TODAY
21 gennaio
Oggi, ma nel 1972, a Napoli, a Fuorigrotta, in piazzale Vincenzo Tecchio, veniva bruciato vivo lo studente antifascista Vincenzo De Waure (nella foto, particolare), di 20 anni, al primo anno della facoltà di Ingegneria nucleare, militante dei Comitati di lotta, già leader del ’68 all’ombra del Vesuvio.
A scoprire il corpo in fiamme era l’operaio dell’Italsider Mario Esposito, di 24 anni, che rientrava a piedi dal turno di lavoro serale. Vincenzo Iannuale, di 38 anni, altro passante, aveva tentato, con la sua giacca, di spegnere la torcia umana, ma non era riuscito nell’intento. Inizialmente veniva accreditata dalla stampa la versione del suicidio di “Enzo”, come lo chiamavano tutti. Tra i quotidiani, l’Unità, organo del Pci, titolerà, nell'edizione del giorno dopo, 22 gennaio 1972, “Si uccide col fuoco studente universitario a Fuorigrotta”, sostenendo anche che il malcapitato avesse acquistato da solo la benzina nell’unico distributore presente nella zona. Un’altra ipotesi che verrà avanzata dai media sarà quella del regolamento di conti finito nel modo più tragico e comunque legato allo spaccio e al consumo di droga. Entrambe le tesi si riveleranno infondate.
De Waure non era né un tossico né uno spacciatore. Solo in un secondo tempo verrà appurato che si trattasse di omicidio e non di suicidio. L'autopsia rivelerà che il ragazzo sia stato in prima battuta vittima di pestaggio, poi abbia ricevuto una coltellata nell'addome. Le ustioni si trovavano da un solo lato del corpo, perché il combustibile gli era stato versato addosso mentre era disteso per terra, sdraiato su un fianco. Aveva provato ad alzarsi e a raggiungere la strada, ma era caduto nuovamente ed era svenuto. Per la morte di De Waure non ci saranno colpevoli assicurati alla giustizia e il caso resterà un giallo degli anni di piombo del capoluogo campano.
Secondo di 13 figli, fidanzato con la studentessa Maria Grotta di 16 anni, ex missino iscritto, nel 1965, al Movimento sociale italiano dal padre Giuseppe, centralinista dell’anagrafe del Comune di Napoli. Poi era passato fra i marxisti-leninisti. Aveva testimoniato durante il processo contro Salvatore Caruso e Dario Carino, che avevano tentato d’incendiare la sede del Partito comunista di Fuorigrotta, il 20 ottobre 1970. La sua testimonianza era stata decisiva per la condanna dei due picchiatori neri. Così i neofascisti partenopei avevano giurato di fargliela pagare con la vita. Il 7 settembre 1970 De Waure era già stato aggredito dagli esponenti di destra. Con i soldi raccolti vendendo enciclopedie porta a porta e facendo lo spoglio domenicale delle schedine del Totocalcio si manteneva da solo agli studi. Con i risparmi era solito andare in estate in campeggio a Montesilvano, ma nell’ultima volta, quella del 1971, era stato costretto a rincasare in Campania anzitempo: a causa delle minacce dei militanti del Fronte della gioventù che erano convenuti sulla spiaggia della cittadina balneare in provincia di Pescara.
Nel 2002, in concomitanza con la ricorrenza del delitto, in occasione dei 30 anni dall’evento, il Comune di Napoli apporrà la lapide commemorativa nel luogo dell’assassinio, davanti alla Mostra d'Oltremare.