menzionati dallo scrittore Beppe Fenoglio nel romanzo di culto dell'epopea resistenziale del Belpaese "Il partigiano Johnny", pubblicato, postumo, dalla casa editrice torinese Einaudi, con curatela di Lorenzo Mondo, nel 1968. Mauri - che, nel 1974, era anche stato invischiato nel tentato golpe bianco, di stampo liberale, ordito dal monarchico ed ex Pli Edgardo Sogno, dal repubblicano Randolfo Pacciardi e dall'ex comunista Luigi Cavallo, ma poi scagionato da ogni responsabilità - era morto nell'incidente aereo, del giorno precedente, il 19 settembre, del Boeing 727-2F2 marcato TC-JBH, del volo Turkish Airlines 452, causato da errore del pilota, che trasportava turisti, prevalentemente decollati da Roma Fiumicino, destinati al villaggio vacanze turco Valtour di Kemer. Complessivamente le vittime erano 154, delle quali 8 erano i componenti dell'equipaggio e 146 i passeggeri. Nessun sopravvissuto per quello che resterà il primo incidente aereo per gravità del Paese della mezzaluna. L'ipotesi più probabile della motivazione dell'impatto sarà, presumibilmente, quella dello sbaglio del pilota che, navigando a vista, abbia scambiato le luci di una falegnameria, posta sotto la collina dello schianto, con le segnalazioni luminose delle prime strutture dell'aeroporto di atterraggio e avesse per questo ridotto la quota di volo bruscamente e in anticipo, senza poter poi rialzare il velivolo in tempo utile per evitare il peggio. Col comandante Mauri viaggiavano e perivano anche il figlio Mauro, di 36 anni, la nuora Maria Bonnet, e i nipoti Raffaella e Roberto, di 12 e 9 anni.